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Allarme Cina: agricoltura in piena emergenza ambientale

Allarme Cina: agricoltura in piena emergenza ambientale

 

 

Agricoltura cinese

 

 

di  Piero Silvetti

Il terreno agricolo della Cina è troppo inquinato per essere coltivato, a causa di sostanze chimiche e metalli pesanti che lo hanno reso inutilizzabile per produrre cibo. Tre milioni di ettari. È questa purtroppo la quantità che si registra da due mesi. Un paese ormai in forte emergenza: nella capitale Pechino i livelli dei fattori inquinanti sfondano ormai ogni giorno quota 300 (il limite da cui partono le “condizioni gravissime” dell’aria). La causa principale della massa di smog è data dalla presenza di polveri sottili di vario tipo definite PM 2,5, causata dalla produzione industriale. Anche l’inverno è risultato decisivo, infatti il freddo ha comportato l’accensione di milioni di caloriferi, che a loro volta hanno raddoppiato il carbone bruciato nelle centrali energetiche. A Pechino i livelli di PM 2,5 hanno toccato i 473: per l’Organizzazione mondiale della sanità il limite per un’aria sana è di 25 micrometri ogni metro cubo. Mentre a Shanghai i livelli di PM 2,5 hanno superato i 600 micrometri.

Il vice direttore dell’accademia cinese di ricerche per le scienze ambientali, Chai Fahe, sostiene che la situazione debba essere affrontata con ordine: “Ogni regione deve pulire i propri centri inquinanti, in maniera simultanea e senza aspettare che le altre vadano per prime. Altrimenti ogni sforzo sarà inutile”.

Di tutt’altro avviso è Huang Wei che dirige le questioni energetiche e climatiche per Greenpeace a Pechino: “I passi intrapresi dal governo di Shanghai per combattere l’inquinamento non sono sufficienti. Lo smog pone ormai un enorme rischio per la salute pubblica e colpisce senza ombra di dubbio le decisioni relative agli investimenti delle multinazionali, che a tutt’oggi esitano prima di mandare dipendenti stranieri a lavorare in Cina”.

Una conseguenza dolorosa che il paese deve ammettere è la presenza dei  “villaggi del cancro”, vere e proprie aree protette in cui vengono inviati i malati terminali di tumori dovuti all’inquinamento. Le località individuate dagli ambientalisti sono più di un centinaio: il livello di contaminazione ha fatto si che le persone colpite da tumore raggiungessero livelli preoccupanti. Il ministero dell’ambiente, davanti a questa situazione, ha ammesso che i prodotti chimici tossici sono all’origine di molte crisi ambientali, legate all’inquinamento dell’aria e dell’acqua. La situazione è sempre più critica e per di più il paese è coinvolto da scandali alimentari, basti pensare alla scoperta del riso contaminato da alti livelli di cadmio venduto nelle metropoli di Guangzhou.

A riguardo è stato interessante sentire le parole del Dott. Roberto Madeddu, Presidente della società internazionale di studi sul Cadmio (ISRCT) International Society for Research on Cadmium Toxicity e docente di istologia all’Università degli Studi di Sassari: “il cadmio è un metallo pesante classificato dall’Agenzia internazionale della ricerca sul Cancro come cancerogeno. È presente direttamente  e indirettamente in moltissime fonti: miniere, industrie, inceneritori, nel fumo di sigarette e in molte vernici. Non a caso si pensa che la morte del pittore Van Gogh sia legata all’utilizzo di vernice gialla, ricca di cadmio. Nella dieta -continua il Dott. Madeddu- il cadmio può essere presente nelle frattaglie, nei mitili e in altri cibi contaminati.”

Un dato preoccupante è, inoltre, emerso da una ricerca effettuata da Geo Shengke e Wang Kai e che gli è valsa il China Environmental Press Award 2013 di The Guardian, circa la costruzione di abitazioni private su terre altamente contaminate. Nella località di Guanzhuang, durante la realizzazione del progetto è risultato che l’area interessata apparteneva in passato ad una fabbrica di proprietà del Ministero delle Ferrovie. Qui il terreno, sia in superficie che in profondità, era contaminato da agenti inquinanti e allo stesso modo le acque sotterranee. Tra le sostanze maggiormente presenti sono risultati metalli pesanti, rifiuti elettronici e inquinanti di origine petrolchimica. Tutto questo provoca gravi rischi per la salute, già minata, della popolazione che, in questo modo, potrebbe ritrovarsi esposta sia direttamente che indirettamente all’inquinamento dell’aria e dell’acqua.

L’ammissione da parte del governo cinese della presenza dei cosiddetti “villaggi del cancro” e del rischio ambientale che si sta vivendo nel Paese, è stata seguita dalla notizia secondo la quale ci sarebbe la possibilità di punire con la pena capitale coloro che si macchiano di reati contro l’ambiente particolarmente gravi. A questo punto sorge spontanea la domanda: è la soluzione migliore introdurre la pena di morte anche per questa ragione in un paese in cui le persone condannate sono circa un migliaio, più di tutti gli altri paesi del mondi messi insieme? È, forse, un prezzo troppo alto da pagare per una eccessiva e ingestibile crescita economica alla quale sarebbe necessario porre un limite.

 

Circa l'autore

Giorgio Triani

Sociologo, giornalista, consulente d’impresa.

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