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Hockey subacqueo: una passione ‘mozzafiato’

di Rosanna Troìa

 

 

Intervista a Peppe Salone, atleta della H.s.d. Parma e della nazionale italiana di hockey subacqueo

 

Col fiato sospeso. E non si tratta di una metafora quando si parla di hockey subacqueo. Un breve respiro in superficie e poi giù verso il fondo, su quel campo di battaglia che sfida la tridimensionalità. Difficile anche solo da immaginare, ma per Peppe Salone, giocatore della H.s.d. Parma, non è poi così strano: “Sono un amante del mare, facevo nuoto libero, ma è un po’ noioso farlo da soli. Quando sono arrivato a Bologna e mi hanno proposto di provare l’hockey subacqueo ho avuto la stessa reazione di chi ne sente parlare per la prima volta: ho riso. Poi però mi sono ritrovato a giocare un torneo per principianti e mi sono davvero divertito”.

Già, perché in Italia è uno sport ancora poco diffuso essendo arrivato nella nostra nazione appena 15 anni fa. Ma le sue origini risalgono all’Inghilterra, quando nel 1954 un sub inventò questa variante dell’hockey che pian piano, oltrepassando i confini della Gran Bretagna si diffuse in tutto il mondo.

 

La cosa curiosa è che inizialmente si è esteso a tutte quelle nazioni che hanno una forte tradizione nel rugby, probabilmente perché sono paesi in cui vanno di moda gli sport più strani e la gente è curiosa di provare” spiega Peppe “Dall’Inghilterra ha poi viaggiato fino all’altra parte del mondo, alla conquista di Sudafrica, Australia, Nuova Zelanda, Stati Uniti, Canada e Colombia. In Europa – aggiunge – si è insidiato in Spagna, una tra le nazioni più forti, Francia, Olanda, Belgio, Croazia, Slovenia, Ungheria, fino ad arrivare in Italia, a Bologna, nel 1997”. Già, perché il capoluogo emiliano è stato un po’ la culla dell’hockey subacqueo nazionale importato dai cugini francesi; da Bologna, teatro della prima partita ufficiale, il gioco raggiunge Parma, Torino, Catania e Roma, il Coni dovette così riconoscerlo come un vero e proprio sport e approvare il regolamento stilato dalla Fipsas (Federazione italiana pesca sportiva e attività subacquee).

 

 

 

Parma è giunta per seconda: i ragazzi bolognesi hanno spiegato a chi stava in acqua cosa fare. E’ da qui che è nata la H.s.d. Parma, che fa parte della Parmasub, società di subacquea sportiva storica della città ducale” e che adesso è una delle squadre più forti e conosciute, grazie anche alla Parmacup, il torneo internazionale che si svolge ogni anno in città e che sempre più si sta trasformando in uno dei tornei di riferimento di tutta Europa: “Quest’anno abbiamo dovuto dire di no ad alcuni club, erano già 25 le squadre partecipanti, 5 in più rispetto allo scorso anno. Abbiamo dovuto allestire due campi all’interno della piscina olimpionica di Moletolo ed è stato un gran successo”.

Le differenze con l’hockey tradizionale sono evidenti, a partire dalla dimensione nella quale si svolge e alle attrezzature: “L’obiettivo è fare goal. I giocatori in campo per una squadra sono sei, contro altrettanti avversari e ognuno, vista l’assenza del ruolo del portiere, dovrà cercare di difendere la propria porta”. Ma le principali difficoltà in acqua, come spiega Salone, sono sia la visibilità, sia la comunicazione tra compagni. “In acqua l’impatto visivo è importante: riusciamo a riconoscerci perché si gioca con calottine bianche contro le nere e anche le mazze sono di un solo colore per squadra, mentre l’arbitro indossa una cuffia gialla. Ma la cosa fondamentale è lo spirito di gruppo. Devi essere bravo a comunicare con i tuoi compagni perché sei in un ambiente in cui fisicamente non può esserci un dialogo, non ti sente nessuno, non puoi parlare, non puoi richiamare l’attenzione. Una squadra forte è una squadra ben organizzata, molto unita, che sa bene dove stare e come muoversi. L’affiatamento in questo sport è ancora più evidente. Se c’è un compagno che sta giù, devi aiutarlo e difendere il possesso del disco per dargli la possibilità di andare a riprendere fiato, in acqua è tutto più difficile”.

 

 

Peppe non riesce a contenere la passione e l’entusiasmo: “E’ uno sport tridimensionale, in acqua sembra di volare, puoi muoverti in ogni direzione, ma il coefficiente di difficoltà in più è l’apnea. A volte, quando le fasi di gioco si fanno complicate e cresce l’agonismo, ti capita quasi di dimenticare di dover respirare! Ma noi non siamo degli apneisti e per di più la nostra è un’apnea dinamica, il battito cardiaco è molto accelerato. Ma nonostante si possa arrivare ad intensissimi momenti di tensione con gli avversari, fuori dalla vasca si è molto uniti, questo anche grazie al fatto che ci consideriamo ancora uno sport di nicchia, praticato da pochi, per cui è sempre piacevole condividere la passione anche con gli avversari. Un po’ come il terzo tempo del rugby, dopo i tornei è diventato tradizione il party, un modo per poter scaricare le tensioni divertendosi”.

L’hockey subacqueo non può di certo essere considerato uno sport che conta sui finanziamenti degli sponsor, anzi sono molte le realtà autogestite e autofinanziate e gli interessi economici non hanno corroso quello che è uno sport “non ancora contaminato” come lo definisce chi lo pratica, che scherza: “Ho sempre pensato che non è uno sport per chi lo guarda, ma per chi lo fa!”.

 

 

Uno dei motivi è dato dal fatto che per assistere alle partite e a ciò che succede sul fondo della piscina, le società dovrebbero necessariamente mettere a disposizione delle telecamere per effettuare riprese subacquee da trasmettere su maxi-schermi che consentirebbero agli spettatori di ammirare lo spettacolo, ma ciò comporterebbe delle spese che non tutti i club possono sostenere.

 

L’Italia è ancora agli albori, ma i numeri crescenti e la presenza anche di molte donne “che sanno difendersi molto bene sott’acqua”, fa sperare in una crescita di questo curioso sport, anche a Parma, che l’anno scorso si è aggiudicata il titolo di campione d’Italia alla fine di quello che è il campionato nazionale, articolato in quattro tornei giocati durante l’anno, con finale a Lignano e che premia la squadra che arriva in testa alla classifica. “In Italia saranno quasi una quindicina di squadre a partecipare, 150 o 200 atleti in tutto. Sono squadre miste, perché i numeri di giocatori nel nostro paese non raggiunge cifre tali da poter istituire due campionati paralleli suddivisi per genere, come invece accade per i campionati mondiali ed europei”, aggiunge Salone. Ma ciò non sembra dare fastidio a chi si dedica da anni a questo sport, dedicando tempo e attenzioni ad una passione che toglie il respiro.

 

 

Circa l'autore

Giorgio Triani

Sociologo, giornalista, consulente d’impresa.

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