
La lenticchia mormannese: un piccolo passo verso il recupero della biodiversità
di Francesca Bloise
«Una ragione culturale più che colturale». Solo chi ha ampie vedute può spingersi oltre e fare la differenza. Credendo nel proprio territorio, nella sua cultura e biodiversità. Cioè il binomio che può fare la differenza, su mercati sempre più globalizzati e nei confronti di un consumatore in cerca di varietà e qualità. Difendere e valorizzare, dunque, la biodiversità non significa soltanto mantenere e proteggere la qualità della vita ma anche l’economia delle comunità locali. In uno sforzo di riduzione della filiera produttiva che deve andare di pari passo con la valorizzazione di stili di vita e di consumo conformi al territorio.
Questo in estrema sintesi è ciò che si propone la Fondazione Slow Food per la Biodiversità Onlus nella realtà di. Mormanno: piccolo borgo nel cuore del Pollino che ha deciso di “riabilitare” un prodotto del territorio che stava andando perduto, la lenticchia. «Il suo ritrovamento è avvenuto quasi per caso», dicono i tecnici dell’ARSSA (Agenzia Regionale per i Servizi di Sviluppo Agricolo della Calabria). Essi hanno recuperato, presso alcuni agricoltori che l’avevano conservata per uso proprio, piccole quantità di lenticchie, appartenenti alla specie “microsperma” a semi piccoli. Questo ritrovamento è stato il punto di partenza del progetto finalizzato al rilancio della coltivazione, in collaborazione con l’Istituto di Genetica Vegetale (IGV) del CNR di Bari, e dell’Istituto Sperimentale per l’Orticoltura di Pontecagnano.
In passato ogni famiglia mormannese produceva circa 20 chili di lenticchie. Una volta pulite, le lenticchie erano destinate alla vendita al mercato cittadino e all’autoconsumo. Purtroppo da tempo non è più una risorsa economica per il piccolo centro, «ricopre soltanto un ruolo secondario nell’ordinamento culturale aziendale – riferiscono i tecnici dell’ARSSA, dopo aver raccolto informazioni sul territorio – la coltura ampiamente diffusa negli anni settanta, è andata man mano riducendosi fino alle coltivazioni sporadiche trovate nel 2005». Obiettivo principale è stato quello di moltiplicare la scarsa quantità di seme disponibile per le osservazioni sulla morfologia della pianta e delle rese. Proprio per la salvaguardia e la valorizzazione della coltura, è stato costituito un presidio per ridare un futuro a questa lenticchia, unica e di grande qualità.
«Il ritrovamento ha stimolato la realizzazione di un progetto mirante alla valorizzazione della lenticchia di Mormanno, passando anche attraverso la presa di coscienza da parte della comunità locale del valore storico – culturale di questo prodotto», un progetto, secondo il prof. Luigi Gallo dell’ARSSA, che mira si alla promozione del territorio ma che ha l’intenzione di volere passare da una situazione di oblio ad una situazione di mercato. Per Gallo «si sente l’esigenza di destinare terreni fertili alla lenticchia e considerare la coltivazione come principale in sistemi produttivi di larga scala», tutto ciò grazie anche ad un rilancio gastronomico di un ottimo prodotto dal punto di vista delle qualità organolettiche e nutrizionali.
“Osteria del Vicolo”, ristorante del posto, che da sempre si occupa di enogastronomia e turismo, ha deciso di accogliere la proposta con immenso entusiasmo. « Per noi significa poter proporre un piatto della tradizione, ottimo al palato nonché salubre, ma soprattutto un ottimo mezzo di promozione del nostro splendido territorio», Francesco e Vincenzo Armentano, titolare e chef del locale, hanno decisero di appoggiare il progetto e di portarlo avanti . Fu così che iniziarono a coltivare il seme nei loro terreni, ad un’altitudine di 1050 m, partendo da mezzo bicchiere di quantitativo. « Proponemmo la lenticchia nel nostro locale e riscosse un enorme successo», da lì, i due fratelli, decisero di costituire l’Associazione dei Produttori di Lenticchia di Mormanno, di cui la presidenza fu affidata a Francesco Armentano. Il tutto valse l’attenzione di Slow Food, marchio di tutela del legume e primo promotore di eventi importanti come il Salone del Gusto di Torino, dove l’Associazione è stata presenta quest’anno per la seconda volta.
«Tutto a mano. Un lungo e duro lavoro che fa sì che il seme si conservi integro e mantenga tutte le proprietà intatte, al fine di offrire una pietanza molto gustosa, che fa la differenza!», non facile la coltivazione, mi dice il sig. Armentano, ma più che in termini economici risulta appagante, per loro, nel compenso ideologico. I fratelli Armentano hanno deciso fin da subito di puntare e scommettere sulla lenticchia come promozione del territorio mormannese, avendo buoni risultati. Molti sono i clienti che vengono da fuori per gustare il legume e molti i compratori forestieri che si rivolgono direttamente ai produttori, che negli anni hanno deciso di investire e credere in questo prodotto tipico. «Ci sono vendite più fuori paese, i mormannesi reputano le lenticchie care, in quanto costano 12 euro al kg! Io vendo sia a persone di Mormanno e alcuni kg a commessi di fuori», la sig.ra Angela Paternostro, figlia di uno dei produttori, sottolinea come il prodotto sia apprezzato più fuori che nel proprio paese.
Lentamente anche i giovani si stanno avvicinando all’iniziativa, sono ancora pochi, ma qualcosa inizia a muoversi, vengono coinvolti dai più anziani a credere nel progetto ed aumentare la produzione. Molti degli associati però, secondo i fratelli Armentano, non hanno prodotto, e nemmeno hanno capito l’importanza del mezzo, ottimo per la divulgazione di una Calabria produttiva, non asservita, che conta solo sulle proprie forze fisiche ed intellettive.
La lenticchia, un legume povero ma buono e importante per la nostra dieta alimentare non può andare perduto. È un aiuto in più al mercato italiano dai prodotti semplici ma autentici, è un contributo alla rivalutazione delle tradizioni locali e al recupero di una specie rara che stava scomparendo. È un segno che l’uomo può fare qualcosa contro la crisi alimentare. È un piccolo inizio per poter recuperare in parte quello che l’uomo ha creato con le proprie mani, distruzione e scompiglio nella natura. Troppo tardi si è reso conto che questo processo correva più veloce di quanto si potesse pensare, un processo che ha portato inesorabilmente alla crisi della biodiversità. Ora sente, infatti, il bisogno e l’esigenza di riavere la diversità che la natura gli aveva dato. Certo non si può tornare indietro ma molto si può ancora fare, piccole iniziative come quelle intraprese dall’ Associazione di Mormanno sono vitali ed indispensabili. È un piccolo passo che significa tanto. Ogni bene ha il proprio habitat e la propria storia ed è bene che noi, uomini moderni, impariamo a dare a “Cesare quel che è di Cesare”.
La cucina locale è ricca di semplici ricette contenenti le lenticchie, la zuppa con peperoncino innanzi tutto. In passato era in uso consumare le zuppe di lenticchie senza usare il cucchiaio ma usando allo stesso scopo le calottine delle cipolle. La ricetta della zuppa di lenticchie con peperoncino è uno dei piatti che il ristorante “Osteria del vicolo” propone ai suoi clienti.
Ingredienti per 4 persone:
- 300 gr. di Lenticchie di Mormanno
- 1 spicchio d’aglio
- qualche fogliolina di prezzemolo
- peperoncino, pepe rosso in polvere (zafarana)
- origano, pane tostato o freselle
Procedimento:
Mettete le Lenticchie di Mormanno, dopo averle ripulite dalle impurità, in un colino a trama sottile e lavatele sotto l’acqua corrente. Quindi mettetele a cuocere in una pentola in acqua fredda. Dopo circa 20-25 minuti dall’ebollizione controllate la cottura, salate con sale grosso e lasciate in caldo nel liquido di cottura. In un tegame di coccio versate l’olio extravergine d’oliva e a fuoco basso fate rosolare l’aglio che avrete tritato in precedenza. Aggiungete con un mestolo la lenticchia già pronta e fate insaporire mescolando. Bagnate con il liquido di cottura e fate andare a fuoco lento per qualche minuto.
A questo punto aggiungete un filo d’olio extravergine d’oliva, il peperoncino, il pepe rosso in polvere, qualche fogliolina di prezzemolo, una manciata d’origano (preferibilmente quello selvatico) e una spruzzata di pepe nero. Aggiustate di sale e servite con qualche fetta di pane tostato o “fresella” su cui avrete versato un filo d’olio extravergine.
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