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La Naturopatia nel 2014: ritorno al passato o medicina del futuro?

La Naturopatia nel 2014: ritorno al passato o medicina del futuro?

Medicina complementare

 

di Francesca Gatti

 

Posti di fronte all’idea della cura del corpo attraverso il semplice utilizzo di erbe e piante, la reazione più comune è spesso limitata allo scetticismo o all’indifferenza. Eppure, tanta reticenza deve fare i conti con un nuovo modo sempre più diffuso di pensare e vedere il mondo.

 

Alice è una ragazza di ventisei anni che ha imboccato una strada del tutto originale ed inconsueta rispetto alle tradizionali vie universitarie o lavorative percorse dai coetanei. “Da tre anni il mio mondo è cambiato moltissimo, sono cambiata anche io pur rimanendo sempre me stessa, è cambiato il mio stile di vita, il mio modo di approcciarmi alle persone, di relazionarmi e di saper cogliere aspetti che prima non coglievo negli altri, in me stessa e nelle situazioni”,confessa. Da quando cioè ha iniziato a frequentare un corso di naturopatia a Bologna, le si è aperto un mondo, fatto di “persone meravigliose, motivate e arricchenti”. La naturopatia, o medicina naturopatica, è un insieme di pratiche di medicina complementare che influisce sulla fisiologia dell’organismo, e il suo scopo è quello di migliorare, di mantenere o di ripristinare la condizione di salute e di benessere psicofisico della persona nella sua globalità. Spinta dalla curiosità di chi ci vuole capire qualcosa tra nomi complicati e patologie altrettanto tali, tra sostenitori e critici, le ho chiesto un paio di incontri, che hanno contribuito a sfatare alcuni miti e leggerezze che la tradizione da tempo ci tramanda e che noi imperterriti ci portiamo dietro.

 

MatriceFacciamo un passo indietro con un breve excursus per chiarire che la naturopatia non cura patologie conclamate, ma nasce come prevenzione di piccoli disturbi fisici e psicologici e come affiancamento nella cura tradizionale del medico o dello psicologo. I rimedi variano a seconda della tipologia di persona che ne deve usufruire: ogni individuo rappresenta un caso a sé in base alla sua costituzione, al suo stile di vita, alla sua alimentazione e a tanti altri fattori; così come variano gli effetti in base alla somministrazione e all’uso: fondamentale è come si prepara il rimedio, perché la stessa pianta preparata in svariati modi e in sinergia con cose diverse, dà un certo tipo di risultato. Inoltre, cose di non poco conto, bisogna ricordare che esse sono reperibili facilmente e che il loro utilizzo si rivela positivo non solo per la persona (che è definita “non paziente, ma cliente”), ma anche per l’ambiente, per la società e – non da ultimo – per il portafogli. E’ un percorso “molto bello perché ti dà una certa libertà, una certa indipendenza, ti senti più inserito nella natura (non in senso mistico o hippy) ti senti molto più considerato come soggetto in tutto e per tutto, ti mette molto in contatto con tipi di sensibilità che potevi non aver considerato prima, ti rende più aperto, il che non vuol dire meno critico!”.

 

Detto questo, chi si può avvicinare a tali studi? “Chi è interessato, ha sete di conoscenza e molta umiltà. Quello che studiamo è un pensiero che tende all’approfondimento, non si finisce mai di studiare, esistono tantissime specializzazioni e non si deve mai dare nulla per scontato. Conoscere (osservare, capire) l’essenza di una pianta (al di là dei suoi aspetti farmacologici) è molto più complicato che conoscere una persona”.

 

In un periodo di crisi come questo, qual è il futuro di questa professione, quali sbocchi professionali si aprono a chi frequenta questo genere di Scuole? La serie di cose che si possono fare è potenzialmente vastissima come potenzialmente limitatissima, a seconda dal tipo di specializzazione. Le persone che generalmente fanno questo tipo di lavoro lo fanno all’interno di società per essere maggiormente tutelati, dato che in Italia, a differenza che in altri Paesi europei, non esiste ancora una legge. Ci si può quindi dedicare alla cura del corpo, all’alimentazione, si possono aprire negozi e lavorare nelle catene di questo settore, oppure si possono fondere le diverse cose insieme, “come in realtà dovrebbe essere, e la maggior parte dei naturopati fa proprio questo, cioè dare consigli generici, fare da ‘consulente’ ed occuparsi degli aspetti più piccoli della vita. E’ una figura di supporto che cerca di dare alla persona lo stile di vita più adeguato”. Quindi “ancora ci sono, con una buona dose di iniziativa personale, molte strade percorribili. Poi si vedrà. Il ruolo alla fine più importante del naturopata è quello di informazione, quello di preparare una specie di substrato culturale perché la generazione successiva sia un po’ più consapevole di quella presente.

 

NaturopatiaMa chi è il potenziale cliente di un naturopata? Sarebbe bello iniziassero a muoversi verso questa direzione anche gli uomini, spiega Alice, ma questi temi toccano e hanno sempre toccato di più le donne, più predisposte alla cura di sé, all’attenzione, alla prevenzione e al monitoraggio. Una questione di genere, quindi, ma anche di diffidenza, come la mia iniziale. Sicuramente, chi è scettico di fronte a questa tematica, lo fa per questioni di comodità, di abitudine, di tempi, e di cultura. “Sono cose che si sono studiate pochissimo: è appunto sostanziale che una scuola come la mia, secondo me, diventi un percorso universitario in Italia”. E la mancanza di interesse incrementa i falsi miti e le dicerie. Importante diventa quindi diffondere un’immagine diversa da quella che tradizionalmente e folcloristicamente le persone hanno: curarsi con questi rimedi dev’essere un piacere, un modo per unire l’utile al dilettevole, e spesso si cerca di non imporre un diverso stile di vita rispetto a quello attuale, ma di adattarsi alle esigenze del cliente. Un altro discorso fondamentale è quello relativo ai costi: “Una tisana che ti dura tre settimane – a meno che tu non vada a cercare piante incredibilmente costose – ti costa sui sei euro, quindi paradossalmente ti costa di meno e ti dura di più; per non parlare della gente che ha le cose in casa, quelli che vivono in campagna”. L’esempio che porta è quello della sua insegnante, i cui piedi sono rimasti illesi dopo il pellegrinaggio a Santiago di Compostela, semplicemente per aver infilato nei calzini delle foglie di piantagine che le hanno impedito la formazione di vesciche: “Prova a pensare ad un costo del genere rispetto a quello di andare a prendere le cose apposta: costo zero e risultato incredibile”.

 

Sarà quindi la medicina del futuro? Alice lo spera, anche perché il tempo che ci vuole per integrare rimedi naturali e trovarne beneficio è poco, pochissimo, dato che il nostro organismo le integra perfettamente. Sono risorse molto vicine a noi e che hanno costi abbordabilissimi. “Alla fine si tratta di offrire alle persone delle alternative laddove non le vedono, in realtà la medicina alternativa è alternativa proprio in questo”.

 

 

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