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Archeostorie. I celti e i liguri

di Michele Dall’Aglio

 

 

 

Affrontiamo Celti e Liguri insieme per il fatto che i secondi quasi sicuramente non sarebbero altro che gli eredi della prima ondata celtica in Italia, persa nelle brume del passato. Le affinità tra Celti e Liguri, d’altra parte, sebbene alcune differenze somatiche e linguistiche fossero già state rilevate dagli autori romani, sono tante e nell’area alpina e subalpina le due etnie si mischiarono formando delle tribù “celto – liguri”, come i Taurini del territorio torinese, o i Segusini della Valsusa.

L’acqua presso i Celti aveva numerosi significati ed era venerato nel druidismo in tutte le sue forme: la foce di un fiume rappresentava la vita eterna, la nuova creazione, la madre di tutte le origini, la memoria, il passaggio e il ritorno alla forma elementare; le fontane e le sorgenti erano simbolo dell’iniziazione e del sacrificio; l’attraversamento di acque simboleggiava il passaggio in un altro mondo e, quindi, il superamento di un confine sacro e teoricamente inviolabile.

 

 

Importante è tenere a bene a mente che presso questo popolo il legame tra elemento idrico ed il sole era molto stretto e che le ninfe, chiamate nel medioevo “fate”, abitanti delle sorgenti e nei corsi d’acqua per lo più erano figlie dell’astro celeste. A tali divinità venivano offerte armi come le spade, che simboleggiavano i raggi solari fecondatori delle acque e della terra. Queste armi, poi, secondo la tradizione, venivano donate dalle ninfe, o fate, agli eroi, che dovevano affrontare grandi prove o che si erano distinti per valore e coraggio. Un esempio di ciò lo ritroviamo nel ciclo di re Artù con gli episodi legati ad Excalibur, la spada fatata che proteggeva e rendeva invulnerabile chi la impugnava. Il re, insieme a Merlino “… si trovarono sulla riva di un lago vasto e ameno, dal quale videro emergere un braccio rivestito di sciamito bianco: esso terminava in una mano che stringeva una magnifica spada… in quel momento una donna passava sul lago, il re chiese chi fosse.

<< E’ la Dama del Lago; sul fondo di questo specchio d’acqua si trova una caverna che ha l’interno decorato con tale ricchezza da renderlo la residenza più piacevole del mondo – Gli spiegò Merlino – Ora la dama si avvicinerà; allora voi dovrete pregarla cortesemente di darvi la spada.>>” (T. MALORY, Storia di re Artù e dei suoi cavalieri, vol. I, Milano, 2007, p. 40). La medesima spada doveva essere rigettata in acqua da ser Bedivere secondo gli ordini del re in punto di morte, ucciso dal proprio figlio, ucciso da Artù medesimo, durante la battaglia di Salisbury “… ser Bedivere… la (Excalibur) scagliò più lontano che potè. Allora vide un braccio e una mano sorgere dall’acqua, afferrarla stretta, brandirla tre volte e poi inabissarsi con l’arma.”( Ibidem, vol. II, p. 711). La stessa tradizione, seppur con la differenza che chi getta l’arma in acqua è ser Giflet, si ritrova nei romanzi della Tavola Rotonda del ciclo bretone.

Sempre simbolo solare di fecondità legato alle acque è quello del calderone, utilizzato per scaldare l’acqua e cuocere la carne. In questo caso il sole era anche visto come guardiano del focolare e protettore della casa e della famiglia. Il calderone era anche un simbolo del grembo materno e della terra, che procurava il cibo all’umanità.

Inoltre particolare oggetto di culto erano le acque salutari. Queste, quelle termali e quelle assai limpide e chiare erano messe in relazione con il sole e con la vista, ritenendo che potessero curare gli occhi. Per ciò non deve stupire che in santuari legati alla salute siano presenti dediche a Belenus, l’Apollo celtico.

 

 

Purtroppo è assai raro trovare tracce dei santuari celtici, soprattutto in Italia, dal momento che, spesso, i culti continuavano a vivere anche in età romana e, appunto in quest’epoca, avveniva la monumentalizzazione vera e propria dell’area, che fino ad allora tutt’al più consisteva in costruzioni di legno.

Conseguentemente, ci dovremo accontentare delle notizie ricavate dalle fonti letterarie e ribadire per i Liguri ed i Celti una religiosità dell’elemento idrico strettamente connessa al sole e alla natura, in cui l’offerta di oggetti preziosi come le armi, veniva gettata direttamente nelle acque di un fiume o di un lago.

Circa l'autore

Giorgio Triani

Sociologo, giornalista, consulente d’impresa.

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