
Salento amore mio

di Giulia Rossi
Salento è il primo amore, quello che non si scorda mai. È il profumo di mare che solletica i sensi; è scambiare una parola d’amicizia con chi non abbiamo mai visto prima; è perdersi nel rosa intenso degli oleandri che si affacciano sull’azzurro dell’acqua. Salento è ballare la Pizzica sulla spiaggia a mezzanotte con i piedi nudi, senza pensieri. E’ mangiare i panzerotti fritti per pranzo e poi sdraiarsi al sole; è perdersi in una pineta, danzando al ritmo scandito dalle cicale. Salento è sentirsi a casa anche siamo a 1000 chilometri di distanza.
Per arrivare in treno in questo tratto di Puglia da Reggio Emilia bisogna attraversare mezza Italia, assieme a colori, dialetti, tradizioni, paesaggi, persone. Tutto cambia mentre si corre sulle rotaie a bordo del treno, “rotolando verso sud”. Dai finestrini del Freccia Bianca ci lasciamo alle spalle la Pianura Padana, con la sua piatta monotonia, le sue industrie chiassose. Superiamo la Riviera Romagnola, incontrando chi, con zainetto e occhiaie, sta aspettando il treno per tornare a casa, dopo aver passato il week-end nelle discoteche più belle e caotiche d’Italia. Vediamo il mare, finalmente. Le raffinerie di Ancona tingono l’acqua di un colore inusuale: chiazze marroni si intravedono qua e là. Ma via, via che si prosegue verso sud, l’Adriatico si mostra in tutta la sua bellezza.
In un viaggio che sembra interminabile, far conoscenza con i propri compagni di carrozza è quasi inevitabile. Ormai entrati in territorio pugliese, quelli che restano nei vagoni sono tutti salentini. Con un accento smaccato, ci spiegano che stanno ritornando in Salento, chi per poche settimane di ferie, chi fino a settembre, quando le università riapriranno. Fa male stare lontano da casa. Soprattutto se sei salentino; loro è come se sentissero più di tutti il richiamo della propria terra. Come biasimarli. Il Salento è una regione meravigliosa che unisce le bellezze naturali alla la storia, le tradizioni alle novità. Il turismo da sogno alla vita reale. Noi abbiamo scelto di raccontarvelo a modo nostro, offrendovi, come sempre, le chicche più nascoste.
La nostra prima tappa è Torre dell’orso, una località in provincia di Lecce. Varie ipotesi giocano sul toponimo di questo luogo. La prima è legata alla presenza sulla costa di una torre del XVI, utilizzata in passato per avvistare le navi turche dirette verso il Salento. Un’altra invece, meno probabile, sostiene che “orso” sia da ricollegare in realtà alla foca monaca, un tempo forse avvistata qui. La terza opzione presuppone che Torre dell’orso fosse un tempo chiamata torre di Sant’Orsola. Come di consueto infatti, si usava dare nomi di santi alle torri costiere. L’ipotesi da noi più apprezzata resta però questa: sotto la torre vi è una roccia che rappresenta il profilo di un orso con il muso e le orecchie ben definite e visibili dalla spiaggia; chissà che “orso” non voglia far proprio riferimento alla forma di questo particolare masso.
A prima vista, mentre raggiungiamo il nostro appartamento, notiamo che Torre dell’orso è capace di dosare alla perfezione modernità e tradizione. Nuovi e moderni edifici turistici sorgono accanto a vie con storiche botteghe, dove pittoreschi commercianti vendono pasta fresca fatta in casa, tipica del Salento, e dove nei ristoranti sul mare giovani del posto insegnano con passione ai turisti il ballo tradizionale salentino: la Pizzica.
Ma il vero asso nella manica di questa baia sono i suoi ottocento metri di spiaggia bianca, attrazione irresistibile per stranieri e tantissimi italiani, provenienti da regioni diverse. Basta fermarsi un attimo e osservare i propri vicini d’ombrellone per capire l’eterogeneità dei bagnanti: dialetti e accenti differenti, alcuni quasi irriconoscibili, si mischiano a quelli più noti tra cui spicca il romanesco, che ci fa sorridere. La spiaggia di Torre dell’orso è un microcosmo a sé stante: c’è chi in pausa pranzo mangia una pesca e chi un pezzo di focaccia unta, chi porta al mare una tenda dentro cui fare la classica “pennichella” all’ombra, con tutta la famiglia unita, e chi, solitario, preferisce abbrustolirsi al sole nelle ore più calde. Ci sono i ragazzi salentini che, dopo un anno, si ritrovano tutti assieme nella stessa spiaggia, in pieno stile “Sapore di mare”, per suonare la chitarra e raccontarsi dei mesi trascorsi in altre città. E poi ci sono i balli di gruppo, organizzati dagli animatori, che richiamano come sempre grandi e piccini. Impossibile resistere.
Torre dell’orso ha tante particolarità ma forse quella più nota si trova a pochi metri da riva: osservando un mare i cui colori pastello si sfumano dal blu intenso al trasparente si notano due grossi faraglioni vicini e identici. Sono le così dette “Due sorelle”, la cui storia è spiegata da questa leggenda. Che sia vera o no, a noi piace pensare che sia andata così:
“Un tempo vivevano due sorelle dalle fattezze meravigliose: un giorno, lasciata la campagna, si diressero al mare per cercare un po’ di frescura e di refrigerio alla calura estiva. Le sorelle si recarono sulla scogliera della baia di Torre dell’Orso. Lì soffiava un venticello odoroso di mare e di pini silvestri, così intenso e ammaliante che la sorella più giovane si sentì sempre più attratta dal mare… Giunse il momento in cui il mare si rilevò in tutto il suo splendore e la ragazza avvinta dalle tinte smaglianti e dall’invitante frescura che sembrava emanare, senza esitare, si lanciò nel vuoto in un atto disperato d’amore. Le grida della sorella che invano si dibatteva tra la spuma, destarono la sorella maggiore, che a sua volta si buttò nel vuoto nel vano tentativo di strapparla alla morte… In pochi istanti il mare si trovò a cullare due corpi inermi e senza vita… Le grida delle due sorelle furono udite da un pescatore che si recò sul luogo e scrutò il mare, ma nulla vide se non meravigliato per la prima volta, due alti faraglioni posti l’ uno a fianco dell’ altro, del tutto identici che sembrano abbracciarsi. Sul ritorno, sconcertato e turbato in cuor suo, il pescatore, per non aver mai notato prima quelle bellezze naturali, decise di chiamare quel luogo: Le due sorelle”.
Il luogo migliore per osservare questi due massi enormi e fotografarli è in cima alla scogliera che si erge a strapiombo sul mare, a cui si accede dalla spiaggia a piedi, senza troppa fatica. Alle spalle della distesa di sabbia, nel periodo fascista, sono state realizzate artificialmente con scopi di bonifica una pineta e un sentiero. Per coloro che sono amanti della corsa mattutina, questo è un percorso obbligato per il panorama che offre.
Risaliamo in macchina e ci avviamo in direzione Baia dei Turchi, situata a pochi chilometri da Otranto. Se viaggiando incontrerete ai margini della strada antiche botteghe di contadini che desiderano vendervi frutta fresca e verdura appena colta, olio pugliese o marmellate tipiche fatte in casa: non fatevi scappare l’occasione. Per entrare totalmente nel clima salentino anche il palato deve calarsi nella parte. E mentre si gusta un’albicocca succosa, un po’ di storia: proprio in questa baia infatti sbarcarono i guerrieri turchi, nel corso di un violento attacco alla città di Otranto del XV secolo. Secondo Wikipedia, la città fu posta sotto assedio per circa due settimane e i suoi abitanti si rifugiarono all’interno delle mura, resistendo e respingendo con vigore l’offensiva. Tuttavia, una volta che i turchi riuscirono ad aprire una breccia, gli otrantini non furono in grado di contenere la furia degli invasori, soccombendo sotto i colpi di scimitarra. Molti bambini furono portati come schiavi in Turchia, altri vennero uccisi. Oltre ottocento otrantini vennero decapitati nell’agosto del 1480, perché si rifiutarono di rinnegare la religione cristiana.
Ma oggi la baia non è conosciuta tanto per il suo passato, quanto per la sua particolare bellezza, tanto da farla rientrare nell’oasi protetta dei Laghi Alimini, uno degli ecosistemi più importanti della Puglia. Sabbie bianche, mare cristallino, una spiaggia incontaminata. Basta poco per sentirsi ai Caraibi non salendo nemmeno sull’aereo. Per raggiungerla è necessario attraversare una grossa pineta, cullati dal suono continuo e cadenzato delle cicale e rinfrescati da una leggera brezza. E, nel caso vi venisse fame o sete, non esitate ad avvicinarvi a un simpatico furgoncino in stile hippie, una sorta di negozio ambulante che vi fornirà tutto ciò che vi serve. Una volta usciti dalla pineta e, attraversato pertugi stretti, quasi labirintici, la vista che vi si presenterà innanzi sarà da cartolina. Provare per credere.
Porto Badisco, la terza meta del nostro viaggio, rivive tra leggenda e realtà nelle pagine scritte dal poeta Virgilio e nelle credenze degli abitanti del piccolo paese. Vie, bar, ristoranti sono tutte dedicate al mitologico Enea che, secondo il poeta latino, sarebbe approdato in questo lembo di spiaggia a bordo di una piccola nave, dopo la fuga da Troia. Ma le particolarità di Porto Badisco non finiscono qui: il mare in questo tratto di Adriatico abbandona il colore azzurro per lanciarsi nel verde intenso, abbassando anche parzialmente la sua temperatura. Il rosa degli oleandri rende questa spiaggia un giardino acquatico che non ha pari in altra parti d’Italia.
Altro importante chicca di questo luogo incantato è senz’altro la grotta dei Cervi, in cui magia e storia si uniscono. All’interno della grotta infatti, nelle pareti umide e tetre sono state rinvenute iscrizioni in ocra rossa, risalenti all’era neolitica che si sono conservate nel tempo, arrivando fino a noi. Le effigi raffigurato persone, animali, oggetti, alcuni dei quali rivestono un’aura di magia.
L’ultima tappa del nostro viaggio estivo è Santa Cesarea Terme, cittadina nota per le sue terme benefiche, punto di richiamo per molti turisti, ma meravigliosa anche per il paradiso naturale di cui vanta. Lo splendore del mare in questo tratto di Salento è unico nel suo genere e imperdibile per coloro che amano fare snorkeling. Noi lo abbiamo fatto per voi.
Una volta lasciata la macchina nel parcheggio e scattata la foto del mare dalla scogliera, si scende verso una vera e propria spiaggia alternativa. Poiché questo scorcio di mare non è accompagnato da distese di sabbia, ma solamente da scogli irti e non adatti a sostarvi, l’uomo ha deciso di non rinunciare all’opportunità di godersi questo splendido tratto di Adriatico da vicino, creando una spiaggia artificiale. Come? Livellando gli scogli e scavando scale di collegamento tra uno e l’altro. Così, se si ha un po’ di fortuna e si riesce ad accaparrarsi un posticino su uno scoglio in mezzo al mare, si ha l’opportunità di sdraiarsi al sole, oppure di mettersi maschera e pinne e tuffarsi nel profondo mondo degli abissi. Un luogo colorato e vivo, quasi mozzafiato quando, osservando il fondale, non si riesce a vedere dove finisca.
Dopo una settimana di meraviglie per gli occhi, è purtroppo tempo di riprendere la Freccia Bianca e fare ritorno a casa, lasciandoci alle spalle il mare e una terra magnifica come il Salento, che si è meritata un posto d’eccezione nella nostra rubrica.
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