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‘A tazzulella ‘e cafè

di Sara Napolitano

 

 

L’acqua non basta. O per lo meno non è sufficiente. È importante -non per le sue caratteristiche organolettiche- ma per due parametri che vanno sorvegliati attentamente: la pressione e la temperatura.     Di cosa stiamo parlando? Del vero e celebre espresso napoletano.

 

Perché è unico? Cosa ha di speciale? Preparare il caffè a Napoli è un’arte, perché -parafrasando Manfredi nel famoso spot per Lavazza- “Il caffè è un piacere, se non è buono che piacere è?”.

 

Acqua, quindi: la sua temperatura all’interno della macchina espresso non deve allontanarsi troppo dai 90° canonici e la pressione che viene esercitata sul macinato deve essere di nove atmosfere. Gli oli essenziali del caffè vengono, infatti, alterati se esposti a temperature troppo alte. D’altra parte, temperature eccessivamente basse non permettono uno sfruttamento adeguato della miscela. Lo stesso vale per la pressione. Ma come abbiamo detto: l’acqua non basta. Non è questo l’unico segreto per preparare un ottimo caffè napoletano.

 

 

La miscela! Deve essere “a manto di monaco”, come dice Eduardo in “Questi fantasmi”. Nel napoletano, infatti, viene praticata una tostatura estrema, più spinta che altrove. Si dice che il caffè è cotto “al punto giusto”: cioè durante il processo di torrefazione il caffè viene “cotto” fino al punto limite. Se la sua tostatura fosse solo di poco più lunga causerebbe la bruciatura della miscela stessa. Questo particolare processo riesce a far esaltare gli oli essenziali e contribuisce a una migliore estrazione degli aromi.

 

Il secondo passo per ottenere un caffè degno del suo buon nome consiste nella giusta pressatura della miscela nel filtro della macchina. La pressione deve essere quella giusta per fare uscire il caffè lentamente e avere un aspetto cremoso e corposo. È una questione di gomito!

 

Siamo arrivati infine all’erogazione, terza e ultima fase, il momento clou, l’esplosione del piacere, il lungo attimo che ci separa dal toccare con le nostre labbra l’agognato siero. Il versamento deve durare meno di trenta secondi, non appena il colore inizia a schiarirsi la macchinetta deve essere fermata. E l’eterna diatriba di “quanto zucchero mettere nel caffè” trova un’unica risposta: niente! Il vero caffè napoletano si beve amaro!

 

Ora che avete finalmente gustato il vostro espresso napoletano non dimenticate di pagarne un altro “in sospeso”: così seguirete la tradizione di regalare un caffè a chi non se lo può permettere.

Circa l'autore

Giorgio Triani

Sociologo, giornalista, consulente d’impresa.

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