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Birra del Borgo: malti dal mondo, cereali laziali, acqua pubblica e ostriche

di Francesco Gozzi

 

 

Qualche lettore di Water(on)line si chiederà il perché di una rubrica sulla birra nelle pagine del nostro sito, ebbene l’acqua è uno degli elementi fondamentali per la preparazione di questa bevanda il cui gusto e corpo cambia in modo considerevole a seconda del tipo di acqua utilizzato.

Non è nostra intenzione (almeno per ora) raccontare la storia millenaria di questa straordinaria bevanda né di recensire in modo professionale un prodotto piuttosto che un altro prendendo in considerazione aspetto, aroma, corpo e gusto. Il nostro scopo è quello di portare all’attenzione di lettori, consumatori, curiosi, sia aspetti interessanti del ciclo produttivo che soffermarci sulla particolarità di alcune birre. Scopriremo quindi l’importanza degli ingredienti utilizzati, che spesso sono biologici o coltivati in loco, l’impianto di produzione che talvolta funziona con energie rinnovabili e alcune ricette originali per ottenere birre singolari che nulla hanno in comune con quelle commerciali della grande produzione.

Iniziamo questo viaggio nel mondo delle birre artigianali con la prima di una serie di interviste ad alcuni dei birrifici più rappresentativi del panorama birraio italiano.

 

Birra del Borgo è il primo micro-birrificio di cui vi racconteremo qualche curiosità. Nasce ufficialmente nel 2005 a Borgorose, un piccolo paese in provincia di Rieti, al confine tra Lazio ed Abruzzo nella riserva naturale dei Monti della Duchessa. E’ stata la passione a guidare Leonardo di Vincenzo che dopo alcuni anni di produzione casalinga e dopo aver viaggiato per l’Europa alla scoperta di stili birrai decide di “produrre in grande” e nel Vecchio Birrificio vedono la luce le prime birre che avranno un grande successo e faranno conoscere Birra del Borgo in tutto il mondo: la ReAle, la DucAle, la Duchessa. Nel 2010 viene poi inaugurato il Nuovo Birrificio di Spedino, poco distante da quello già esistente, che rimane laboratorio per le sperimentazioni e i progetti più originali. Vengono poi avviate anche collaborazioni internazionali come quella con Sam Calagione, birraio dello statunitense Dogfish Head ed inaugurato la “Birreria”, un brewpub all’ultimo piano di Eataly NY, in piena Manatthan dove i newyorkesi imparano ad apprezzare le birre artigianali made in Italy e quelle realizzate all’interno del locale.

 

Lo stand di Birra del Borgo a Sapore fiera 2012 (Rimini fiera)

Luciana Squadrilli, addetta stampa di Birra del Borgo, ha risposto alle nostre domande e Leonardo di Vincenzo, incontrato recentemente a Rimini durante la fiera “Sapore”, ci ha tolto qualche ulteriore curiosità.

 

Quante persone lavorano a birra del borgo? Ci sono altri birrai oltre a Leonardo?

Siamo circa 15 in tutto ma a vario titolo e con diversi ruoli, ci sono altri birrai e addetti alla produzione e al confezionamento, tra cui il capo-birraio Andrea Lecchini.

 

L’ impianto nel “nuovo birrificio” (che va a sostituire il precedente da cui siete partiti) quanti litri di birra riesce a produrre ogni cotta?

L’impianto ha una capacità di 2500 litri a cotta, ma si fanno anche due cotte al giorno!

 

Quante sono le birre della produzione “normale” (esperimenti a parte)?

Le birre “di catalogo” sono 27 all’anno cosi suddivise: 7 classiche, 4 stagionali, 12 bizzarre, 3 della linea trentatre + inbranata; le bizzarre sono però prodotte a rotazione e ne abbiamo fatte almeno una ventina in tutto, a cui vanno aggiunti i progetti speciali

 

Utilizzate ingredienti del solo territorio nazionale (magari coltivati in loco) o importate dall’estero malti e luppoli?

I luppoli al momento vengono dall’estero e sono di diverse provenienze, per i cereali invece stiamo iniziando ad usare soprattutto malti laziali anche in base all’adesione all’ a.bi.lazio (associazione birrai laziali) e comunque per alcune birre utilizziamo cereali “autoctoni” come l’enkir, il grano senatore cappelli o il farro della nostra zona. Per alcune birre poi usiamo prodotti italiani di pregio come le castagne di Montella, tabacco Kentuky toscano, mosto di Sangiovese Chiantigiano o telline del litorale romano che sono un presidio Slow Food. Attualmente stiamo lavorando anche all’individuazione di lieviti autoctoni selvaggi che diano un “tocco” unico alle nostre birre

 

Che requisiti devono soddisfare le vostre birre?

Essere buone prima di tutto, assolutamente prive di difetti e avere un certo equilibrio gustativo anche in caso di birre “estreme” e sperimentali. Poi ci piace sperimentare e fare prodotti originali e con uno stile piuttosto distinguibile, mantenendo un tocco di italianita’ anche nel caso di stili classici come quello belga o anglosassone.

 

L’acqua utilizzata per la birra è quella pubblica trattata con addolcitori o utilizzate una sorgente/pozzo propria?

L’acqua utilizzata è quella dell’acquedotto pubblico.

 

Tra le vostre birre ce n’è qualcuna che può considerarsi biologica?

Non ufficialmente perché soprattutto per i luppoli è difficile avere una certificazione. Spesso però i prodotti utilizzati sono biologici come per esempio l’enkir o l’uva passa utilizzata per la produzione della 25dodici, la nostra birra per le feste di Natale.

 

 

Quali sono le differenze tra le birre di produzione industriale e quelle artigianali/non filtrate/real ale che producete voi ? E quali sono gli eventuali accorgimenti da utilizzare da parte del consumatore per un corretto consumo finale del prodotto?

La differenza principale è che le birre artigianali non sono pastorizzate, questo vuol dire che si mantengono inalterate le sfumature di profumi e sapori dei diversi ingredienti e si hanno tantissime diversità possibili a fronte a volte di una non totale standardizzazione qualitativa: in sostanza ogni cotta è diversa ma noi cerchiamo di garantire una continuità qualitativa anche attraverso una serie di controlli chimici e sensoriali (panel taste interni) per monitorare la qualità della produzione.

Inoltre non si usano conservanti, per cui ufficialmente le birre artigianali hanno una durata più limitata nel tempo (data di scadenza a 18 mesi) anche se spesso le birre “invecchiate” si rivelano buonissime se ben conservate. Per quanto riguarda gli accorgimenti per le nostre birre, consigliamo di non berle mai a temperature troppo basse (mai sotto i 10 gradi, ma anche di più dipende dalla tipologia) per riuscire ad apprezzarle al meglio. In generale (con alcune eccezioni) le birre vanno servite con abbondante schiuma che ne esalta gli aromi, e nel bicchiere adatto per ogni tipologia (o nel teku standard da degustazione).

 

Quante sono le birre “sperimentali” oltre alla vostra normale produzione che dal 2005 ad oggi avete realizzato?

Tante, me ne vengono in mente almeno 2 o 3 solo nell’ultimo anno, tra cui quelle della linea “oude”, birre “standard” fatte maturare in botti di legno; inoltre molte birre della linea “bizzarre” nascono come sperimentali e poi entrano in produzione come per esempio la Perle ai Porci.

 

Riuscite a spiegare più nel dettaglio un ‘abbinamento alquanto singolare come quello tra ostriche e birra per la vostra “Perle ai Porci”? Cosa conferisce l’ostrica alla birra e in che parte del processo produttivo viene inserita? Viene adoperato il mollusco o il guscio?

Le ostriche, e quest’anno anche le telline, vengono immerse verso la fase finale della cotta, a una temperatura di circa 90 gradi, in una rete o recipiente metallico forato come in un’infusione, per circa 40-50 minuti. I molluschi sono immersi con tutto il guscio, e’ quello infatti che da’ l’apporto maggiore come aromi e mineralità alla birra. L’effetto finale infatti e’ un aroma molto particolare, marino, ma non nettamente “di mollusco” e un retrogusto salmastro piuttosto prolungato, molto piacevole e caratterizzante.

 

 

Guarda anche l’intervista sulle particolarità di “Perle ai Porci”

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Circa l'autore

Giorgio Triani

Sociologo, giornalista, consulente d’impresa.

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