
Della “vite” non si butta via niente. Un’ opportunità di export per i “prodotti di Puglia”

di Maria Serena Lucchese
La crisi economica generale degli ultimi anni, non ha certo risparmiato l’economia agricola pugliese già aggravata da preesistenti problematiche strutturali.
È così emersa la necessità di cominciare ad offrire al mercato risorse produttive alternative alla commercializzazione dell’uva da tavola.
La soluzione è inaspettatamente arrivata nel marzo 2010 quando l’ICE, Istituto per il commercio estero di Bari , ha organizzato a Riyadh, capitale dell’Arabia Saudita, un incontro sull’ortofrutta fresca, nell’ambito di una Convenzione messa in atto dalla regione Puglia.
In questa occasione sono emerse interessanti opportunità di sviluppo per l’export dei “prodotti di Puglia”, specie per l’uva da tavola, prodotta per il 70% del totale nazionale in questa Regione.
In realtà è stata lanciata una vera e propria “sfida”da un importatore saudita : il general manager Jalal O. Thamer,ha espresso particolare apprezzamento non solo per l’attenzione rivolta dai viticoltori della regione a metodi di coltivazione e raccolta biologica, ma anche per la qualità dell’uva da tavola pugliese, fattori che lo hanno indotto a proporre la raccolta e produzione della foglia di vite in salamoia.
Nell’immaginario culinario degli italiani, le foglie di vite sono note ai più, come i tipici antipasti della cucina greca, meglio noti come“Dolmades”ovvero foglie di vite riempite con riso e, carne o verdure.
In realtà, tutto il mediterraneo ha tra i piatti tipici gli involtini di foglia di vite, considerate una grande prelibatezza nella cucina araba ovvero di tutti i paesi che spaziano dal Golfo Persico (Arabia Saudita, gli Stati del Golfo, lo Yemen, l’Iraq, la Siria, il Libano, la Palestina, la Giordania) alle nazioni Nord Africane (Marocco, l’Algeria, la Tunisia, la Libia, Sudan ed Egitto).
Una nuova attività per l’agricoltura pugliese quindi, in grado di darle un nuovo slancio, e soprattutto permetterebbe l’utilizzo di un prodotto oggi considerato “scarto” di una pianta che fornisce potenzialmente sia frutta che verdura.
Foglie di vite destinate al mercato arabo che ovviamente non devono essere state sottoposte a trattamenti chimici di tipo anticrittogamico.
Opportunità irripetibile per la regione, se si considera che si parla di un mercato che si aggira intorno agli 11 milioni di euro annui, con 9.235 t di foglie importate principalmente da Stati Uniti e Turchia, e sono i numeri di uno solo dei 14 paesi interessati al prodotto.
D’altra parte per gli importatori arabi, assicurarsi il prodotto pugliese significherebbe diminuire di gran lunga i tempi di trasporto che per gli Stati Uniti, si aggirano intorno ai 40 giorni.
Il 2010 è stato “l’anno zero” di sperimentazione dell’iniziativa: azioni di informazione presso i principali viticoltori e cantine sociali della Puglia, studio di impianti di produzioni dedicati e non di meno lo studio di un organizzazione del lavoro che toccasse tutte le fasi dalla raccolta alla produzione.
A dicembre 2010 è stata effettuata dall’Ufficio ICE di Bari e dalla Regione Puglia, in accordo con l’importatore arabo, una prima indagine conoscitiva presso i propri clienti: ristoranti del calibro di Sheraton, Golden Tulip e Radisson che vantano chef stellati.
L’indagine ha portato al risultato lusinghiero della predisposizione di un piano di affari che prevede l’importazione iniziale su base annua di almeno 400-500 t di foglie di vite in salamoia, al prezzo attuale di mercato che si aggira intorno a 1,2 euro al kg di foglie secche.
Ancora una vittoria per il “Made in Italy”, garanzia nel mondo di qualità e sicurezza alimentare, prospettive di export per il prodotto pugliese, e anche la soddisfazione per i viticoltori di aver strappato un altro pezzetto di mercato alla California.
Già perché il tacco d’Italia è da anni in competizione con la California che detiene il primato di esportazione dei proprio vini nel mondo.
Questa volta però lo smacco può essere fatale per i californiani perché con il supporto della ricerca (università) , si punta a migliorare l’offerta rispetto agli americani: qualità (foglie senza conservanti) e differenziazione del prodotto offerto (oltre Oceano hanno solo una varietà di uva, e quindi di foglie, che è la Thompson, in Puglia altre due: la Sugarone e la Italia).
Ma a rendere il prodotto maggiormente appetibile è anche il costo, perché la California le raccoglie in loco per poi farle lavorare o in Vietnam o in Turchia, in Puglia invece si cura l’intera filiera di produzione dalla raccolta alla lavorazione del prodotto in salamoia.
Se l’iniziativa è partita in fase di sperimentazione da Martano, un paese in provincia di Lecce, con la collaborazione del centro di ricerche Bonomo – CRB , è stata poi esposta, presso il parlamento europeo a Bruxelles nell’ottobre 2012 grazie all’iniziativa dell’associazione PugliaEuropaMed e del presidente Enzo Lavarra , facendo emergere anche la necessita di sviluppare le infrastrutture logistiche del porto di Taranto e dell’aeroporto di Grottaglie.
Risulta evidente quanto sia necessario coinvolgere sempre più non solo associazioni di imprenditoria locale, ma anche Università e istituzioni regionale e nazionali, per poter sfruttare al massimo le potenzialità degli imponenti numeri della produzione vinicola pugliese.
Foglie di “vite” che si spera ridaranno nuova linfa all’agricoltura, al lavoro e perché no anche alla cultura pugliese, mostrando per prima l’apertura verso nuovi e proliferi mercati , quali quelli arabi, da sempre presenti nella tradizione di questa regione “ponte” verso questo mondi.
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