
Il verde pubblico, terza parte. (La storia di un platano ed altre osservazioni). Con ricetta dello scalogno in agrodolce

di Malu Pagani
C’era una volta , non troppo tempo fa, un bell’albero di platano, sano e ridente,che faceva parte , era l’ultimo della fila, di un viale. Forse aveva già settant’anni, conosco l’antefatto del suo insediamento, perché mi fu raccontato quando ero bambina. Il sindaco del bel paese precollinare a cui appartiene il viale ( forse in accordo con la provincia) decise che lì ci voleva una rotatoria per controllare un quadrivio importante e quindi di eliminare il platano. Si scatenarono gli ambientalisti , inviperiti e contrari a questo abbattimento, con manifestazioni e discorsi intimidatori . Alla fine si venne ad un accordo,il platano,preparato a dovere da un bravo esperto (taglio di radici esterne, assi di legno per contenere le radici centrali e la terra, tempo di assestamento un anno). La rotatoria ,in effetti utilissima, fu fatta ma il platano non gradì lo spostamento e piano piano cominciò a deperire, le foglie a ingiallire ed i rami spogli decisero di morire con esse . La spesa era stata ingente . Non c’erano altre soluzioni più sagge? Sicuramente si . Me ne viene in mente una. Non si poteva mettere a tacere il mondo, poco realistico, degli ambientalisti magari promettendo loro l’impianto di un folto boschetto di piante autoctone in un’area vicino al paese dove uccelli e bambini fossero liberi di volare?
Sempre in questo bel paese c’è una rotatoria contesa tra il comune e la provincia. L’impianto del verde è brutto perché insensato ma ciò che risalta subito agli occhi è la sua trascuratezza: erbe infestanti e cespugli morti lasciati lì a ricordare, ancora una volta, la nostra incapacità di seguire il verde . In questo caso sembra che comune e provincia non riescano a trovare un accordo per la manutenzione, stanno discutendo da anni .Sembra che non sia chiara la proprietà del manufatto,comune o provincia?
La rosa è un fiore nobile e bellissimo e lo è stata fin dall’antichità . Ora poi esistono migliaia di cultivar, di tutti i colori , di tutte le fogge, di tutte le misure . Abbiamo imparato,forse a conoscerle e ad usarle bene . Però ci sono garden-designers e vivaisti che le usano ,nel verde pubblico, a sproposito . Non posso fare a meno di notare e sottolineare pesantemente che in Italia molti impianti di rose vengono fatti nei viali sotto piante a foglia caduca o persistente, a grande chioma. In qualsiasi manuale di giardinaggio c’è scritto che la rosa ha bisogno di 6-7 ore di sole al giorno e là dove vengono posizionate non lo hanno. Risultato, non fioriranno e in poco tempo moriranno . A nulla varranno i trattamenti anticrittogamici, antiparassitari e concimi fogliari. Se ne andranno e basta. E sarà la solita storia: soldi buttati e disordine imperante.
Scalogno in agrodolce ( Da Nicoletta di S.Terenzo, cuoca intuitiva ,capace e saggia)
Scegliere lo scalogno piccolo o medio piccolo, pulirlo dalle prime foglie. Metterlo a rosolare in padella con olio ,burro ,sale e pepe q.b . A rosolatura avvenuta aggiungere un bel cucchiaio di zucchero, buon aceto di vino e balsamico insieme, mezzo bicchiere. Far andare coperto fino a cottura avvenuta. Non sottovalutare il piatto per la sua semplicità perché è veramente doc e ottimo per accompagnare scaloppe o carne arrosto.
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