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Il Seveso: un fiume di inquinamento e polemiche

Il Seveso: un fiume di inquinamento e polemiche

di Silvia Borsa

 

Fiume Nero. È questo l’appellativo che per anni i brianzoli hanno ironicamente usato per descrivere il Seveso. 52 Km di acque inquinate (si è guadagnato il 3° posto nella classifica dei corsi d’acqua più inquinati d’Europa) che attraversano la Lombardia dalla provincia di Como fino al Naviglio della Martesana. Un tempo luogo di divertimento, di pomeriggi assolati trascorsi tra nuotate e tuffi, ora resta solo un ricordo sbiadito, irreale, un presente dominato da scarichi abusivi ed eccessivo carico antropico lungo la sua asta. Inquinato più dall’uso civile che dagli scarichi industriali.

Seveso

Secondo uno studio Arpa Lombardia del 2009, infatti, le acque del fiume tra le città di Seveso e Bresso sono state classificate come scadenti, inadatte a qualsiasi tipo di uso. E questa tendenza non è nuova. Dal 1987 il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministero dell’Ambiente, dichiarò lo stato di elevato rischio ambientale. In seguito veniva approvato dalla regione il piano di disinquinamento del bacino idrografico dei fiumi Lambro, Olona e Seveso, che prevedeva, tra l’altro, interventi di depurazione al fine di ricondurre la qualità delle acque superficiali a livelli compatibili con la conservazione della vita acquatica e gli altri usi delle acque. Tutto ciò avviene in una zona nella quale non è solamente l’acqua a essere inquinata, ma anche la qualità dell’aria.

Cosa è cambiato 20 anni dopo? Tante idee e buoni propositi, ma poca azione. Dal 2006 è stato avviato il progetto “Contratti di fiume“, che coinvolge 46 comuni del bacino del Seveso,6 Enti Parco e Arpa Lombardia. Gli obiettivi fissati sono riassumibili in 3 azioni principali: caratterizzazione dei carichi inquinanti e miglioramento delle acque del bacino, definizione di interventi di riqualificazione e mitigazione del rischio idraulico, aumento della sensibilità e delle informazioni sul bacino. Alla luce dei disastri che ciclicamente toccano i diversi comuni della Brianza sembrerebbe che la strada da percorrere sia ancora molto lunga.

Seveso

C’è poi il problema dell’abnorme urbanizzazione che ha interessato le zone limitrofe al fiume Seveso. Bovisio Masciago è passata in meno di 100 anni da un 5% di territorio urbano a 68% nel 2006. In queste condizioni la permeabilità del territorio a margine dell’alveo è estremamente ridotta e questo fa sì che, in caso di pioggia, praticamente l’intera quantità d’acqua caduta dilavi nel Seveso, convogliata dai collettori urbani. Questo a sua volta è una delle principali cause di continue esondazioni e danni al territorio circostante, come quello verificatosi nel 2010, costato 70 milioni di euro di danni, la chiusura di una parte della linea della metropolitana, di alcune linee di tram e danni ingenti nei cantieri della nuova linea M5. Basti pensare che il fiume esonda da oltre 60 anni, e di soluzioni definitive al problema ancora non c’è traccia.

Progetto futuri? Spesso poco concreti. Ma c’è chi ha ancora qualcosa da dire a proposito. Un esempio è stata la conferenza tenutasi mercoledì 21 marzo 2012 a Cesano Maderno (MB) in collaborazione con VIVERE INSIEME- 6associazionix1percorsocomune “Il suolo: una risorsa non rinnovabile”. I due relatori, Manuel Beck dell’associazione Noi per Cesano e il giornalista Luca Martinelli, autore di “Le conseguenze del cemento“, hanno condotto il pubblico attraverso un quadro dettagliato della disastrosa situazione in cui verte la provincia di Monza e Brianza. Hinterlandizzazione e urbanizzazione massiccia hanno costituito il trend degli ultimi 10 anni, a discapito di spazi verdi, agricoli e del fiume Seveso, appunto. Il fatto che i comuni si finanzino cedendo suolo edificabile per pagarsi i servizi è indubbiamente un fattore determinante. A questo si aggiunge il ruolo delle banche, che concedono prestiti per progetti edilizi irrealizzabili, per la cui solvenza si rendono necessari investimenti in nuova urbanizzazione. Un circolo vizioso insomma.

È evidente che la soluzione non è a portata di mano. Cemento chiama cemento e l’inversione di tendenza è improponibile se i cittadini, in prima persona, non modificano il proprio atteggiamento verso la vita comunitaria. Gli obiettivi da raggiungere sono molti (edilizia di riconversione, riduzione degli indici di edificabilità, piani regolatori a vantaggio ambientale e pubblico) ma con collaborazione ed onestà sarà possibile cambiare una tendenza che fino ad ora ha ignorato i bisogni della natura e dei cittadini.

Circa l'autore

Giorgio Triani

Sociologo, giornalista, consulente d’impresa.

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