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Acqua e morte. Dalla tragedia shakespeariana al rock and roll

Acqua e morte. Dalla tragedia shakespeariana al rock and roll

di Giovanna Biscaro

“Ophelia”, John Everett Millais, 1852

 

L’acqua è vita. Fin dal grembo materno ciò che ci circonda è acqua; il liquido amniotico, che ci nutre e protegge. E lì prendiamo forma, lì dove tutto ha inizio. Poi veniamo al mondo e il nostro corpo è composto dal 75% (50% nell’età avanzata) di acqua e per sempre vivremo di lei, grazie a lei. Acqua che scende dal cielo e cresce i frutti delle nostre terre. Acqua come simbolo di vita, elemento per eccellenza, origine della nostra esistenza.

Essa però può anche uccidere, disgraziatamente o per volontà dell’uomo stesso, soffocando la vittima con la sua presa potente e invincibile. Dal teatro alla realtà, una veloce rassegna delle morti più celebri, tristi e anche assurde, che hanno come protagonista l’acqua.

 

Nell’Amleto shakespeariano una delle figure più affascinanti è quella di Ofelia, la donna amata da Amleto, il quale le ucciderà il padre Polonio per errore. Nel momento in cui Ofelia scopre quello che è successo, la sua mente vacilla; comincia a vagare per il Palazzo Reale donando fiori a chi incontra per il funerale di suo padre. La donna, irreparabilmente sconvolta, si allontana fino a giungere nei pressi di un torrente; qui trova un salice e nel suo delirio assurdamente bucolico decide di adornarlo di fiori. Finisce per cadere nel rigagnolo e lì, senza opporre resistenza al flusso d’acqua che se la sta portando via, si mette a cantare senza nemmeno chiamare aiuto. Così, l’immagine che ci regalano numerosi dipinti è quella di una donna quasi eterea, con una veste bianca e i capelli morbidi che scendono sulle spalle; i suoi occhi sono chiusi, la morte se l’è presa ed essa giace sull’acqua circondata da ranuncoli, ortiche, margherite… come un letto fiorito sul quale ha trovato la pace. Una serenità bagnata, eterna e disgraziata. L’inesorabilità del destino, della quale l’Amleto è piena rappresentazione, porta Ofelia a questa morte tragica che ha il sapore di un incidente fatale, di un quasi suicidio.

 

Uno dei suicidi più celebri è sicuramente quello di Virginia Woolf (1882-1941), romanziera e critica britannica. Una personalità importante e forte che però soffrì sempre di nevrosi e disturbi psichici. La Woolf perse entrambi i genitori e una sorellastra nel giro di pochi anni; a soli ventidue anni ebbe il primo crollo nervoso, dovuto anche a queste gravi perdite. Dichiarò anche di aver subito abusi sessuali da due dei suoi fratellastri e anche questo contribuì alla sua instabilità. Nel 1913 tentò il suicidio una prima volta. Con l’entrata in guerra della Gran Bretagna le sue fobie poi aumentarono; il 28 marzo 1941 decise di porre fine alla sua vita, non riuscendo più a convivere con il suo malessere, con la sua depressione. Andò sulle rive del fiume Ouse (Yorkshire, Inghilterra), si riempì le tasche di sassi e vi si immerse; il suo ultimo ed estremo gesto. Lasciò un biglietto al marito nel quale gli diceva che non riusciva più a sopportare la sua malattia e sentiva che non sarebbe mai guarita. Il terrore di perdere la ragione: “Sono certa di stare impazzendo di nuovo… e questa volta non guarirò. Inizio a sentire voci e non riesco a concentrarmi”. La Woolf abbandonò la sua vita perché, da donna intelligente e ambiziosa quale era, non poteva proseguire il suo percorso nel mondo senza la lucidità e la consapevolezza del tutto che le appartenevano. Nell’acqua dunque cercò e trovò la morte, quasi a voler toccare una fluidità estrema che aveva caratterizzato la sua scrittura.

 

Queste due donne, una invenzione tragica, l’altra letterata affermata, hanno cercato nell’acqua la loro fine. Vi sono poi altri casi, più misteriosi e forse accidentali, che hanno come protagonisti dei mostri sacri della musica.

Uno di questi è sicuramente Brian Jones (1942-1969), musicista britannico, fondatore dei Rolling Stones. Egli diede vita a uno dei gruppi musicali più famosi nel mondo; fu polistrumentista, cominciando da pianoforte, clarinetto, saxofono, chitarra, arrivò a saper suonare innumerevoli strumenti. Jones, con l’arrivo della fama, cominciò ad avere seri problemi con alcool e droghe di tutti i tipi; questo lo portò lentamente ad alienarsi dal gruppo e ad avere Mick Jagger e Keith Richards spesso contro di lui. Sempre più raramente partecipava alle registrazioni e quando era presente non era nemmeno in grado di suonare uno strumento. Fino a quando, l’8 giugno 1969 venne definitivamente allontanato dal gruppo. Il 3 luglio dello stesso anno Jones si trovava nella sua casa a Hartfield, nel Sussex; a mezzanotte venne trovato dalla sua fidanzata Anna Wohlin immobile sul fondo della piscina. Venne in seguito dichiarato “morto per incidente”; inoltre risultò che il suo fegato e il suo cuore erano seriamente danneggiati a causa del suo stile di vita. Nel 2000 però la Wohlin dichiarò che Jones fu assassinato da un costruttore, lì presente perché doveva fare dei lavori sulla casa, Frank Thorogood: questi confessò sul letto di morte ma l’assenza di testimoni non portò mai allo svelamento della verità. Così sul fondo di quella piscina resterà il mistero della morte di un altro frammento di rock and roll.

 

Un altro musicista morto per annegamento è Jeff Buckley (1966-1997), meraviglioso cantautore americano. La sera del 29 maggio, mentre si dirigeva agli studi di registrazione con il suo amico Keith Foti, Jeff decise di fare un bagno nelle acque del Wolf River, un affluente del Mississippi. Ormai era buio, Jeff si immerse completamente vestito e con gli stivali addosso, canticchiando “Whole Lotta Love” dei Led Zeppelin insieme al suo amico che rimase a riva e gli disse di fare attenzione. In quel momento però stava arrivando un battello e la corrente provocata dall’elica inghiottì Jeff per sempre. Il suo corpo venne ritrovato 5 giorni dopo e l’autopsia smentì come causa della morte il presunto uso di droghe o alcool. Un tragico incidente quindi. Una morte assurda, sfortunata.

 

Vicende e personaggi diversi indubbiamente; tutti però hanno ricevuto l’ultimo e gelido abbraccio dall’acqua e con essa hanno terminato le loro grandiose esistenze.

 

 

Circa l'autore

Giorgio Triani

Sociologo, giornalista, consulente d’impresa.

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