
Le nuove prospettive del prodotto termale tra cura e benessere
di Domenico Secondulfo
Docente di sociologia all’Università di Verona, esperto sui temi del benessere e delle medicine naturali, Domenico Secondulfo si interroga sul futuro di un «prodotto maturo» che ha urgenza di riposizionarsi sul mercato, uscendo dalla logica della monocultura e sintonizzandosi sui nuovi concetti di benessere e wellness.
Credo che il prodotto termale abbia qualche problema che si avvicina ai problemi che hanno le persone che vengono alle terme, cioè qualche problema legato all’età. Si tratta sicuramente di un prodotto che – come dicono gli economisti – è entrato nella sua fase matura: un prodotto che ha in qualche modo consolidato, fortemente consolidato, alcune sue caratteristiche, ma che si è anche cristallizzato sia come immagine sia come offerta sia come struttura dei servizi. I prodotti maturi sono i più pericolosi, perché in uno scenario di sostanziale tranquillitàed abbondanza, dato dalla notorietà e dalla redditività tipica del prodotto maturo, in quanto ha consolidato il proprio mercato, si cominciano improvvisamente a sentire dei piccoli scricchiolii dati proprio dal fatto che il prodotto maturo è scarsamente flessibile, scarsamente modificabile. Ha consolidato il suo mercato ma quando questo mercato cambia, a volte ha difficoltà a seguirne il mutamento.
Il secondo tipo di problema che, come sociologo, posso vedere nella situazione di molti bacini termali è che si tratta spesso di sostanziali monoculture, favorite dalla grande capacità di indotto delle terme, ma che alla fine rischia di legare tutte o la gran parte delle risorse turistiche ad un unico tipo di prodotto: il prodotto termale. La necessità, in questo tipo di scenario, a mio parere, è quella di individuare come da un lato bisogna mantenere le fette di mercato che già si hanno e che probabilmente vanno pian piano ad estinguersi, e dall’altro sostituirle con altre fette di mercato che si stanno sviluppando. Tutto questo senza snaturare fortemente il prodotto stesso che ha, comunque, un suo patrimonio simbolico di professionalità, di qualità del servizio e spesso di qualità del territorio. Lavorare su un prodotto maturo è pericolosissimo perchè, se si sbaglia il suo upgrade, il suo aggiornamento, si perde l’eredità passata, non si guadagna molto delle potenzialità future e si rischia di avere un improvviso tracollo. È pericoloso per un altro motivo: un prodotto maturo ha una sua storia, ha una sua caratterizzazione simbolica che da un lato può essere la base della sua modifica, ma che comunque interferisce pesantemente con qualsiasi modifica si tenti di fare.
Faccio una piccolissima parentesi, è forse casuale il fatto che nei congressi termali si sentano sempre moltissime ed interessantissime relazioni di tipo medico? Probabilmente è casuale, ma medicalizzare ulteriormente il prodotto termale sarebbe molto rischioso, si guadagnerebbero probabilmente alcune fette di mercato, ma si rischierebbe di entrare in una caratterizzazione simbolica che associa il prodotto termale alla cura e alla malattia facendo perdere quella fetta di consumatori che sta crescendo sotto l’ombrello dei nuovi concetti di benessere e di wellness. Sino a pochi anni fa alle Terme si veniva per curarsi. La cosa che donava un certo tipo di fascino al prodotto termale nel passato era che a curarsi ci andavano i signori, e questo garantiva una forte caratterizzazione di status, di ceto elevato, fare le terme poteva essere una sorta di status simbol, una caratterizzazione che ormai si è abbastanza perduta. Il rischio di spostare ed accentuare l’aspetto simbolico della cura-malattia è molto pericoloso, è molto pericoloso perché le generazioni che vengono avanti, e si è parlato molto dell’invecchiamento della popolazione, non sono come quelle passate; che i vecchi che arrivano ora e arriveranno alle terme in futuro non sono come i vecchi che vi sono ora, il solo fatto di essere vecchi non significa pensare allo stesso modo, vivere allo stesso modo. Le generazioni che stanno invecchiando sono diverse dalle generazioni già invecchiate, e sono diverse anche dal punto di vista particolarissimo del concetto di benessere e di cura. Le generazioni che stanno arrivando alla soglia dei 60 anni sono i famosi baby boomer, quelli che sono nati negli anni ’50 ed hanno avuto una vita tutta dentro lo Stato del benessere, per i quali l’aspetto cura-malattia è abbastanza irrilevante perché sono abituati a darlo per scontato. Si è verificato un cambiamento dello stile di vita e del concetto stesso di benessere che secondo me va trattato con grande attenzione perché le terme, al di là del discorso strettamente curativo che sicuramente c’è, hanno sempre venduto un’esperienza, l’esperienza di venire alle terme; di frequentare un certo ambiente sociale, di respirare l’aria di un posto che si ritiene o si riteneva in qualche modo esclusivo, che portava a sentirsi parte di una piccola fetta di happy few, che possono avere questo tipo di gratificazione rispetto agli altri che non la possono avere.
Questo almeno era negli anni ’20-’30 e ’40. Questo tipo di prodotto, il prodotto-esperienza è qualcosa che è intrinsecamente parte del prodotto che vendono le terme. Se le terme vendono un prodotto medicale la sensazione diventa completamente diversa, si entra nel paradigma della malattia e della cura e ci si concentrerà sul tipo di malattie che può essere curato, sugli esiti, eccetera. Se le terme invece vendono un prodotto che è un’esperienza, dev’essere un’esperienza collegabile con un particolare senso e significato che chi acquista quest’esperienza dà alla propria vita, al proprio stile di vita; deve avere un significato per chi lo compera, che non è più soltanto quello di curare le malattie.
Questo introduce il tema di come è cambiato il concetto di benessere. Siamo passati da un concetto di benessere, che era essenzialmente un benessere per sottrazione, in cui il benessere era uno stato che si equivaleva alla salute, e veniva mantenuto sottraendo i danni e le malattie a questo stato. Una persona si ammalava, togliendo la malattia tornava sana. Il meccanismo legato allo Stato del benessere, alla garanzia generale verso la malattia ed anche a un sostanziale miglioramento dello stato di salute generale della popolazione, conseguenza sia delle cure mediche che del miglioramento dell’ambiente, ha generato un’altra idea di benessere, un altro concetto di benessere, che potremmo chiamare un benessere per accrescimento. Un benessere, cioè, che viene perseguito come esperienza, come sensazione, anche come salute ma non nel senso di qualcosa che viene restituito dopo una malattia, ma di qualcosa che si accresce e si accumula attraverso esperienze legate al benessere, esperienze positive e gioiose. Tutto il filone del wellness si colloca all’interno di nuova concezione. Questo è il tipo di mentalità che hanno le persone che stanno invecchiando in questo momento. È una mentalità assolutamente preventiva, come tipo di logica, ma soprattutto è una mentalità che dà una grandissima importanza al tipo di sensazione che il corpo e la psiche provano nelle diverse esperienze che attraversano. Stanno nascendo tutta una serie di beni che vengono chiamati beni esperienzali, cioè beni che sono essenzialmente un’esperienza; un esempio classico può essere quello dei viaggi, le agenzie di viaggi vendono delle esperienze, delle emozioni, legate all’altrove, all’avventura, vera o falsa che sia poco interessa. Un altro esempio, chiamiamolo un po’ particolare, sono i parchi giochi, i parchi a tema, anche questi vendono un’esperienza, e la vendono non come vera o falsa ma in quanto falsa.
Quest’esperienza, naturalmente, deve contenere quegli aspetti che hanno senso e significato per quelli che devono acquistarla. Posizionarsi su un tipo di servizio, che è molto legato ai contenuti fisiologici, ai contenuti del miglioramento della salute nel senso della guarigione, può limitare moltissimo il tipo di target che possiamo riuscire a raggiungere. Cercare di agganciare il nuovo tipo di bisogni che emergono con le generazioni che vengono avanti, significa dover modificare il prodotto termale. Volendo fare una piccola battuta, potrei citare il mio caso, «io vengo alle terme da forse quindici anni e faccio sempre parte di quel 10-15% pi&ugave; giovane, quando vado a cena alla sera, spesso sono la mascotte dell’albergo» e questo la dice lunga sul tipo di prodotto consolidato che ci troviamo davanti. Ci sono stati degli esperimenti diversi, vi sono state delle strutture termali che hanno imboccato la strada del parco giochi, come per esempio le terme di Saturnia, perdendo però velocemente in immagine, sperperando definitivamente il patrimonio che avevano accumulato negli anni. Quindi, anche questa è una strada da seguire con grandissima attenzione. La cosa che vorrei sottolineare è che in questo cambiamento del concetto di benessere diventa molto importante l’esperienza soggettiva e, in qualche modo, la manutenzione non soltanto del corpo ma anche della psiche e dell’ego della persona che arriva. Pensare ad una serie di servizi, ad una serie di situazioni che gratifichino la persona e non soltanto la curino o la guariscano. Molte persone vengono alle terme, forse, più che attratte dall’aspetto della cura che le acque calde gli possono dare, attratte dall’aspetto del piacere che le acque calde possono far sentire, dal fascino del ritorno al liquido amniotico, dal piacere di spogliarsi dagli abiti ed anche dei ruoli della vita normale e di tornare in una situazione un pochettino regressiva. Alcuni istituti termali tradizionali, sulla spinta delle Spa, iniziano ad offrire timidamente anche servizi legati alle medicine alternative, massaggio ayurvedico, shiatzu e cose di questo genere. Evidentemente, hanno sentito la necessità di offrire al cliente non soltanto una differenziazione del prodotto, ma una differenziazione del prodotto che andasse verso la gratificazione più che verso la cura, un’esigenza che le nuove generazioni in arrivo hanno abbastanza forte e che qualcuno ha percepito.
Insisto nel dire che il meccanismo che lega il tutto essenzialmente all’idea della rimozione della malattia è pericoloso, perché limiterebbe l’aspetto simbolico del prodotto termale all’interno della sfera medica, all’interno della sfera dei malati. Dal punto di vista del marketing, secondo me, è un suicidio tentare di caratterizzare un prodotto come un prodotto che acquistano le persone che stanno male, perché ovviamente nessuno lo toccherà mai più, poiché usarlo o averne bisogno significherà essere malati, e nel momento in cui questo tipo di situazione non ha più quel quid, quel plus che anticamente gli dava lo status sociale di chi poteva usarlo, il prodotto diventa un prodotto di cui guardarsi. Naturalmente, spostarsi sull’aspetto maggiormente esperenziale significa porre in essere azioni che, da un certo punto di vista, possono sembrare meno serie e scientifiche, perché significa entrare nella logica dell’intrattenimento e non più soltanto nella logica dell’intervento terapeutico e curativo, evidence based, più serio e scientifico, diciamo così.
Probabilmente questo è quello che si aspettano le nuove generazioni, probabilmente questo è quello che manca. All’interno dell’esperienza, del bene esperienziale il consumatore non si accontenta più di essere curato: vuol anche essere distratto, divertito e vezzeggiato. Se il consumatore termale degli anni passati, probabilmente, era persino rassicurato dal trovare sempre le stesse cose, non è detto che lo sia anche il consumatore che è all’orizzonte, che forse vuol anche sperimentare cose diverse, vuol essere sia curato che intrattenuto.
In conclusione, mi sentirei di lanciare una specie di slogan: il prodotto termale per rinnovarsi ed andare oltre la fase di maturità che sta attraversando, pur mantenendo il più possibile intatta la sua immagine tradizionale, anche quella curativa, dovrebbe curare il corpo, scaldare lo spirito e vezzeggiare l’ego dei suoi clienti.
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