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Acqua e letteratura

di Elisa Boschi


(fonte immagine)

La nostra letteratura è piena di riferimenti all’acqua: dalle «Chiare, fresche, dolci acque» di Petrarca a Ofelia che annega in un ruscello; ci sono le sirene nei mari di Ulisse, Caronte che vi traghetta le anime e infinite poesie che ritraggono paesaggi, alberi, natura in cui sono immancabili i corsi d’acqua. Che cosa rappresenta l’acqua nella nostra cultura?

L’acqua è una delle materie primordiali per eccellenza, una specie di sostanza delle sostanze rispetto alla quale tutte le altre diventano attributi. La prima metafora a cui l’acqua si lega nella nostra cultura è quella di origine. Fin dall’età vedica dell’India, quando l’acqua si distende come uno specchio oceanico, rappresenta la manifestazione cosmica, secondo due significati legati tra loro: da un lato come acqua che da la vita materialmente, come Madre Natura; dall’altro assume un significato più trascendente legato all’Essere.

In poesia e in letteratura l’acqua è, per antonomasia, fresca. La freschezza dell’acqua è carica di risveglio, è positiva, impregna la primavera con i suoi zampilli ruscellanti, valorizza tutta la stagione con un rinnovamento. L’acqua fresca è vita. Anche se non è affatto scontato che ‘fresco’ sia un concetto indissolubilmente legato alla vita e alla positività. Per esempio non si può dire lo stesso dell’aria; quando è l’aria ad essere fresca la valenza è peggiorativa: un vento fresco lascia dietro di sé un senso di freddo. La freschezza dell’acqua imprime un clima poetico: quando c’è acqua fresca ci sono profumi freschi, verdi praterie, carni fresche e lustre, carni sode come quelle di un bambino.

Acqua è vita, è nascita; non a caso gli antichi popoli ungro-finnici conoscevano una Madre-Acqua alla quale si rivolgevano le donne desiderose di figli, mentre le spose tartare sterili, ancor oggi, si inginocchiano a pregare nei pressi degli stagni. Tutta questa corrispondenza è sostenuta dall’acqua primitiva, da un’acqua carnale, elemento universale.

John Everett Millais, «Ofelia» (1852)

Ma se l’acqua è la metafora del principio, della vita, spesso lo è anche della fine, della morte. La morte legata all’acqua è decisamente femminile – d’altra parte l’acqua è mitologicamente patria di ninfe, sirene e altre bellissime creature femminili. Basti pensare ad Ofelia, che rappresenta il simbolo del suicidio femminile. Si tratta davvero di una creatura nata per morire nell’acqua, ove ritrova, come dice Shakespeare, «il suo elemento». L’acqua è l’elemento della morte giovane e bella, della morte fiorita.

L’acqua è poi simbolo per eccellenza della purificazione morale. Le è stato infatti attribuito un potere esorcistico in molte liturgie religiose e nelle ritualità d’impronta magica perché ha in sé un carattere sacro, un potere «scongiuratorio! contro tutti i malefici». L’acqua, in questa dimensione religiosa, è spesso chiamata a separare i defunti dai vivi; sono immagini classiche fiumi inferi, isole dei morti, oceani che sorreggono il vascello fantasma o che precipitano nelle viscere del pianeta. Il personaggio letterario più celebre è Caronte, traghettatore dell’Ade che trasportava i nuovi morti da una riva all’altra del fiume.

L’acqua è poi tradizionalmente legata a un significato di rigenerazione spirituale, così come nella realtà fisica vi sono fonti che hanno proprietà terapeutiche per il corpo. La metafora della fontana della giovinezza è una delle più note, in cui ci si tuffa per uscirne rinnovati. Spesso queste fonti d’acqua sono custodite da esseri pericolosi, come draghi o serpenti, o fascinatori, come ninfe, satiri o elfi, per esaltarne la preziosità. Per attingere a queste sorgenti, infatti, è necessario rimanere con la coscienza sempre vigile, senza abbandonarsi ad alcuna suggestione, come fece Ulisse con il canto delle sirene durante la sua peregrinazione in mare.

A proposito di ninfe e sirene, non si può trascurare la funzione sessuale di un corso d’acqua, che evoca la nudità femminile. Quadro classico: acqua limpida, fanciulla diafana, giovane e nuda. La nudità evocata dall’acqua è comunque naturale, innocente.

Katsushika Hokusai, «La grande onda» (1832)

Naturalmente tutti gli aspetti dell’elemento acqua sin qui considerati possono acquisire un segno negativo: le immagini del mare in burrasca o del fiume che straripa dagli argini indicheranno la possibilità che oscure forze dell’inconscio minaccino l’equilibrio dell’individualità, in una dimensione profonda dell’io che, come si diceva all’inizio, vede l’acqua assumere un significato trascendente.

Acqua come inizio e come fine; come fonte di vita, femminilità, sensualità e giovinezza ma anche come morte; e, quando il suo fresco scorrere si trasforma in tempesta, diventa presagio di oscurità e negatività. L’acqua è materia onnicomprensiva, che può rappresentare tutto e il contrario di tutto, vita e morte, pace e follia, scorrere gentile in prati verdi o esplodere in enormi onde zaffiro, come in un cerchio perfetto che si chiude.

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