
Archeostorie: Su Tempiesu e la sua fonte sacra
di Michele Dall’Aglio
Tra le tante cose stupende che la Sardegna offre agli occhi dei visitatori è da citare il tempio a pozzo diSu Tempiesu, che sorge nel territorio di Orune, in località Sa Costa e Sa Binza, così chiamata per il vigneto lì impiantato, quando la zona era ancora interamente coperta da boschi di lecci e sughereti, oggi scomparsi.
Il nome di “Su Tempiesu” deriva dal fatto che un signore di Tempio, agli inizi del ‘900, lavorava nella zona al taglio dei boschi per la produzione di carbone. Paesino moderno a parte, il parco della fonte sacra merita davvero una visita.
Il monumento, risalente all’Età del Bronzo, fu scoperto per caso nel 1953 dai proprietari del fondo, durante dei lavori di terrazzamento agricolo. Nello stesso anno la Soprintendenza alle Antichità della Sardegna cominciò gli scavi, riprendendoli, in un secondo momento, tra il 1981 ed il 1986.
La costruzione è appoggiata ad una spaccatura posta tra due ripide pareti rocciose, dove è stata captata e incanalata la sorgente d’acqua che alimenta il pozzo. Il tempio è costruito interamente con blocchi di pietra lavorati a mano, squadrati e tagliati in modo obliquo nella parte in vista, con eccezione di quelli impiegati nei filari della parte alta della struttura: il timpano. Tali blocchi presentano appendici per la messa in opera ad incastri alternati, come quelli di un puzzle, che permettono di non usare leganti.
Il luogo di culto è composto da un vestibolo a pianta rettangolare, che va allargandosi verso l’esterno, pavimentato con lastroni di trachite, combacianti perfettamente gli uni agli altri e disposti in lieve pendenza. Sui lati di questa prima stanza vi sono due banconi, composti da blocchi di pietra affiancati gli uni agli altri, al di sopra dei quali si aprono due cassette rettangolari, ricavate nello spessore dei muri portanti. Questi ultimi si restringono verso l’alto. Ciò viene anche sottolineato dal taglio obliquo dei conci leggermente sporgenti uno sull’altro, creando, così, una linea di contorno dentellata.
La copertura del vestibolo è data da due archetti monolitici larghi e bassi, inseriti in una struttura a triangolo acuto, che prolunga il restringimento verso l’alto della parete interna dei due muri.
Dall’atrio attraverso una piccola scaletta trapezoidale di quattro gradini, legati tra loro mediante incastri con verghe di piombo nelle giunture per evitare la dispersione delle acque, si arriva alla tholos che raccoglie l’acqua sorgiva.
Questa costruzione ha un diametro di base di 0.9 m e con undici filari arriva ad un’altezza massima di 1,82 m., dove ha il suo diametro minore di cm. 26. La base del pozzetto è lastricata, con una leggera pendenza verso l’ingresso, che ha, verso sinistra, una piccola vaschetta circolare per la decantazione, in cui l’acqua si libera dalle impurità.
Le acque traboccanti dal pozzo scorrono in un solco, scavato al centro della soglia, riversandosi in una piccola conca sottostante e, successivamente da lì, in una canaletta incisa nel lastricato del vestibolo, percorrendolo per tutta la sua lunghezza in senso obliquo da sinistra a destra.
Una copertura a doppio spiovente ricopre il tempio e termina con una doppia gronda. L’interno della copertura è dato da un riempimento di lastrine di pietra scistosa sovrapposte.
La facciata, che doveva misurare m. 6.85, ha un timpano a triangolo acuto, sottolineato da una doppia cornice, che termina alla base, ripiegando verso l’interno del timpano stesso. Quest’ultimo terminava con un fastigio tronco piramidale che in prospetto rappresentava l’apice della cornice del timpano, mentre nella parte superiore piana aveva infisse venti spade bronzee, fissate con colate di piombo.
L’area antistante al tempio è delimitata da un muro di pietra assai irregolare, di andamento curvilineo, che ha due nicchie e mensole.
Sotto il recinto vi è un pozzetto, che raccoglie le acque del pozzo maggiore attraverso una canaletta scavata in un blocco di basalto, di cui riproduce la forma, ed è alto 90 cm. e profondo 65 cm. Anche in questo caso è presente una fossetta di decantazione, che ha l’imboccatura sovrastata da un archetto basso e largo. Anche all’interno di questo pozzetto sono stati trovati numerosi oggetti votivi metallici, che vanno dai bronzetti alle armi.
Nell’area circostante, sul lato sinistro del tempio e su quello destro, vi sono due ambienti utilizzati come vani di disimpegno e come deposito delle offerte. Oltre il recinto esterno, nell’angolo del lato destro, vi è un bancone, sopra il quale è stata realizzata una piccola nicchia.
Nell’area esterna, poi, sono state individuate opere di canalizzazione che convogliavano l’acqua del pozzo sacro a valle. Senz’altro il monumento è in stretta relazione col vicino nuraghe S. Lulla e col villaggio, che si sviluppa a mezza costa verso il versante della Vallata di Marreri, attraverso la quale le popolazioni nuragiche della Valle dell’Isalle potevano raggiungere il luogo di culto. Sempre attraverso la medesima valle devono essere giunti i blocchi basaltici usati per la costruzione del tempio, dato che non è un tipo di pietra presente in zona.
Molto probabilmente, visti i ritrovamenti, si doveva venerare il potere salutare di questa acqua. Pare che i turisti tedeschi la usino ancora oggi per curarsi. Chi sa se le virtù terapeutiche attribuite a questa fonte nell’antichità non abbiano un fondo di verità… Fermo resta il fatto che, sebbene scettico, vi abbia bagnato una mano con numerose punture di zanzara e a fine giornata era passato il prurito e ogni loro segno. Vuoi vedere che…
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