
Il Parmigiano-Reggiano. Un settore in “forma” nonostante il sisma

di Francesco Spelta
Se pensiamo ai prodotti tipici dell’Emilia, insieme al prosciutto crudo e i tortellini, non può mancare un alimento straordinario: il parmigiano-reggiano. Questo formaggio a pasta dura non è solo uno degli alimenti più amati dagli emiliani ma è anche una delle eccellenze del Made In Italy e infatti è tutelato dal 1955 da marchio D.O.P.Ossia il marchio di tutela giuridica della denominazione che viene attribuito dall’Unione Europea agli alimenti le cui peculiari caratteristiche qualitative dipendono esclusivamente dal territorio in cui sono stati prodotti.
Si è soliti far risalire l’origine del parmigiano-reggiano attorno XII secolo in alcuni monasteri benedettini, San Giovanni a Parma e San Prospero a Reggio, e cistercensi, San Martino di Valserena e Fontevivo di Parma anche se non si esclude che la ricetta derivi da quella del formaggio lodigiano già presente in epoca romana.
Successivamente grazie alla presenza di numerosi corsi d’acqua, di ampi pascoli presenti in questa zona dell’Emilia e all’abbondanza di sale, necessario per la trasformazione casearia, delle saline di Salsomaggiore ben presto si diffuse la produzione in caratteristici edifici a pianta quadrata o poligonale detti Caselli dove si era soliti procedere con la lavorazione del latte.
Il parmigiano-reggiano è stato un alimento amato da personaggi illustri come Molière, che ne richiese una scaglia prima di morire, Dumas, il quale scrisse un dizionario gastronomico che parlava ampiamente di questo formaggio e Napoleone una volta sposo di Maria Luigia, venne iniziato dalla duchessa di Parma al consumo di questo straordinario prodotto.
Il procedimento comincia la raccolta del latte Proveniente dalla mungitura serale disposto in larghe vasche d’acciaio dove rimane tutta la notte; il giorno seguente si toglie la crema affiorata, dalla quale solitamente si ricava il burro, e si aggiunge il latte della mungitura mattutina. Si deve però precisare che non si utilizza un latte qualsiasi ma solo latte prodotto dalle mucche frisone, introdotte nel territorio nel corso del Novecento o dalle mucche reggiane rosse tradizionalmente sfruttate per la produzione del formaggio e introdotte probabilmente dai Longobardi nel medioevo.
Una volta raccolto il latte viene versato nelle tipiche campane di rame dove viene aggiunto il caglio naturale e il siero innesto i quali permettono la coagulazione del latte dando vita alla cagliata che viene frammentata dal maestro casaro tramite un’ attrezzo detto spino, rotta in tanti piccoli granuli caseosi e raccolta in fascere.
Successivamente si procede con una lenta cottura che raggiunge i 55 °C nella quale i granuli caseosi precipitano sul fondo della caldaia e formano quella massa di composto che andrà a riempire le forme e, dopo essere stata salata per osmosi, si procede con la fase di stagionatura nella quale le forme lasciate riposare per un periodo che può andare dai 12 ai 36 mesi; nelle fasi finali ad ogni forma viene assegnata una placca di caseina con un numero unico e progressivo che è la carta d’identità del prodotto e con una speciale fascia marcante vengono incisi sulla forma il mese e l’anno di produzione, il numero di matricola che contraddistingue il caseificio e l’inconfondibile scritta a puntini su tutta la circonferenza, la forma finale deve avere un peso compreso tra i 24 e 40 chili anche se ci si attesta su una media di 38 chili per forma.
Per la produzione di una singola forma sono necessari non meno di 600 litri di latte e nonostante ciò Il Parmigiano-Reggiano non contiene né lattosio né galattosio perchè nelle ore immediatamente successive alla caseificazione avviene un rapido sviluppo di batteri lattici, che fermentano tutto il lattosio presente nella cagliata il quale viene metabolizzato rapidamente dai batteri lattici e nel giro di 24-48 ore scompare completamente.
Il processo di produzione nel corso dei secoli è rimasto sostanzialmente invariato e anche se alcuni passaggi sono stati modernizzati e industrializzati l’esperienza dei caseifici emiliani ha fatto si che le innovazioni nel processo di produzione non alterassero minimamente il risultato della produzione, seguendo quelli che sono i principi della tradizione.
L’area di produzione che ha la possibilità di fregiarsi del marchio D.O.P. è molto ristretta e comprende solo le provincie di Modena, Reggio-Emilia, Parma, Bologna alla sinistra del fiume Reno e Mantova alla destra del fiume Po.
In questa zona sono presenti circa 380 piccoli casefici artigianali, con alle spalle 3500 agricoltori produttori di latte, i quali nel solo 2012 hanno prodotto circa tre milioni di forme ad un costo medio (anche se varia a seconda della stagionatura) di 8,50 euro/Kg delle quali più della metà rivolta al mercato europeo che sembra apprezzare questo prodotto al pari degli Italiani; il valore economico del Parmigiano Reggiano è talmente elevato che diversi istituti di credito italiani, prendono il prodotto a garanzia della concessione di un mutuo agli stessi produttori.
A causa dei danni subiti dai magazzini di stagionatura per colpa del sisma del maggio 2012, il quale ha colpito le zone di produzione e i magazzini di stagionatura, sono andate perse molte delle forme destinate al biennio 2013/2014; tuttavia grazie alla solidarietà degli emiliani la maggior parte delle forme distrutte sono state recuperate e comprate evitando così il disastro economico che minacciava di colpire il settore caseario e nonostante quindi per il 2013 si preveda una lieve flessione della produzione non si può comunque parlare di un settore non “in forma”.
Fonti:
http://www.crpa.it/media/documents/crpa_www/Progetti/sifpre/produzione/2012_sintesi_prod.pdf
http://www.crpa.it/media/documents/crpa_www/Pubblicazi/Opuscoli-C/Archivio_2010/CRPA_7_2010.pdf
http://www.crpa.it/nqcontent.cfm?a_id=8340
http://www.italia.it/it/focus/parmigiano-reggiano-leccellenza.html
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