
Jolly Rosso… vergogna nera
Scorie e presunti rifiuti tossici: un Mediterraneo da scoprire
di Laura Birra
Il PM Francesco Greco chiede l’archiviazione del caso sulle navi dei veleni, ma non spariscono i dubbi per i cittadini di Amantea: il WWF e l’associazione De Grazia sostengono di sapere dove sia sepolto il presunto materiale pericoloso che trasportava la Jolly Rosso.
Nei primi giorni di febbraio il PM della Procura di Paola Francesco Greco ha chiesto l’archiviazione dell’inchiesta in cui è coinvolta la Jolly Rosso, arenatasi ad Amantea, in provincia di Cosenza, il 14 dicembre 1990. Il dubbio era che l’affondamento fosse stato provocato dolosamente per inabissare scorie radioattive e che la Jolly Rosso fosse coinvolta nello smaltimento illegale di rifiuti tossici. Le testate giornalistiche nazionali non sembrano dare rilevanza alla richiesta di archiviazione e neanche la politica sembra interessarsene: resta ancora senza riscontro l’interrogazione parlamentare presentata dal deputato Pd Realacci due mesi fa ai ministri Alfano, Maroni e Prestigiacomo.
Al contrario, l’opinione pubblica non smette di interessarsi al caso, come ad esempio i tifosi del Cosenza, chein occasione della partita Cosenza-Catanzaro del 5 dicembre 2008 esibiscono lo striscione «Jolly Rosso… vergogna nera. Amantea: decine di tumori per una nave affondata». Sconcertato Aurelio Garritano, sindaco di Longobardi (in provincia di Amantea, dove si arenò Jolly Rosso): «La vicenda delle ‹navi dei veleni› evidenzia dubbi ed incertezze non del tutto dissipati». Ed ancora: «È impensabile che si continui a vivere in una zona in cui potrebbero essere stati smaltiti rifiuti tossici». Per il sindaco, dunque, bisognerebbe continuare con le indagini poiché troppi sono ancora i dubbi e le strane coincidenze emerse: sono 39 i casi di affondamento di navi nel mar Ionio tra il 1979 e il 1995. Un numero decisamente elevato. Anche se ufficialmente la Jolly Rosso trasportava tabacchi e alimentari scaduti, in realtà a bordo della nave non fu trovato nulla di tutto ciò e ad Amantea il WWF, insieme al Comitato De Grazia, nato dopo la morte sospetta del capitano De Grazia (che, a detta di qualcuno, aveva scoperto qualche scomoda verità intorno alla questione), sostengono che i resti del vero contenuto della nave si trovino sugli argini del fiume Oliva. Qui infatti rilevamenti tecnici hanno accertato la presenza di sostanze tossiche e granulato di marmo. Il granulato di marmo può essere utilizzato per schermare le scorie nucleari; in Calabria non c’è azienda che lo produca.
Il caso della Jolly Rosso è emblematico perché da questa vicenda, collegata con altri affondamenti sospetti, sono nate diverse inchieste sullo smaltimento illecito di rifiuti e su una serie di affari che collegherebbero l’Italia all’Africa: pare che i carichi di scorie pericolose fossero spesso destinati ai corsi d’acqua, ai mari ed ai territori Africani, in cambio di armi che le organizzazioni criminali italiane prometterebbero ai clan stranieri. Comunque, al di là del possibile, e probabile, inabissamento di rifiuti tossici nel Mediterraneo – che risulta essere il mare più inquinato del mondo – vanno ricordati alcuni dati significativi: in questo mare, che rappresenta solo il 6 per cento della superficie di acqua salata della terra, transitano il 30 per cento delle petroliere e il 20 per cento delle navi portacontainer del pianeta. Dal 1995 ad oggi, nel Mediterraneo, si sono verificati oltre 1300 incidenti di navi petroliere. Un enorme disastro ambientale, dovuto in parte ad una legge – la 979 del 31 dicembre 1982 – la quale sancisce che, in seguito ad incidenti, rispondono allo Stato per eventuali risarcimenti solo l’armatore ed il proprietario della nave e non il proprietario del carico o il destinatario. Il valore economico del trasporto viene spesso coperto da assicurazioni private, per questo non si ha interesse a scegliere navi più nuove e più sicure: l’età media della flotta petrolifera è infatti di 15 anni; il 25 per cento di esse ha più di vent’anni. Eppure, se venisse modificata la legge, corresponsabilizzando anche il proprietario del carico e il destinatario, le compagnie sceglierebbero probabilmente navi più sicure.
Purtroppo oggi non è solo il mare ad essere pericolosamente compromesso, ma anche il bacino delle acque dolci di alcune regioni italiane – come la Campania – dove la falda acquifera è stata per decenni inquinata dagli sversamenti illegali di rifiuti tossici. Argomento sul quale rinviamo ai prossimi numeri del nostro giornale per ulteriori approfondimenti.
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