
Pollino: un terremoto da 2.200 scosse. Che però non fa notizia
di Francesca Bloise
Paura e solitudine. Sacrifici andati in fumo e ancora tanto terrore. Sono questi i sentimenti che traspaiono negli sguardi degli abitanti del Pollino da circa un mese. Un mese lungo, diluito quasi all’estremo nel segno del terrore. È passato ormai un mese appunto, da quella notte infernale del 26 ottobre 2012. Gli abitanti del Pollino non la dimenticheranno facilmente. Ore 01:05 la terra inizia a tremare, magnitudo 5.3, 11 lunghi e interminabili secondi sconquassano gli abitanti di queste zone. Era una notte ancora giovane, appena iniziata che durerà un’eternità. Era una notte calma, con il cielo stellato ma fredda, una notte sconvolta dalle urla, dai pianti di grandi e piccoli, dal panico totale, una notte in strada con coperte o in giro in auto in cerca di calma. Le scosse continuano, le fonti ufficiali ne riportano 4, ma chi ha vissuto quelle ore ci dice che la terra non ha mai smesso di tremare. E per dire il vero non era la prima volta che la terra sul Pollino tremava. Da oltre due anni l’area tra Basilicata e Calabria, è stata interessata da un continuo sciame sismico che ha registrato oltre 2.200 scosse. Molte sono state inferiori a magnitudo 2 della scala Richter ma tante altre hanno oscillato tra i 3 e i 4 gradi e ben sei hanno superato la soglia del quarto grado. Gli abitanti di quelle zone avevano un po’ imparato a convivere con le scosse ma quella notte non l’avrebbero mai voluta vivere.
A distanza di un mese i riflettori mediatici si sono ormai spenti, i telegiornali nazionali non ne parlano più e così le radio e i quotidiani, il terremoto del Pollino è una notizia ormai passata. L’informazione è così folta e così veloce da rendere una notizia subito vecchia e subito spazzata via da un’altra. Non si fa in tempo a parlare del terremoto che già ci troviamo di fronte ad un altro evento, ad un altro dramma che ha bisogno di essere al centro dell’informazione. La corsa ad accaparrarsi le prime immagini, le interviste, le esclusive è durata soltanto una breve settimana, quasi come se nell’arco di 7 giorni la situazione fosse migliorata. Purtroppo non è così. Campagne di solidarietà e di raccolta fondi che non sono mai partite, nessuno si è fatto carico di questo, nessuna associazione e nessuna trasmissione televisiva.
Mormanno, nel cosentino, il paese più colpito. Il terremoto di quella notte non ha provocato fortunatamente né morti né feriti ma la situazione è drastica. Molti edifici sono danneggiati e dichiarati inagibili, 150 persone hanno dovuto lasciare la loro casa e le attività del centro storico non riescono ad aprire. Otto chiese su dieci sono state chiuse. Il duomo di Santa Maria del Colle, cattedrale barocca del 700, è gravemente danneggiato, e secondo gli esperti si sta spostando in avanti, perciò tutte le opera d’arte presenti sono state raccolte e messe in sicurezza. L’ufficio postale è stato dichiarato inagibile ed è stato chiuso. Al momento è presente una postazione mobile di poste italiane e un container dove è possibile effettuare tutte le operazioni. Il bilancio però non è ancora concluso: anche l’ospedale, fiore all’occhiello della provincia per la riabilitazione fisica e cardiologica, è stato chiuso. Subito evacuato la notte del 26 non è stato più aperto per motivi di sicurezza. La zona circostante, nell’immediato, si è trasformata in una base dei soccorsi: le auto dei parenti in visita e delle ambulanze sono state sostituite da autobotti, jeep e camioncini dei soccorsi stessi. E del turismo locale cosa ne sarà? Le manifestazioni che attirano turisti a Mormanno sono tante, a partire da “Perciavutti” festa del vino, che si sarebbe dovuta tenere il 6 e il 7 dicembre, subito annullata, la gara di canoa, la festa del bocconotto (dolce tipico del paese) rischiano di diventare un lontano ricordo. Le strutture turistiche del territorio erano al completo ma le disdette sono arrivate una dopo l’altra. Non ci sarà più nessuno.
Sono questi i dati inquietanti di quella mostruosa notte. La gente per giorni e giorni ha dormito in auto o in alloggi di fortuna, in campagna presso parenti e amici. Scetticismo e diffidenza nei giorni immediatamente dopo il 26 nel dormire presso la palestra comunale allestita a centro di accoglienza con ben 40 posti letto. I mormannesi erano terrorizzati al sol pensiero di mettere piede tra le mura domestiche e tantomeno nel dormire in una struttura, si sentivano più sicuri in auto e chi dormiva in campagna lo faceva vestito, pronto a scappare all’arrivo di una eventuale scossa. I discorsi tra le persone sono sempre gli stessi, tra amici, parenti, all’entrata nei negozi o nelle lunghe telefonate ricevute: si parla di terremoto, terremoto e ancora terremoto e di quegli orribili secondi. Il trauma è vivo negli animi, il tempo che è passato è poco ma tutti sanno che sarà difficile da superare. Si è diffusa in tutto il paese una vera e propria ansia da terremoto: la gente non riesce a chiudere occhio, è sempre in allerta, ad ogni minimo rumore si scatena il panico. Tutti sono sotto stress, sono ansiosi e hanno paura che quello che è accaduto si possa ripetere di nuovo e con una più forte intensità.
Dopo aver verificato le condizioni degli edifici scolastici, si è deciso però di riaprire le scuole per iniziare un lento ma importante cammino verso la normalità, ma inizialmente il tasso di assenze è stato alto soprattutto nella scuola dell’infanzia. Molti genitori hanno preferito tenere vicino i loro figli e non mandarli a scuola.
È Striscia la Notizia a ritornare sul posto. Striscia mostra la sua sensibilità al problema e riaccende i riflettori su quelle che sono le conseguenze dello sciame sismico ormai ignorato dalle cronache nazionali. Il servizio di Luca Abete, è crudo, mostra i segni lasciti dal terremoto, entra nelle zone a maggior rischio per toccare con mano le difficile situazione. Ricci e i suoi inviati sono stati gli unici a dar voce al sentimento di rabbia dei mormannesi, sempre più abbandonati ad un destino incerto e che fa paura.
Il terremoto purtroppo non finisce quando la terra smette di tremare, continua nella quotidianità dei terremotati, è un sisma silenzioso che corrode la loro vita, giorno dopo giorno. La terra però trema ancora, lo sciame continua, in realtà non si è mai fermato. Le difficoltà persistono e i paesi rischiano di spopolarsi, di diventare paesi fantasma, quasi da scene horror. C’è chi ha deciso di lasciare tutto e partire, chi vuole e deve restare e osserva silenziosamente gli altri andare via vedendo sfumare la speranza che prima o poi tutto potrà tornare come prima.
Il cammino verso la normalità intrapreso dai mormannesi sarà lungo e difficile, ma loro non si vogliono arrendere. Non vogliono vedere il loro paese morire giorno dopo giorno. Non vogliono perdere i sacrifici di una vita. Non vogliono troncare le loro origini. Sono forti e decisi. Mormanno, anche se ci vorrà un po’, ritornerà come è sempre stato. Il primo a non mollare tutto e a dare forza ai suoi concittadini è il sindaco, Guglielmo Armentano, che ringrazia quanti sono intervenuti e hanno mostrato solidarietà nei giorni seguenti al sisma, e sprona i mormannesi dicendo loro: “Siamo un popolo “tosto” e il terremoto non ci farà morire!”. C’è bisogno di altro però per questa popolazione, c’è bisogno di aiuti concreti che permettano alla macchina della ricostruzione di avviarsi e partire.
Secondo, Gabrieli, il capo della Protezione civile, “non c’erano le condizioni per dichiarare lo stato di emergenza”. Ma i sindaci, insieme al presidente del Parco del Pollino, Domenico Pappaterra, si sono subito opposti a queste dichiarazioni costituendo un Comitato interregionale tra i comuni lucani e calabresi colpiti dal sisma. Hanno bussato alla porta dello stato centrale, chiedendo un veloce e necessario intervento. I danni riguardano sia il patrimonio privato che pubblico, ma quello che preoccupa le autorità è il rischio di una crisi psicologica dei cittadini. La delegazione dei sindaci ha incontrato il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Antonio Catricalà, che ha preso coscienza che lo stato dei luoghi colpiti è ben più grave di quello presentato nei giorni successivi al terremoto e pertanto ha chiesto al Governo la proposta di deliberazione dello stato di emergenza per il Pollino. I sindaci e tutta la giunta regionale erano agguerriti e pronti ad aprire un serrato confronto per favorire la loro causa. Il terremoto al sud non può e non deve essere considerato un terremoto di serie b, c’è bisogno di aiuti per ricominciare, c’è bisogno che se ne parli e che tutto non finisca nel dimenticatoio. Nei giorni scorsi è arrivato finalmente il nulla osta, lo Stato ha dichiarato lo stato di emergenza per le zone del Pollino colpite dal sisma del 26 ottobre.
Questo è un primo e decisivo passo che però non basta. È necessario mettere in campo un piano di comunicazione che permetta di rilanciare queste zone, le strutture ricettive non hanno subito danni e si è pronti ad accogliere i turisti. Le bellezze paesaggistiche di questa terra non possono essere messe da parte, c’è un Sud che nasconde meraviglie e segreti che sono tutti ancora da scoprire e che non possono essere seppelliti dalla paura per il sisma.
Giuliani subito dopo la scossa del 26: “In arrivo un’altra forte scossa”. Il panico dilaga. Ma i terremoti si possono davvero prevedere?
Il geologo del Cnr Carlo Tanzi ritiene che è giusto e essenziale fare delle precisazioni sul dibattito sulla prevedibilità dei terremoti. Egli dice: “Sul Pollino il fenomeno è ancora in evoluzione, lo sciame sismico non è finito. Ma nessuno può dire se assistiamo agli ultimi scricchiolii o se ci potranno essere rotture più importanti. Non c’è alcun modo scientifico per prevedere i terremoti, e nonostante in altri Paesi come Usa e Giappone siano molto più avanti rispetto all’Italia sullo studio e la prevenzione dei terremoti, lì nessuno si sogna neanche lontanamente di prevedere i terremoti”. Il geologo prova a spiegare in modo semplice la situazione del Pollino: è come se avessimo una stecca di legno che dopo essersi incurvata si è scheggiata e ha tante piccole lesioni. Ad ogni lesione e scricchiolio corrisponde una scossa e una propagazione di energia. È normale che una volta innescato questo processo è difficile che si plachi in breve tempo. Le lesioni aumentano e così le scosse, nessuno però ci potrà dire se l’energia tenderà a diluirsi pian piano attraverso piccole scosse o arriverà il momento in cui questa energia esploderà attraverso una scossa di forte intensità.
Il riferimento a Giampaolo Giuliani è evidente, Tanzi fa soprattutto riferimento all’intervista rilasciata da Giuliani il 26 ottobre a Panorama in cui diceva che “entro 24, 48 ore si potrebbe verificare una scossa anche più forte” rispetto alla magnitudo 5. Sono passate intere settimane, e sul Pollino si sono verificate sì altre scosse, ma tutte più deboli. La previsione di Giuliani è stata evidentemente un flop. La gente sul Pollino è andata nel panico più totale, chi si era convinto a ritornare in casa ha preferito rinunciare. Il suo atteggiamento è deplorevole dice Tanzi. Il messaggio che passa attraverso la voce di Tanzi ma che raccoglie quella di tutti i suoi colleghi, è un messaggio chiaro e semplice: “L’unica cosa che si può fare per i terremoti, è educare la gente e fare prevenzione, perché a prescindere dalla data precisa, sappiamo quali sono le zone a rischio e quindi quelle in cui le scosse si ripeteranno sicuramente, prima o poi. Dobbiamo quindi attrezzarci e costruire case capaci di resistere ai terremoti, perché se siamo sicuri della qualità della nostra abitazione, non abbiamo il problema di prevederli. In Giappone terremoti di magnitudo 5.0 come quello sul Pollino non fanno neanche notizia”.
I terremoti non si possono prevedere ma si possono combattere. La cosa essenziale è che gli abitanti delle zone sismiche, che sono molte in Italia, debbano essere educate nel giusto modo e saper reagire con criterio ad eventuali scosse. L’unico modo per essere pronti ad una nuova scossa è saper muoversi e comportarsi secondo le norme. La prevenzione perciò è l’arma più potente e più efficace contro il sisma. Essa può essere l’unica ed effettiva strategia contro il terremoto. Ci sarebbe bisogno perciò di una informativa di prevenzione su larga scala. Pianificazioni dettagliatissime delle evacuazioni post-sisma dovrebbero essere pronte per l’utilizzo in ogni comune. Un altro fattore molto importante è puntare sull’edilizia antisismica, non solo un’edilizia strutturale ma che coinvolga anche le tubature e i cavi elettrici. Questo è un tasto dolente per l’Italia e per il meridione soprattutto. La zona colpita infatti era costituita da palazzi antichi, di vecchia data che purtroppo non hanno retto alla forte intensità. Santa Filomena, nel centro storico è stata la parte più colpita di Mormanno. Piacerebbe a tutti prevedere i terremoti ma purtroppo nessuno è in grado di farlo.
Marco Mucciarelli, docente di Sismologia Applicata alla Facoltà di Ingegneria dell’Università della Basilicata, dice che il numero delle scosse quotidiane nel Pollino si impenna ad intervalli di tempo che tendono di volta in volta a dimezzarsi. Se il trend verrà confermato, si registrerà una nuova impennata del numero di scosse. Il punto è che non è possibile sapere se il trend verrà confermato o meno.
L’ Ingv (Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia) illustra le caratteristiche dell’area, esse sono tali da generare una scossa di magnitudo fra 6 e 7. Quando e se si produrrà, ovviamente, non lo sa nessuno. Così come nessuno sa se davvero si verificherà proprio nel Pollino o altrove, il forte terremoto nell’Italia meridionale che gli esperti si attendono col 70% di probabilità entro due anni. Solo il tempo ci dirà se anche stavolta il Pollino seguirà la “regola” del tempo dimezzato fra uno sciame e l’altro.
Le voci corrono veloci. È possibile che alcuni interventi dell’uomo possano aver favorito o addirittura causato il terremoto?
Le dichiarazioni del prof. Alessandro Guerricchio, docente di geologia applicata presso la facoltà di ingegneria dell’Università della Calabria sono chiare e nette. Iniziano i sospetti, dilaga il vociferare di una consapevolezza tenuta nascosta. Secondo il docente,come l’esperienza insegna, nelle aree in cui sono presenti dei bacini artificiali e conseguenti sbarramenti di acqua, si verificano continuamente terremoti. Per il momento si tratta solo di una teoria che richiede ulteriori indagini.
È questo il tarlo che si insinua nella mente dei mormannesi. Ma cosa centra tutto ciò con il terremoto?
Da circa 15 anni, a Mormanno, in località Pantano, è presente un bacino artificiale costruito dall’Enel per il convoglio dell’acqua che, scendendo poi a valle, produce energia. Una fonte quindi rinnovabile, che non inquina e una grande risorsa per il territorio.
Ma è a partire da qui che nascono alcuni sospetti. La presenza del bacino può aver favorito il sisma? Secondo Guerricchio si. Il terreno del Pollino è un terreno roccioso, composto da rocce dure, di due tipi molto diversi tra loro che non tendono a legarsi, ma ad avere una conseguente instabilità basata essenzialmente sull’attrito e l’incastro.
Questo fattore favorisce già una maggiore tendenza alla sismicità. Con una presunta infiltrazione di acqua nel terreno, nonostante la superficie del bacino venga precedentemente bonificata e resa impermeabile, è ovvio che la situazione diventa più rischiosa, se la teoria proposta dal docente fosse vera. Le infiltrazioni intervallandosi tra i due tipi di rocce, in presenza di una faglia attiva, fungono quasi da “lubrificante” tra i due microsistemi determinando un loro slittamento e una conseguente sovrapposizione.
Tutto ciò potrebbe accentuare il movimento delle rocce e quindi far aumentare il già presente rischio sismico. Per il momento l’UDC di Morano ha proposto lo svuotamento a scopo cautelativo del bacino affinché si possa procedere ad una osservazione precisa e puntuale della superficie e del fondo che occupa l’invaso.
A far aumentare la preoccupazione delle persone del posto le voci, che negli ultimi giorni corrono veloci come la luce, di una eventuale consapevolezza da parte dell’Enel, da circa due anni, della presenza effettiva di infiltrazioni d’acqua nel terreno. Sono solo voci per il momento, ma che spaventano e preoccupano i mormannesi. Se davvero così fosse, qualcosa si sarebbe potuto evitare? Si poteva effettuare un’opera di prevenzione? C’è un minimo di “colpevolezza” da parte dell’uomo attraverso i suoi interventi sul territorio?
Dubbi che persistono nella mente di questi cittadini e che si aggiungono alla già difficile ripresa, alla difficile presa di coscienza che qualcosa è cambiato da quella maledetta sera ma che grazie alla loro dignità e alla loro forza non permetteranno mai a Mormanno di morire.
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