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Acque marine troppo acide: pesci e umanità a rischio

 

 

Antartic ice

di Giulia Martensini

Gli scienziati del centro Norvegese per il Clima internazionale e la Ricerca Ambientale hanno reso pubblici i dati sullo studio delle acque dei mari artici: il più rilevante e drammatico è che  sono sempre più acide per le emissioni di anidride carbonica.

Chimicamente le acque sono alterate, hanno un PH troppo acido che incide pesantemente sull’ecosistema marino, includendo  pesci e animali marini, destinati al commercio alimentare e quindi pronti per finire sulla nostra tavola.

Lo studio dimostra che, anche fermando immediatamente le emissioni di CO2, ci vorrebbero decine di migliaia di anni per permettere alle acque dell’Oceano Artico di ritornare ai livelli di anidride carbonica dell’era pre-industriale. Infatti l’assorbimento di CO2 in acqua fredda è particolarmente rapido e i flussi sempre più consistenti di acqua dolce provenienti dai ghiacciai in scioglimento aggravano la situazione poiché l’acqua dolce è meno efficace nel neutralizzare chimicamente gli effetti acidificanti della CO2.

Il Presidente dello studio, Richard Bellerby, del Norwegian Institute for Water Research, lo ha confermato :” Già da tempo sono state oltrepassate le soglie critiche. Anche se riuscissimo a fermare le emissioni adesso, l’acidificazione durerà ancora per decine di migliaia di anni.”

Nello stesso tempo anche il Canada fa i compiti a casa avviando degli studi sull’Arcipelago Artico canadese i cui ghiacciai si stanno sciogliendo molto, forse troppo velocemente. L’Arcipelago artico del Canada è un’area vastissima  che comprende circa 35.000 isole di cui la maggior parte sono, o per meglio dire erano, ricoperte da ghiacciai. Dal 2003 la perdita di ghiaccio annua è stata di circa 70 bilioni di tonnellate, ma dagli ultimi studi risulta stia accelerando. Lo studio è stato condotto dalla Utrecht University la quale ha approntato un modello per stabilire come sarà la situazione da qui al 2100. Il Dott. Jan Lenaerts, ricercatore dell’Università, ha spiegato : “Il nostro modello stima che entro il 2100 avremo perso circa il 20% del volume dei ghiaccia dell’Arcipelago Canadese, e questo è veramente eccessivo. Corrisponde a un aumento del livello dei mari di 3.5 cm.” Lo “stuIce2sea”, un progetto commissionato dall’Unione Europea, mira a ridurre le incertezze riguardo al futuro del nostro pianeta cercando di comprendere come l’aumento del livello dei mari influirà sull’ecosistema mondiale, sul clima e non ultimo sulle città stesse che si trovano sulle coste.

 I grandi cambiamenti che stanno avvenendo sono sotto gli occhi di tutti e non si può  che prenderne atto, Ma la domanda che ci si deve porre è: si può cercare di prevedere cosa accadrà, ma visto che sono anni che le previsioni drammatiche sul futuro del pianeta si susseguono, cosa deve accadere perché  si cominci seriamente a cambiare gli stili di vita che ci hanno portati a questa situazione ?

 

Circa l'autore

Giorgio Triani

Sociologo, giornalista, consulente d’impresa.

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