
Kick-off Meeting «Parma capitale di acque»
Al via il piano di collaborazione tra gli esperti del settore idrico
L’Auditorium S.Elisabetta nel Campus universitario di Parma è stato teatro il 4 marzo del Kick-off Meeting. Voluto da Università di Parma, Autorità di Bacino fiume Po, Legambiente e Premio internazionale Scritture d’Acqua, l’evento è stato pensato come un’occasione di confronto per tutte le autorità e gli esperti nel settore idrico e ambientale. Da anni il territorio parmense, pur essendo ricco di risorse, non valorizza a pieno le proprie caratteristiche. Le difficoltà nascono spesso dalla poca collaborazione tra le varie entità che operano sul settore. Il meeting cerca di tracciare la rotta da seguire, nella convinzione che solo una buona gestione può realmente migliorare le cose. Noi di Water(on)line eravamo presenti per raccontarvi cos’è successo.
Gestione sostenibile, coordinamento tra enti e restauro dei corsi d’acqua
È il dottor Francesco Puma, segretario generale dell’Autorità di bacino del fiume Po, ad aprire gli interventi. Nel suo discorso il segretario sottolinea l’importanza di raggiungere i parametri di gestione sostenibile dei sistemi fluviali indicati dalle direttive europee. Per arrivare ai risultati richiesti è essenziale contrastare il degrado delle risorse e pervenire allo «stato di buono». Il piano di gestione prevede la divisione in distretti e una pianificazione a lungo termine di interventi fatti sulla situazione attuale: solo conoscendo le effettive condizioni fluviali e programmando gli interventi su queste si potrà arrivare ai risultati prefissati entro il 2015. Un concetto importante, spiega Puma, è che «il riequilibrio ambientale è un bene comune che deve essere gestito collettivamente». Emerge dunque la necessità di organizzare il quadro di pianificazione dell’acqua in relazione a quelli per l’agricoltura, per il territorio e per le biodiversità, su modello collaborativo e non gerarchico tra i diversi enti chiamati in causa. La sostenibilità deve essere ambientale ma anche sociale ed economica. Tramite il coordinamento degli enti si deve puntare a raggiungere quella diffusione di responsabilità imprescindibile da una gestione ottimale. È inoltre necessario attuare continue azioni di restauro e ricostruzione dei corsi d’acqua, attività che all’estero è praticata da anni con ottimi risultati.
Parma territorio generoso: acqua in abbondanza, anche nel sottosuolo
Renzo Vallone, geologo e professore dell’Università di Parma, ha presentato la situazione specifica del territorio parmense evidenziando una strutturazione che, soprattutto in prossimità del fiume Taro, registra importanti presenze idriche sotterranee. Riserve dove l’acqua è abbondante, anche in ottica economica. Ma tutta la provincia gode di risorse generose, partendo dalla zona appenninica, con versanti montani definiti vere e proprie «fabbriche d’acqua in grado di sopperire a tutti i problemi di carenza», sino ad arrivare al fondovalle dove sono presenti molte piane in cui l’acqua è estraibile senza danni ambientali. Mentre in piena pianura si riscontrano fuoriuscite di acqua purissima. Le fonti montane hanno inoltre una struttura che permetterebbe di sfruttarle per generare energia idroelettrica. Ma la vera abbondanza acquifera della provincia è quella presente in un sottosuolo disseminato di bacini idrici, il più grande di questi, in prossimità del fiume Taro, immagazzina, da solo, oltre 50 milioni di metri cubi d’acqua. Un’acqua fossile e calda che ben si presta ad essere utilizzata come fonte di energia. «Una situazione così prosperosa», conclude Vallone «dovrebbe essere meglio valorizzata, l’acqua c’è in modo superiore a quanto si pensi».
Gestione politica: tra cattiva comunicazione e mancanza di collaborazione
In seguito all’analisi del professor Vallone, Fabio Faccini, rappresentante al meeting dell’associazione Ecosportello, ha spostato l’attenzione su un punto cruciale nelle problematiche di gestione: la mancanza di comunicazione. Nella situazione attuale, università ed enti scientificamente qualificati vengono ignorati dagli enti pubblici o consultati a scelte fatte. Questo spreco di conoscenze è la causa di piani che spesso partono da valutazioni errate della situazione ambientale (come quello secondo cui il territorio di Parma sarebbe povero di risorse idriche). Si crea così una serie di rischi idraulici frutto di previsioni sbagliate. Questa consuetudine è la causa di una rete non ancora adeguata, motivo di tagli e sprechi d’acqua che negli anni han dato vita a vari comitati cittadini. A livello politico emerge una mancanza di consapevolezza della complessità dei problemi. Ma la grande assenza di collaborazione sembra presente anche tra enti. «Provincia e Comune fanno un gioco delle parti che non gli permette di affrontare in maniera positiva i problemi», spiega Faccini. Situazione inadeguata che non riguarda solo Parma, «in tutta Italia si vedono centrali idroelettriche costruite senza coerenza e pianificazione, solo per avere qualche finanziamento».
Molti gli interventi concordi con la situazione illustrata dall’esponente di Ecosportello. «I piani degli esperti vengono approvati quando ci sono multe imminenti, ma poi a distanza di anni non vengono attuati. Che peso si da alla conoscenza agendo in questo modo?». «Dati, idee è competenze ci sono, manca la politica giusta, quella che c’è è in antitesi ai bisogni del paese». Emerge una cultura delle scelte ‘di emergenza’ causa di un grande spreco di quelle risorse finanziarie che vengono poi a mancare per la realizzazione dei progetti. La gestione delle risorse idriche, pur essendo fondamentale per il benessere della nazione, rimane ad oggi un fronte economicamente poco supportato dalle istituzioni.
Educazione ambientale e progettazione a lungo termine
Il professor Ireneo Ferrari, del dipartimento di scienze ambientali dell’Università di Parma, ha arricchito il confronto introducendo il problema dell’educazione all’ambiente. La mancanza di interesse politico per l’argomento rifletterebbe una cultura in cui l’attaccamento al proprio territorio è in continuo calo. Secondo il professore questo disinteresse diffuso ha portato ad «anni d’approcci di rapina delle risorse ambientali» che hanno ridotto la salute idrica ad uno stato non ottimale. Inoltre persiste, a livello decisionale, una cultura sbagliata di scelte definitive ed indiscutibili. «La scuola ha un ruolo fondamentale nell’educazione etica, economica e ecologica necessaria al miglioramento della situazione. Le prospettive di sviluppo sono imprescindibili dall’impegno del sistema formativo. Educazione e partecipazione sono processi di crescita e non di inculcazione come qualcuno ha fatto intendere recentemente», spiega Ferrari, aggiungendo che «inoltre le pianificazioni devono necessariamente guardare al lungo periodo e non al breve corso».
Anche l’intervento di Mario Giannini di Aipo mette l’accento sul problema culturale. «Gli adulti», spiega, «si interessano solo quando vengono colpiti direttamente, ma di norma sono distanti da queste problematiche». L’educazione ambientale manca nella coscienza comune, nonostante l’ecologia rientri in molti parametri della vita quotidiana. Questo disinteresse culturale è alla base di quello politico, l’educazione scolastica diventa quindi fondamentale per il ruolo di trasmissione di quei valori che devono investire l’etica dei cittadini nei confronti di un patrimonio di tutti come l’ambiente in cui viviamo.
Sempre in ambito educativo, il professor Carlo Modonesi invita all’autocritica: «Tutti siamo stati mortificati dalla recente riforma universitaria, con pesanti tagli e vincoli limitanti. Quest’occasione poteva e doveva essere sfruttata meglio. In tutta la riforma non si è mai accennato alla sostenibilità». Per Modonesi la riforma era un’occasione per rifare le cose bene, «così non è stato, le competenze ci sono, il problema è come vengono usate».
I miglioramenti sono lievi, il dialogo paritario è il metodo da seguire
Secondo Riccardo Franchini di Arpa, «c’è da essere più ottimisti», perché «esistono una serie di realtà che portano avanti un buonissimo lavoro. Solidarietà e dialogo aiuterebbero a trovare soluzioni attive e utili». Si propone di instaurare una comunicazione paritaria da sostituire agli attuali rapporti «top-down» del tipo esperto-massa. Sempre la mancanza di dialogo sarebbe alla base dell’aggressività e della sfiducia di molti comitati. Dall’analisi di Franchini emerge che «anche se gli ultimi obbiettivi, fissati per il 2008, non sono stati raggiunti, il trend è in crescita». La pianura si rivela come la zona più in difficoltà, dove i miglioramenti sono minori e legati alla diminuzione degli allevamenti. Tra i fattori negativi la frammentazione della gestione energetica in più enti e proprietà è vista come motivo di un notevole peggioramento della qualità ambientale.
Diverse sono dunque le riflessioni emerse da questo primo incontro. Hanno arricchito la discussione, oltre ai già citati, il professor Michele Zazzi (Architettura e Ingegneria), la professoressa Belloni (esperta di architettura ambientale), Matteo Baderacchi (Università Cattolica di Piacenza), il dr. Bagni (Servizio tecnico Regione Emilia Romagna), il sociologo Giorgio Triani (Premio Scritture d’Acqua) e altri esperti dei vari settori che si occupano del tema idrico. Molti anche i punti d’azione individuati: necessita di interventi, sostenibilità, educazione, collaborazione tra enti, esperti e istituzioni. Il «Kick-off meeting» non rappresenta una riunione a se stante, ma si prefissa di essere l’inizio di quella collaborazione interdisciplinare necessaria per la formulazione e l’attuazione di piani a lungo termine, con la speranza di fare di Parma un esempio di «Capitale di acque».
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