
Basso web.Toilet app e tablet water

di Gian Antonio Barbieri
“Non abbiamo bisogno di mille app che emettono peti”. Parola di Steve Jobs, però sacrilegamente disattesa. Visto che le applicazioni per smartphone e tablet hanno avuto uno sviluppo epidemico. Sono infatti centinaia di migliaia, forse milioni, anzi miliardi (riferite a ogni tipo di servizio). Nel 2013 se ne sono scaricate 50 miliardi (blog.wired.it/whatsapp/2013/). E fra queste si segnalano, appunto, le app dedicate all’universo fisiologico.
Il tema è oggettivamente “basso”, ancorchè di pubblica utilità, ma declinato anzitutto in chiave di fun, che è ingrediente fondamentale del download business. Pee Monkey Toilet Trainer 9 è ad esempio un gioco in cui bisogna insegnare a una scimmietta a non sbagliare mira; cioè a fare quello che in Drunk Sniper 10, Toilet Training e Toilet Dunk, si deve fare in prima persona: centrare il vaso. Aggiungerò solo che i vari piani di applicazioni vanno dallo srotolamento di carta igienica (virtuale) alle emissioni gassose ( al momento solo sonore). Ma al momento non esistono studi sulle preferenze dei giocatori. Viceversa si sa che su iTunes è disponibile un cospicuo numero di applicazioni che localizzano i servizi pubblici. Una delle migliori, anche in versione gratuita, è Public Toilets 1, che in pochi istanti consente di trovare il bagno più vicino, con immagine stradale del luogo, per individuarlo a colpo sicuro. Nella versione a pagamento le indicazioni di toilette pubbliche sono più di centomila. Come ha segnalato “ Marketing Journal”, ci sono poi ToiletFinder 2 e i ToiletFinder 3, i cui punti di forza non sono tanto le 60 mila toilette segnalate, bensì l’accuratezza delle segnalazioni (se l’acqua è potabile, se i servizi sono attrezzati per i disabili, se dispongono di fasciatoio per neonati): garantita da uno sponsor che è un produttore di carta igienica.
L’autorevole rivista fa un’ampia disamina delle toilet app e quasi abbozza una sorta di guida. Ma in realtà è un universo igienico molto omogeneo. Se è vero che le singolarità sono poche. Una è Cloo, una community dove gli iscritti mettono a disposizione il proprio bagno privato, potendo anche recensire i bagni altrui e creare una Rete di amicizie. Che qualcuno ha battezzato spiritosamente “wc.net”. Hoognood (bisogni urgenti) è invece un’applicazione per smartphone che segnala il bagno pubblico più vicino, realizzata da tre studenti dell’università di Amsterdam che hanno vinto un concorso bandito dal ministero dell’economia.
Decisamente più interessanti sotto l’aspetto socio-culturale e dei comportamenti da bagno nella “società mobile” sono due recenti ricerche: una statunitense curata dall’agenzia 11mark e l’altra condotta in 11 Paesi europei dall’Istituto Synovate per Ideal Standard. I due report sono anzitutto concordi nell’evidenziare che lo smartphone, con le sue applicazioni e la possibilità di navigare su internet, è perfetto per ingannare il tempo; e che il suo uso in bagno si sta enormemente diffondendo. «Nemmeno dentro al cesso possiedo un mio momento» cantava Francesco Guccini ( Avvelenata). Ma con i telefonini il riempimento dei tempi interstiziali, di pausa e di momentaneo sollievo è diventato quasi totale. Anche in bagno, ultimo avamposto di un privato ieri inaccessibile e ora invece continuamente minacciato da una pulsione comunicante incontenibile. “Mi scappa la telefonata” è diventata infatti un’impellenza che non arretra più nemmeno nei momenti più delicati e anche imbarazzanti.
Tre americani su quattro utilizzano il cellulare anche in bagno. Ma se si considera la fascia di età tra i 28 e i 35 anni, la percentuale sale al 91%. Per quanto anche uno su due degli over 65 dichiari di non potersi separare dal telefonino nemmeno nel luogo deputato a tutt’altre e segrete faccende. D’altra parte bisogna considerare che gli europei trascorrono quotidianamente in bagno dai 14 ai 20 minuti. Un tempo che, nell’epoca che già s’annuncia dei nanosecondi, è un’eternità. Perciò perfetto, complice anche la privacy dell’ambiente e l’atmosfera silenziosa ( che per il 51% degli intervistati sono le due caratteristiche più apprezzate), per scambiare e condividere confidenze, che concedono anche brividi trasgressivi. Se è vero per fare due esempi che il 16% degli intervistati ha fatto almeno un acquisto in Rete con lo smartphone sfruttando la pausa toilette e che il 20% ha ammesso di aver partecipato almeno una volta a una videoconferenza stando seduto sulla tavoletta.
A titolo di curiosità si aggiungerà che se sono stati gli smartphone a trasformare il bagno in un luogo di connessioni, i più attivi in questo utilizzo sono i possessori di BlackBerry con il 75% , contro il 67% di chi ha un sistema operativo Android ( come Nokia) e il 60 % di chi ha IPhone. Più significativo, tuttavia, è osservare come queste pratiche abbiano anche importanti conseguenze sull’organizzazione e fruizione degli spazi domestici. Se è vero ad esempio ( il dato è di immobiliare.it) che lo studio è una parte della casa ormai disdegnata, al pari dei balconi. Che non serve più. Perché anche i professionisti e chi fa lavori intellettuali, il computer, diventato mobile, smart e wireless, lo usano in qualsiasi stanza. Anche, o forse soprattutto, in bagno.
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