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Il verde pubblico, seconda parte: la rotonda di Salsomaggiore

di Malù Pagani 

 

salsomaggiore

Sempre rotatorie, rotonde, rondeaux e roundabout. Nel 2000 attraversai la Francia da Chamonix al Finisterre di Bretagna. Fu allora che ne feci conoscenza. Divertita, le guardavano con interesse, per me erano cosa nuova. Mi piaceva girarci proprio in tondo per vederle interamente. L’impianto del verde era sempre innovativo, sia in quelle di periferia delle grandi città che in quelle dei piccoli paesi sparsi per la campagna. Ognuna aveva la sua caratteristica ben studiata. Forse erano anche utili e funzionali, ma ciò non sta a me giudicare.

 

Rientrando in Italia scoprii che anche qui la moda si stava diffondendo. Ma erano i primi esperimenti e se ne vedevano di tutti i colori. Quella più pazza e indubbiamente pericolosissima la trovai a Parma vicina ai mercati: controllava un incrocio importante. Era interamente ricoperta di scarti di lavorazione del vetro. Erano blocchi azzurri, appuntiti e taglienti, fitti fitti, in attesa della vittima sacrificale. Infatti un piccolo incidente si poteva tramutare in tragedia, lo sfortunato catapultatondosi sopra si sarebbe ferito gravemente. Fu cambiata saggiamente ma ci vollero anni. Vivo a Parma quindi la mia città è nell’occhio del ciclone. Alla fine del ponte Italia ne sorge una stupenda in tutte le stagioni, tre cultivars sempreverdi ben tosati si coniugano perfettamente con ortensie bianche quercifoglie e formano una corona ben indovinata su questa collinetta (sì, la parte centrale è costituita da una piccola montagnola ben azzeccata). Ne vorrei conoscere l’artefice e il curatore per complimentarmi con lui.

 

L’altro giorno ero a Firenze vicino alla direttrice del giardino di Boboli, parlavo con una amica mia, si commentava il verde a Parma. Ha detto, riporto le sue testuali parole: “avete avuto una bellissima idea a ristrutturare il vostro storico giardino pubblico ma dovreste far pagare un biglietto per l’ingresso”. Già: pensiamoci, ci abitueremmo tutti a rispettarlo.

 

 

Sul torrente Parma c’è un ponte detto “di mezzo”: è un bel vecchio ponte che congiunge le due parti della città. Incastrati agli antichi cordoli in pietra verso l’esterno hanno creato de grossi sostegni in ferro per reggere delle fioriere in plastica. Neanche in estate i geranei zonali che vi si trovano riescono a coprire la bruttura dell’impianto, del quale si segnalano le grosse fasce in ferro e le orribili fioriere in plastica. Inoltre, l’interno delle cassette è diventato un immondezzaio perenne. Era facile prevederlo. La spesa fu senz’altro ingente e il bel cordolo rovinato per sempre.

 

In fondo a via Bizzozzero, parlo sempre di Parma, è nato da qualche anno un giardino-parco diviso appunto da via Bizzozzero. Da un lato, l’area dedicata ai giochi per i bambini e grandi prati per correre. Ben riuscito ma la cosa più bella è l’invenzione di un angolo rotondo riparato dai venti da un muricciolo di mattoni, circondato da un canaletto d’acqua perenne. Una panchina circolare t’invita a riposarti, a leggere e pensare. Mentre un profumo di aromatiche, coltivate in grosse vasche nei pressi, profuma l’aria del luogo. Innovativo e piacevole, spesso ci porto persone del centro che ancora non lo conoscono per ammirarlo. Dall’altro lato della strada un secondo parco-giardino grande, al margine di esso alberi d’alto fusto indovinati, nel centro un largo sentiero bianco serpeggiante attraversa il grande prato ed arriva in viale Rustici, fino al torrente. Qua e là a segnare il percorso, belle panchine semicircolare rosse in ferro, ad ognuna sono dedicati stralci di poesie di poeti parmigiani scritti su di una tavoletta con piedistallo che le affianca. Questo luogo è raro, puoi percorrerne il sentiero in bicicletta con grande piacere. L’ ideatrice del tutto fu Angela Zaffignani, brava maestra del verde.

 

Fagiano in carpione

Tagliare un fagiano a piccoli pezzi, lavarlo in acqua e aceto. In una pirofila che regga la fiamma diretta mettere il fagiano poi ricoprirlo di un trito grossolano di verdure: sedano,carote, cipolle, salvia, lauro, ginepro, sale e pepe e una spruzzata d’olio. Farlo cuocere coperto, piano piano, per circa due ore. Freddo, servirlo come antipasto con crostini. Il successo è assicurato. 

Circa l'autore

Giorgio Triani

Sociologo, giornalista, consulente d’impresa.

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