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Un nuovo ponte per San Benedetto del Po. L’epilogo di una vicenda travagliata

 

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Luigi Diego Di Donna

 

È dal maggio del 2012, da quando alcune violente scosse di terremoto fecero tremare Emilia Romagna e Lombardia, che a San Benedetto Po il ponte sul Grande Fiume fa paura a chiunque vi transiti.

Siamo in provincia di Mantova, ed il passaggio sul Po è un punto strategico, oltre che obbligato, per i trasporti di merci e persone. In un primo tempo era il ponte di barche ad assolvere questa funzione: 23 chiatte legate tra loro e percorse da una passerella di 278 metri di lunghezza per 5,70 metri di piano carreggiabile. Poi, negli anni ’60, fu costruito quello in cemento, per ora ancora in piedi. Cinque piloni distanti gli uni dagli altri 67 metri, di cui i tre centrali immersi in acqua, a poggiare precari sul fondo limaccioso.

Sin dall’inizio la costruzione ha manifestato problemi di carattere strutturale. Nel corso degli anni si perde il conto degli interventi volti a stabilizzarla, con risultati puntualmente deplorevoli che altro non han fatto che causare disagi, costringendo, chi per necessità deve attraversare il Po ogni giorno, ad aggirare il problema servendosi dell’autostrada A22 o del ponte di Borgoforte, con conseguenti perdite di tempo e denaro per il pedaggio od il chilometraggio in più. “Le pile in alveo – ha spiegato Antonio Covino, funzionario tecnico della provincia di Mantova responsabile della progettazione stradale, dei ponti, delle strutture complesse e del porto – si sono mostrate subito deboli rispetto alle spinte esercitate dalla corrente del fiume. Il ponte era stato costruito con la tecnologia di allora, con piloni infissi nel terreno e travi tampone che si appoggiano sulle spalle degli stessi piloni. Il movimento di questi ultimi ha fatto sì che le travi orizzontali che reggono il manto stradale si siano mosse in modo non omogeneo, creando quelle ondulazioni della strada che ancora oggi si vedono”. I vari interventi dell’Anas, ex-proprietaria del ponte oggi in mano all’amministrazione provinciale, utilizzando grandi quantità di cemento per pareggiare i punti più bassi degli impalcati, hanno sì rimesso in piano il tutto, ma anche aggravato ulteriormente la situazione statica della struttura, non adatta a reggere tutto quel peso. Dopo il terremoto la strada s’è nuovamente deformata, risultando più simile a delle montagne russe che ad un ponte sul fiume.

Benché pochi giorni dopo il terremoto il sindaco del comune sede dell’abbazia benedettina abbia emesso un’ordinanza per la quale si vieta il transito ai veicoli con un carico complessivo superiore alle 7,5 tonnellate, molti sono i camionisti ad infischiarsene, col rischio che la già precaria struttura ceda definitivamente trasformando una storia sfortunata in una tragedia annunciata. Le strettoie poste alle estremità del ponte non bastano a dissuadere i più testardi, che spesso finiscono per rimanere incastrati e bloccare il traffico. I guardrail ne portano i segni.

 

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Finalmente pare prospettarsi all’orizzonte una soluzione definitiva. Trenta i milioni di euro messi a disposizione dalla regione Lombardia per il rifacimento del ponte. Spiega Alessandro Pastacci, presidente della provincia: “Per noi il ponte di San Benedetto è una priorità. All’interno della provincia abbiamo creato uno staff multidisciplinare di progettazione al quale è stato affidato l’incarico di vagliare le diverse possibilità tecniche e giungere alla stesura di una progettazione preliminare da sottoporre poi all’attenzione degli enti autorizzativi”. Il risultato della bozza di progetto è una struttura avveniristica: un ponte a doppio arco, con due campate lunghe rispettivamente 150 e 180 metri che poggeranno su un’unica pila in alveo. La struttura del nuovo ponte, poi, sarà realizzata in acciaio, materiale molto più leggero dell’attuale calcestruzzo. L’impalcato sarà retto da funi metalliche in modo da poter mantenere le attuali rampe. “La soluzione scelta – assicurano Pastacci, Covino e l’ingegnere Giulio Biroli, responsabile dei lavori – è la più pratica tecnicamente e logisticamente, oltre che la più economicamente sostenibile.”

Le stime indicano che per la realizzazione completa non ci vorranno più di due anni. Pare inoltre che il traffico, nel frattempo, non verrà bloccato del tutto. S’è pensato infatti di realizzare la nuova opera di fianco a quella vecchia, poggiandola su basamenti realizzati dall’Anas nel 1964 in vista di un raddoppio della struttura mai realizzato. In un secondo momento il vecchio ponte verrà definitivamente abbattuto per traslare al suo posto quello in acciaio, riducendo così la chiusura del traffico transfluviale a soli tre mesi.

Entro la fine del 2014 dovrebbe partire la gara europea per l’appalto, nella speranza che finalmente, a San Benedetto Po, sarà possibile transitare sul Grande Fiume senza essere accompagnati dalla paura di finirci dentro.

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