
Retroscena di un trionfo: i segreti di Michael Phelps
di Fabio Giordano
“Mangiare, dormire e nuotare, è tutto quello che so fare” una delle sue più celebri citazioni basterebbe a descrivere personalità, traguardi e ambizioni di Michael Phelps, il più grande atleta olimpico di sempre, che alle ultime olimpiadi di Pechino è riuscito a conquistare ben 8 medaglie d’oro, stabilendo il record assoluto di ori conquistati in una singola edizione dei giochi. Inoltre con ben 14 ori olimpici totali, 6 ne aveva infatti conquistati nell’edizione precedente, è diventato anche l’atleta con più medaglie d’oro complessive, superando il primato di 8 appartenuto a Carl Lewis, Mark Spitz , e alla ginnasta sovietica Larisa Latynina oltre che al fuoriclasse finlandese del fondo Paavo Nurmi.
Ma dietro all’exploit di quest’ultima olimpiade non c’è solamente talento immenso, fisico straordinario ( 193 cm per 84 kg di peso) o estrema forza di volontà e resistenza che gli hanno permesso di gareggiare in diverse discipline, mantenendo standard di concentrazione pressoché inalterati, impresa già di per sé titanica a questi livelli. Non si tratta nemmeno della famigerata dieta da 12.000 calorie giornaliere, composta per la maggior parte da carboidrati, pasta pane e bevande energetiche, sei volte superiore alla quantità standard dettata dal fabbisogno quotidiano medio di un maschio adulto.
Pare che il nostro super atleta faccia uso anche di qualche “trucchetto”, nulla di illecito ovviamente e niente a che vedere con gli arcinoti super costumi, ma senza dubbio qualcosa di curioso. La nazionale olimpica statunitense ha utilizzato infatti per i suoi allenamenti un sofisticato software noto come Digital Particle Image Velocimetry (DPIV) , sviluppato dal dipartimento di ingegneria aerospaziale del Rensselaer Polytechnic Institute. Questo particolare programma, creato e sviluppato dal professor Timothy Wei, nasce per stabilire le rotte e tracciare le fasi di decollo e atterraggio degli Space Shuttle della NASA. La Particle Image Velocimetry infatti è un metodo ottico di misura globale del moto di un fluido, essa fornisce, in una determinata sezione di flusso, la proiezione del campo del vettore velocità istantanea sulla sezione stessa. In parole povere tramite complicati calcoli fluidodinamici si riesce ad analizzare alla perfezione il movimento di un corpo in una soluzione liquida.
Ma come può un programma di ricerca informatico tanto sofisticato essere utile alla preparazione dei nuotatori e come può questo complicato software per computer essere applicato ad un così diverso ambito? Vediamo nella pratica come funziona il sistema DPIV.
Prima delle sedute di allenamento viene preparata una vasca particolare, dove assieme alla normale acqua vengono versate delle particelle argentate (è necessaria una densità molto simile), che fungeranno da marcatore. Durante i normali allenamenti, svolti in queste piscine attrezzate, il computer grazie a dei laser speciali, traccia una mappatura dettagliata della scia lasciata dal nuotatore ad ogni movimento, e utilizza un algoritmo, basato su calcoli di fluido-meccanica per calcolare la forza impressa dal braccio degli atleti ad ogni bracciata. Il programma calcola velocità del nuotatore e spostamento d’acqua in ogni preciso punto della vasca. Con massima precisione è quindi possibile osservare quali movimenti siano stati più efficaci e quali meno, costituendo uno spreco di forze inutile.
Grazie ai dati ottenuti tramite questo sistema, il commissario tecnico Sean Hutchison è riuscito a correggere con assoluta esattezza anche i più piccoli errori nello stile di nuoto dei suoi atleti. Ovviamente per ritoccare questo tipo di difetti non è stato necessario solamente l’utilizzo di un computer avanzato, ma soprattutto forza di volontà e fatica di ulteriori ed estenuanti allenamenti, condizioni necessarie e imprescindibili all’ottenimento di qualunque risultato sportivo. Soprattutto quando si tratta di imprese titaniche come quella di Phelps.
Pare che per le prossime olimpiadi, appuntamento a Londra nel 2012, la squadra di ricercatori del Rensselaer Institute stia sviluppando ulteriormente il sistema, studiando lo stile di nuoto dei delfini per cercare di carpirne alcuni segreti utili al miglioramento della tecnica personale degli atleti.
Cosa resterà quindi a Ian Thorpe e Ryan Lochte, storici avversari di Michael? la risposta sembra essere una sola: le briciole.
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.