
Corsari e pirati: note di storia e storia di note
di Gabriella Corsaro
Conoscere aiuta, così parlo di cose a cui sono abituata sin da piccola: Corsari e Pirati. Corsaro Rosso, Corsaro Verde, Corsaro Nero… erano i nomi che, con garbo da mozzo, mi venivano affibbiati dalla ciurma di compagni di scuola! Per solcare ancora il mare di parole sull’acqua, scelgo di avere per compagni queste vecchie conoscenze, ma si sa, nomen est omen… per questo con loro saccheggerò i tesori della musica.
«Quindici uomini, quindici uomini, sulla cassa del morto…» dice la canzone piratesca più nota di sempre; le sue parole ci portano sul mare dei Caraibi con temuti Capitani e brutti ceffi. Nell’era televisiva, una facile melodia ne ha fatto il leitmotiv di fanciullesche avventure, eroiche, romantiche.
Ma è l’epoca della navigazione telematica che conosce l’avvento di una moderna pirateria, priva, questa, di fascino. In essa agisce chiunque, pure le nonnine furbette che restando comodamente a casa propria vanno all’arrembaggio, rubando qualunque prodotto di cultura ‘diffusa’. E neanche la cultura ‘alta’ è al sicuro. Non serve l’avvistatore per scorgere che essa, fatta o consumata nei templi del sapere e/o del potere, rischia di restare in alto mare, vittima dei filibustieri che stanno sul ponte di comando. Ed il solo tesoro perduto è l’amore e il rispetto per ogni forma di cultura, arte e lavoro altrui.
Per fortuna la musica è anche un’altra e permette di scoprire che i veri «predoni del mare» furono un misto di ferocia, audacia e spirito avventuroso, lo stesso che echeggia ne «Le Corsaire» e le Chanson con cui Berlioz racconta i briganti del mare. Tuttavia, anche i fuorilegge navigatori furono capaci di grande dolcezza, struggimento, passione…
Corsari, dunque, brava gente? Non tutti, ma molti. Soprattutto quelli dell’opera lirica. Dolore e generosità sono nel nobile cuore di Simon Boccanegra, ardore e fedeltà in quello del romantico Corrado. Certo i Corsari erano predoni autorizzati ma nessuna «lettera di corsa» li rese immuni dalle ferite mortali dell’amore.
I pirati, si sa, erano altra cosa. Loro lavoravano in proprio, ma questo non impedì che avessero un cuore amante e alti propositi. Infatti, Gualtiero per amore organizza una squadra di pirati del Mediterraneo e inizia una serie di scorribande per poter tornare nella sua terra e sposare l’amata. «Il terrore dei mari» fu anch’esso schiavo di Cupido. Ma pure Bacco li fiaccò. Mancando l’acqua… vinse il Rum… e nei cori di pirati uomini brindavano allegramente.
Jolly Roger sventolò su vascelli carichi di rozzi uomini, capitani coraggiosi e persino su Pulcinella, che, travestito, divenne Corsaro-damigella e fu parte di un buffo intrigo con La Pirata. Come in tutte le spedizioni a caccia di tesori, anche questo viaggio ci ha portato ad una gemma preziosa. La certezza che con Corsari e Pirati il luogo e il tempo sono irrilevanti. I loro vessilli neri o rossi, con ossa e spade, furono su tutti i mari, Antille, Caraibi, Mediterraneo. E da Giulio Cesare ai giorni nostri la loro presenza è foriera di spavento oltre che di belle emozioni. Per questo dai versi di Omero, alle note di ogni genere musicale, fino agli effetti speciali del Cinema, si celebrano le gesta di chi fece della propria vita una sfida al destino
Note per «Corsari e Pirati»
«The Pirate Song» (la canzone dei Pirati)
Quindici uomini, quindici uomini sulla cassa del morto e una bottiglia di rum!
Il rum e il mio demonio hanno pensato al resto e una bottiglia di rum!
Quindici uomini, quindici uomini sulla cassa del morto e una bottiglia di rum!
Satana agli altri non ha fatto torto, con la bevanda li ha spediti in porto e una bottiglia di rum!
Quindici uomini, quindici uomini sulla cassa del morto, yo-ho-ho e una bottiglia di rum per conforto!
Ne L’Isola del tesoro di Louis Stevenson, questo testo riproduce una canzone originale, cantata tra i pirati nel 1700. Il riferimento è ad una vicenda accaduta a «Cassa di uomo morto», pezzetto di terra disabitato tra le Isole Vergini (Caraibi). In quel luogo il terribile Edward Teach abbandonò il suo equipaggio ammutinato. Ciascuno dei trenta pirati ebbe solo una bottiglia di rum. Avrebbero dovuto morire di fame o uccidersi a vicenda, ma al suo ritorno Barbanera trovò quindici sopravvissuti. La canzone dei pirati fu la lugubre sigla dello sceneggiato televisivo del 1959, tratto dal romanzo di Stevenson.
«Le Corsaire» (il Corsaro)
Ouverture in Do maggiore op. 21 di Hector Berlioz. Composta nel 1844 col titolo originario «La Tour de Nice» fu rivista ed eseguita nel 1854. Presenta tre tempi: Allegro assai (in Do magg.), Adagio sostenuto (in La bem. magg.), Allegro assai (in Do magg.). Qui ogni strumento diviene ciurma di Pirati e il ritmo evoca arrembaggi terribili e avventure straordinarie ma non mancano dolcezze che descrivono magnifiche distese d’acqua e il dolce navigare.
«Chanson des pirates»
Di Hector Berlioz su testo di Victor Hugo. Composta nel 1829 fu poi collegata a «La Chanson des Brigantes in Lélio». Berlioz, adattò della canzone dei pirati per farne la «Scène de brigands: J’aurais cent ans à vivre». Ossia la parte numero tre di Lélio, il Monodramma lirico, in sei parti, per soli, pianoforte e orchestra. In fa maggiore per basso, coro maschile e orchestra. A cantare l’Allegro marcato con impeto è il Capitano e nel coro troviamo le voci dei suoi uomini.
«Simon Boccanegra»
Di Giuseppe Verdi. Opera del 1857 con prologo e tre atti, su libretto di Francesco M. Piave. Simone, corsaro della Repubblica Genovese, diviene primo Doge della Superba proprio nel momento di maggior disperazione, nell’ora in cui ha perduto Maria e il frutto del loro amore. Il Doge sarà infelice ma giusto e magnanimo. La vita gli restituirà la figlia. Ma sarà per poco. Il veleno dei cospiratori lo consuma e guardando il mare di Genova egli cercherà la pace nei ricordi che la distesa azzurra gli offre. Canta «il mare, il mare» ma il suo cuore invoca il vero tesoro perduto: l’amata, la libertà, la giovinezza, la felicità. La sua nobiltà d’animo lo renderà capace di perdonare chi l’ha privato di Maria e di designare suo successore chi desiderò la sua morte. Il corsaro innamorato, divenuto Doge triste e giusto morirà da padre generoso, tra le braccia della figlia.
«Il Corsaro»
Di Giuseppe Verdi. Melodramma tragico del 1848, in tre atti su libretto di Francesco Maria Piave. Corrado, in esilio coi compagni e con l’amata Medora, vive in un’isola dell’Egeo. Stanco di quella esistenza parte per combattere l’odiato pascià Seid. Entra a Palazzo durante una festa e lì la bella Gulnara, prediletta di Seid, se ne innamora. Corrado affronta il nemico ma è sconfitto e condannato a morte. Gulnara, in prigione tenta di sedurlo e di convincerlo ad uccidere, nel sonno, il pascià. Il corsaro non tradirà Medora né il proprio onore. Sarà la ragazza ad uccidere il vecchio e liberare il corsaro. Insieme tornano sull’isola dei pirati ma li attende la tragedia: Medora, creduto morto il suo amato si è avvelenata. Spira tra le braccia di Corrado che, ignorando le suppliche di Gulnara, si getta nei flutti dalla scogliera.
«Il Pirata»
Di Vincenzo Bellini. Melodramma in due atti composto nel 1827 su libretto di Felice Romani. I pirati aragonesi hanno nell’esule Gualtiero un ardimentoso capo, ma il vero tesoro egli l’ha perduto. È Imogene. Per il loro amore, contrastato dal Duca Ernesto, il giovane si fa Pirata. Il desiderio è diventare ricco per tornare da lei. Solcando il mare e saccheggiando le coste siciliane egli ignora che, costretta da un atroce ricatto, la donna ha sposato il Duca. Tornato in patria, Gualtiero ucciderà il rivale in duello. L’amore che lo mosse ora l’attende… ma le scorribande non hanno sopito l’onore e la lealtà, così il Pirata si consegna ai giudici che lo condannano a morte.
Atto primo, scena II la Cavatina di Gualtiero presenta un giovane innamorato che per amore si fa pirata.
Nel furor delle tempeste, nelle stragi del pirata,
quella immagine adorata si presenta al mio pensier,
come angelo celeste, di virtude consiglier.
Piango allora in mezzo all’ira, pace ai vinti allor concedo,
e onorato ancor mi credo capitano e cavalier…
Se Imogene non m’ispira, sono un mostro, un masnadier.
Atto primo, scena VI: Coro di Pirati, gli uomini di Gualtiero sono nel castello del Duca. Festeggiano in attesa di svelare la loro identità.
Viva! viva!… Chi risponde? Ripetiamo… Viva! viva!… Chi risponde?
Egli è il vento… il suon dell’onde che si frangon sulla riva… alla gioia de’ pirati prende parte e terra, e mar.
Allegri, allegri! La bottiglia ci rintegri di cotanto faticar.
«Corsaro-damigella»
Di F. Terraciano su poesia di Carlo Cafferecci. Melodramma Storico-Spettacoloso in due parti e nove quadri, con brani musicati e dialoghi in prosa. Caratteristiche la presenza di Pulcinella e l’uso della lingua italiana e napoletana. L’ambientazione è esotica, fosca, avventurosa, piratesca. Parodia della Lucia di Lammernmoor di Gaetano Donizetti avvicina l’ambiente musicale colto a quello popolare della commedia dialettale. Il travestimento di rozzi Corsari in vezzose damigelle è la trasposizione comica dei cavalieri e gli armigeri che sono nella Lucia. Andò in scena a Napoli nel 1846.
Fiordiligi ama, riamata, il cugino Edmondo, figlio del Conte Ugo. Per ragion di Stato il Conte ha promesso il figlio alla Duchessa de La Ronda e la nipote al misterioso Cavaliere dell’Est, cugino della Duchessa. Costei è in realtà il corsaro Gabriele che si finge damigella, e col capo dei corsari Bregozzo, travestito da Don Pacheco fratello della Duchessa, va caccia del bottino: la dote di nozze. Anche il cavaliere dell’Est non esiste… Pulcinella sarà finto cugino della falsa duchessa e vero pirata. Agatella, serva di Fiordiligi, riconosce il suo vecchio amante napoletano e all’intrigo dei pirati si aggiunge quelli dei rivali in amore. La festa di fidanzamento diventa in un finimondo e nel caos generale il tesoro sarà rubato. Solo Pulcinella, smascherato, finirà in prigione. Il furto giova agli innamorati che finalmente possono sposarsi. Pulcinella scarcerato saprà ricompensare i suoi benefattori. Infatti, quando Gabriele rivela al Conte che Bregozzo ha rapito gli sposi e la serva, egli a capo dell’esercito di corte affronta i pirati e da vincitore sposa Angella.
«La Pirata»
Di Vincenzo Fioravanti su testo poetico di Almerido Spadetta. Opera buffa in cinque atti è la parodia de «Il Pirata» di Vincenzo Bellini, fu rappresentata nel 1849. Il riferimento è riconoscibile nello scenario cupo e tempestoso, nelle scene popolate da terribili pirati e nell’amore travagliato. Sull’isola dei pirati Roberto, capo dei pirati, vive con sua figlia Egla, segretamente sposa di Carlo, pirata anch’esso. I due hanno un bambino. In una notte di tempesta, sull’isola naufraga Erberto, padre di Carlo e nemico di Roberto, con lui c’è il fedele servo Pulcinella. Erberto è subito imprigionato mentre il suo servitore, scambiato per una spia, è assoldato come pirata. Lo riconosce l’anziana Matra, governante di Egla, sua vecchia fiamma alla quale in passato ha rubato tutti i gioielli. Egla e Carlo tentano di fuggire con il loro bimbo e con Erberto. Il piano è di Egla, che da vera pirata, con la forza, ottiene l’aiuto di Pulcinella. Ma la tresca è sventata da Roberto. Il capo dei pirata però sarà vittima dell’amore per l’innocente nipotino e la famigliola, con l’atavico nemico, rivelatosi ‘consuocero’, può lasciare l’isola. Con minaccia di morte Pulcinella è costretto a saldare tutti i suoi debiti. E sposando Matra, vecchia ma ricca, sarà salvo e sazio.
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