
Marsiglia e il parco salva-acqua di Aygalades

di Lorenzo Dragoni
Marsiglia ha da sempre il fascino malinconico delle città portuali. ‘Punto di incontro per tutto il mondo’, secondo Alexandre Dumas. Cocktail di etnie e culture differenti venute a contatto negli anni, in un agglomerato urbano di quasi 900mila persone, delle quali un quarto di origine nordafricana: un buon esempio di integrazione razziale. Anche se non privo di ombre, facilmente individuabili nella zona-porto, la parte più degradata della seconda metropoli francese. Almeno fino a vent’anni fa, quando è stato lanciato il progetto Euromediteraneè,, che dal 1992 ha interessato un’area di circa 350 ha, per un investimento di 7 miliardi di euro. Cinque le operazioni dispiegate, alcune delle quali già compiute: la Joliette, centro residenziale e direzionale; Saint Charles, zona adibita al trasporto ferroviario e automobilistico; Belle De Mai, l’area socio-culturale edificata convertendo vecchie e dismesse strutture portuali; Rue de la République, l’arteria che collega il vecchio porto con la Joliette, nonché il cuore antico di Marsiglia con il nuovo distretto affaristico; Cité de la Méditerranée, il rinnovamento più ambizioso, che si propone di riaprire la città al mare, disegnndone la nuova skyline.
Non soddisfatto, il governo francese nel 2007 ha alzato l’asticella, dando ufficialmente il via a Euromediteraneè 2, comprensivo di altri 120 ha di rinnovamento. Al centro di questo nuovo progetto è stato posto il Parc des Aygalades, un enorme spazio verde ricavato da vecchi binari ferroviari. Questo parco sorge nell’omonima valle des Aygalades, che assieme alla Huveaune e alla Jarret, costituisce una delle parti più umide della città. Spesso teatro di inondazioni, a causa dello scolo delle acque pluviali di un bacino che copre tutto il nord di Marsiglia
L’idea del parco è – quindi – nata con un triplo scopo: quello di aumentare la biodiversità; quello di creare degli spazi naturali urbani accessibili al pubblico e, in questo caso specifico anche di collegare il porto con i nuovi quartieri; infine quello di permettere le funzioni ricreative locali e metropolitane.Al suo interno sono presenti circa 60.000 m² di prati, per permettere ai cittadini di praticare ogni tipo di attività: dal pic-nic al gioco del pallone. Ma la particolarità del ParcdesAygalades è un’altra. È presente, al suo interno, una geografia fluviale costituita da isole lineari. Questa sua conformazione è stata studiata per fare in modo che faccia da ricettacolo delle acque derivanti dalle inondazioni e di scarico, dopo il necessario trattamento. Il processo è naturale e semplice: l’acqua s’infiltra attraverso cavità e si diffonde durante le tempeste e le alluvioni. Nello stesso tempo essa fertilizza anche il terreno, trasformando il parco in un giardino semi-naturale. In caso di forti piogge, lo spazio verde diventa un vero e proprio ambiente di ritenzione idrica con una capacità di contenimento di circa 150.000 m³, riducendo sensibilmente gli allagamenti vari.
Un bell’esempio di Wilderness, concetto non ben definito ma alla base di molti lavori ambientali moderni. Per far chiarezza a riguardo, ho interpellato Matteo Maraschi, studente del corso magistrale di Architettura e Città al Politecnico di Torino, che sta sviluppando, insieme ad altri suoi colleghi, un progetto inerente il Parc des Aygalades.
Mi spieghi il concetto di Wilderness?
Il concetto di Wildeness definisce la conservazione degli spazi selvaggi attraverso formali impegni di salvaguardia che siano più duraturi possibile (codificati negli Stati Uniti d’America da una legge del 1964: The Wilderness Act). Decidere di designare un territorio selvaggio quale “Wilderness”, difatti, non significa solamente dare una definizione geografica al suo stato di integrità paesaggistica, ma soprattutto, essersi impegnati a preservarlo “per sempre” nel modo più assoluto e a gestirlo per un uso razionale ed equilibrato: il che implica una politica in antitesi col connubio ambiente/parchi/turismo/economia/posti di lavoro.
Questa idea si può anche riproporre, come forma di critica al modello di sviluppo intensivo, anche in ambienti fortemente antropizzati. La wilderness propone un modello di sviluppo decisamente più slow, ed è quindi fortemente positivo per tutti quegli ambiti residenziali e per il tempo libero siti in uno spazio urbano aggiungendo qualità agli spazi fruibili.
L’idea del ParcdesAygalades è un modello vincente per te?
L’idea di fiume/bacino allagabile ha in se un forte potenziale per la riqualificazione di ambiti urbani; in questo caso, un piccolo bacino, coperto e sacrificato in nome di uno sviluppo intensivo di un’asse viario, coerentemente con la politica di espansione della città moderna viene reinterpretato come potenziale nelle mutate esigenze della città contemporanea. Tutte quelle infrastrutture che prevedevano una forte centralità nello sviluppo della città negli anni 70-80 nella contemporaneità si sono trasformate in luoghi rigettati nel processo di crescita della città stessa e non più adatti alla sua nuova morfologia e alle mutate esigenze. Sono quindi aree dal grande potenziale inespresso che si trovano in luoghi semi-centrali della città. La comprensione dell’identità di questi luoghi nei periodi precedenti allo sfruttamento intensivo e speculatore è una strategia corretta di reinterpretazione di questi spazi. La regressione alla precedente soglia storica, dove era presente appunto il germe di questo piccolo bacino, è effettuata in modo coerente e quindi a mio parere risulta vincente. Vincente in quanto reinterpreta la condizione originale di quel luogo e allo stesso tempo funge da elemento di congiunzione storico e funzionale con le nuove esigenze del piano di Leclerc. Si basa sulla condizione originale del luogo e non costituisce una mera invenzione e falsificazione del territorio.
Dove sarebbe più urgente un progetto del genere in Italia?
La situazione italiana presenta molteplici situazioni reinterpretabili su questo modello. Le componenti naturali, nel nostro territorio sono molto forti ma sono da sempre scarsamente tutelate da una attenta pianificazione e da azioni di tutela. Possibili similitudini con il progetto del fiume da parte di Euromediterranee act2, sono riscontrabili nell’area dell’Expo milanese, proprio ora di centrale importanza per la regione nord dell’Italia. L’elemento di riqualificazione fluviale è individuato nel bacino del fiume Olona che passa nelle immediate vicinanze dell’area espositiva Rho e della nuova area destinata all’Expo. Questo bacino, ampiamente e selvaggiamente sfruttato come canale scolatore, presenta un’andamento parallelo all’asse del Sempione, che entra nella città meneghina e quindi è stato oggetto di molti progetti di riqualificazione data la sua importanza geografica-strategica. La presenza di un elemento naturale lineare come il fiume, presenta positivi risvolti sia per le questioni qualitative inerenti al posizionamento nelle vicinanze di ampie zone residenziali in termini di appetibilità e valorizzazione economica, sia per quanto riguarda le strategie urbanistiche di progettazione.
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