
L’Oréal, stop alla deforestazione. P&G nel mirino di Greenpeace

di Valentina Paulmichl
L’Oréal, la multinazionale leader della cosmetica mondiale, ha fatto del proprio slogan, “perché io valgo”, uno stile di vita, scegliendo di dare un valore ai consumatori a partire dal rispetto per l’ambiente. Il marchio francese si fa green impegnandosi a eliminare da tutti i prodotti le materie prime che provengono dalla deforestazione entro il 2020. Un risultato positivo per Greenpeace, promotore della Campagna foreste, ma che potrebbe essere raggiunto anche in tempi più brevi.
Con il progetto Sharing the beauty with all, comunque, L’Oréal conferma la propria ambizione e il proprio impegno per raggiungere una politica a Deforestazione Zero utilizzando materie prime provenienti da fonti sostenibili e rinnovabili. Già dal 2007, la casa cosmetica sta attuando azioni specifiche per un approvvigionamento di olio di palma, olio di soia e prodotti a base di fibra di legno che sia in linea con il rispetto ambientale.
L’olio di palma, in particolare, è un prodotto molto utilizzato nella composizione dei cosmetici per le sue proprietà emollienti e per le qualità schiumogene, ma la sua estrazione è la principale causa della deforestazione, soprattutto nell’area dell’Indonesia che, ogni anno, perde 620 mila ettari di foresta spingendo alcune specie animali, come la tigre di Sumatra, all’estinzione. Una situazione che si sta espandendo velocemente anche in Nuova Guinea e in Africa minacciando intere aree verdi e mettendo in ginocchio le comunità locali. Di fronte a questo pericolo ambientale, l’Oréal si è schierata, lavorando a nuove soluzioni sostenibili e promuovendo i fornitori più innovativi che sapranno superare la sfida della deforestazione zero.
«Una grande vittoria per i consumatori di tutto il mondo», ha dichiarato Bustar Maitar, responsabile della Campagna foreste in Indonesia, a Greenpeace International. «Migliaia di persone in Indonesia e in tutto il mondo hanno firmato per esigere che i prodotti non sfruttino le foreste».
L’impegno di L’Oréal segue quello di altre grandi aziende quali Ferrero, Unilever e Nestlè che si sono mobilitate per eliminare dalla propria filiera l’olio di palma di dubbia provenienza. Un esempio di grande rispetto per l’ambiente portato avanti anche dalla Wilmar International, il più grande rivenditore al mondo di questo prodotto, che già da dicembre ha intrapreso una nuova politica a deforestazione zero.
Ora, il dito resta puntato verso quelle aziende che ancora non hanno preso parte alla campagna. Prima fra tutte la Procter & Gamble. Proprio in questi giorni, dopo un anno di indagini, Greenpeace International ha rivelato come le attuali politiche di approvvigionamento della multinazionale americana siano legate a fenomeni quali la conversione di foreste torbiere e incendi forestali in Indonesia.
A rincarare la dose, una notizia che metterebbe in cattiva luce il Gruppo Plantation BW, uno dei principali fornitori della P&G. Uccisioni di oranghi e cimiteri animali clandestini sarebbero stati documentati nelle proprietà del gruppo confinanti con il parco nazionale Tanjung Puting, come testimonianza di pratiche brutali utilizzate per allontanare gli animali dalle coltivazioni e preservarne l’integrità.
«La Procter & Gamble deve smettere di far arrivare nelle nostre docce prodotti che causano la distruzione della foresta pluviale e garantire ai propri consumatori prodotti che rispettino uno dei più importanti polmoni del Pianeta. La multinazionale dovrebbe seguire l’esempio di aziende come Ferrero, Unilever, Nestlé e L’Oréal, che si sono già impegnate a ripulire le loro filiere dell’olio di palma da fornitori controversi» afferma Esperanza Mora, della campagna Foreste di Greenpeace Italia. «Negli ultimi otto mesi abbiamo cercato il confronto con la Procter & Gamble, ma invece di agire in modo serio e concreto, l’azienda si nasconde dietro mere azioni di greenwashing».
Foto: Greenpeace
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