
Progetto «Case dell’acqua»
di Barbara Rinaldi
Stop ai consumi e stop agli sprechi! È questo il messaggio centrale del progetto «Case dell’acqua». Consiste nella costruzione di strutture pubbliche presenti in ogni comune italiano che aderirà all’iniziativa, che premetteranno l’erogazione di acqua naturale e/o frizzante prelevata dagli acquedotti. Le famiglie potranno dunque recarsi ai rispettivi serbatoi e accedere comodamente al servizio. In questo modo si limiterà il consumo di plastica ancora prevalentemente utilizzato per l’imbottigliamento, nonostante la possibilità dell’imbottigliamento in vetro.
Secondo i dati ISTAT, l’Italia si classifica al terzo posto riguardo ai consumi (e di conseguenza agli sprechi) di acqua in bottiglia (12,5 miliardi di litri solo nel 2008). Promossa dai comuni e pubblicizzata da molteplici Enti con promesse di risparmio e sicurezza garantiti, siamo del tutto sicuri che la vicenda sia realmente così limpida e cristallina come ci si presenta a prima vista? Solo nella provincia di Mantova, dopo un’adesione immediata di 20 comuni, ben 16 hanno già sospeso l’adesione. Perché?
Il primo motivo è dato dalla burrascosa vicenda circa l’appalto assegnato alla società Logica srl, senza una precedente gara di appalti che si è consueti svolgere. Il secondo si ritrova tra le varie perplessità dei cittadini. Chi pagherà la costruzione, il mantenimento, il controllo di queste strutture? Certo, la ATO (Ambito Territoriale Ottimale) ha messo a disposizione alcuni fondi (ottenuti grazie agli sgravi fiscali dei cittadini), ma saranno sufficienti nel corso degli anni? Si calcola che l’acqua erogata da queste casette costerà in realtà molto di più di quanto non costasse già in precedenza quella prelevata dai medesimi acquedotti. Siamo dunque certi che questa apparente soluzione economica ed ecologica non sia in realtà solo una mera forma di speculazione sull’acqua?
Acqua sempre stata a disposizione del cittadino, acqua usata per coltivare, per fornire energia, per vivere. Piuttosto che promuovere questa forma di privatizzazione, non sarebbe meglio occuparsi dell’inquinamento del fiume Po, nelle cui acque sono stati rinvenuti arsenico e persino un alto livello di sostanze stupefacenti? L’iniziativa «Case dell’Acqua» appare di certo nobile, ma non è possibile pensare che il suo funzionamento possa persistere a lungo. Analizzando invece la questione sotto il punto di vista ambientale, si calcola che il consumo annuale di acque in bottiglia equivalga all’uso di 365 mila tonnellate di Pet, 693 mila tonnellate di petrolio e l’emissione di 950 mila tonnellate di CO2. Inoltre, su un 100% di materiale, solo il 35 % è destinato ad essere riutilizzato.
Indubbiamente, tuttavia, la possibilità di avere comodi serbatoi in ogni comune permetterà una notevole diminuzione degli sprechi. Stimando il funzionamento di ogni singola casa, si è calcolato che ognuna di queste possa erogare ben 2500 litri al giorno (1700 bottiglie circa). Si ha quindi, da una parte il problema economico circa i soldi investiti e da investire, dall’altra un notevole calo dell’inquinamento, degli sprechi, ecc.. Questa perplessità è espressa inoltre dalle stime calcolate in base ai comuni aderenti: ad oggi, solo 203 comuni italiani hanno aderito. L’adesione maggiore si è avuta sostanzialmente in Lombardia e in generale nel Nord Italia (195 tra Lombardia, Veneto, Piemonte, Emilia Romagna, Friuli e Toscana); solo 8 invece per quanto riguarda centro e sud Italia.
I dati stessi esprimono ancora una volta il divario eterno tra nord e sud, e in secondo luogo evidentemente una maggiore possibilità d’investimento economico da parte dei comuni del nord. Analizzando comunque i dati su un piano generale è evidente come un progetto così innovativo fatichi (per il momento) a trovare adesioni. Sarebbe opportuno potenziare la pubblicità e la divulgazione dell’iniziativa, in modo da mostrare ai cittadini vantaggi e benefici, ma anche e soprattutto cifre, costi, ed eventuali problemi.
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