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Privatizzazione dell’acqua

I casi di Acqualatina e Gori

di Alessia De Rosa

L’Italia è un paese lontano dalle differenze regionali quando da nord a sud migliaia di cittadini si mobilitano contro la privatizzazione dell’acqua. Contestazioni, manifestazioni e innumerevoli ricorsi sono la prova tangibile di una battaglia pubblica che si protrae da diversi anni. Tra le principali multinazionali del settore idrico che operano nel Bel paese spicca senza ombra di dubbio la Veolia: è la più grande multinazionale dell’acqua al mondo, in Italia controlla diverse società presenti a Genova, Torino, Milano, Ravenna, Latina ed Aprilia, e il suo nome detiene il primato anche nei settori dell’energia, dei rifiuti e dei trasporti.

Ad Aprilia sanno bene cosa vuol dire lottare contro la Veolia, da quando la multinazionale si è accaparrata il 46% delle azioni della locale Acqualatina (società mista, pubblica per il 51% e privata per il 49%). L’esperienza di Aprilia, dove metà della popolazione si è autoridotta le bollette in segno di protesta, spiega il perché di tanta ostinazione nei confronti delle holding private del settore idrico: da quando il servizio è gestito dalla società mista Acqualatina, le tariffe sono aumentate da un minimo del 50% ad un massimo del 300%, come se dal rubinetto uscisse l’oro… Come se non bastasse, con l’opposizione da parte dei cittadini di pagare tariffe irragionevoli, in molti casi è stata diminuita la fornitura di acqua come gesto di ritorsione.

Ma la storia di Acqualatina è ricca di episodi negativi, il più clamoroso dei quali è datato 2002, anno in cui è partita l’inchiesta su appalti truccati che nel gennaio del 2008 ha portato agli arresti domiciliari di sei persone ai vertici della società, successivamente rimessi in libertà dal tribunale del Riesame di Roma. Gli arresti, eseguiti dalla Guardia di Finanza, sono stati ordinati dal giudice per le indagini preliminari della Procura di Latina Tiziana Coccoluto. Fra i nomi più noti emerge quello di Paride Martella, che all’epoca dei fatti rivestiva il ruolo di presidente della società, Raimondo Besson, ex vicepresidente della società e amministratore delegato di Sorica (che gestisce il servizio idrico in Calabria), Bernard Cynia, amministratore delegato e socio privato di Acqualatina, e Luis Marie Pons, ex consigliere d’amministrazione e rappresentante in Italia di Veolia. Secondo i magistrati, gli indagati avevano organizzato un sistema attraverso il quale i proprietari della quota privata di Acqualatina (Veolia, Siba, Enel Hyndro, Idrolatina) affidavano in house, cioè a se stessi, alcuni appalti saltando la normale procedura delle gare di concessione.

Un altro episodio negativo, ancora legato alla società Acqualatina, ha visto al centro delle contestazioni il depuratore di Aprilia, collaudato nel 1997 senza alcuna funzionalità dal momento che non ha depurato le acque come prevede la legge, creando un grave danno per la collettività. Bernard Cynia, all’epoca dei fatti contestati legale responsabile di Acqualatina, è stato condannato a sei mesi di reclusione dal tribunale di Latina per danneggiamento aggravato a causa dell’inquinamento del canale delle Acque Alte. Oltre al danno anche la beffa per quei cittadini che hanno pagato in bolletta la tariffa della depurazione, prima al comune di Aprilia (fino al 30/6/2004) e poi alla società privata. Successivamente, dal 8/10/2008 la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale l’obbligo di pagare la tariffa di depurazione. La vicenda del depuratore di Aprilia ha dell’incredibile se si pensa che già dal suo collaudo fu definito inefficiente: un depuratore costruito dalla Elcar srl nel 1995, poi divenuto Siba srl, società che appartiene per maggioranza alla Veolia (ossia socio privato in Acqualatina spa).

Ovviamente, il Lazio non è l’unica regione a dover fare i conti con le grandi multinazionali dell’acqua. Cambiano i nomi delle società e delle zone interessate, ma a quanto pare i modi di operare sono sempre gli stessi. Se ad Aprilia è Acqualatina ad aver diminuito il flusso di acqua ai suoi cittadini, nella provincia di Napoli, precisamente a Nola e Portici, è la società Gori ad aver quasi azzerato la pressione in alcuni condomini insolventi. Problemi analoghi riguardano La Spezia e Arezzo, che detengono il triste primato – per i cittadini – di bollette più care d’Italia.

Così, mentre imperversa in tutto il paese l’onda inarrestabile delle grandi società del settore idrico, si moltiplicano anche le iniziative contrarie alla privatizzazione. Cresce la mobilitazione di un’altra grande società, quella civile, fatta di singoli individui, famiglie, cittadini, associazioni, che combattono da tempo per un ritorno al servizio pubblico delle acque.

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