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Non c’è quasi più il campo da calcio a Casola Valsenio ( Faenza): è franato nel fiume dopo la bomba d’acqua di fine febbraio

Non c’è quasi più  il campo da calcio a Casola Valsenio ( Faenza): è franato nel fiume dopo la bomba d’acqua di fine febbraio

Valsenio frana il campo  calcio

di Esther Mengozzi

 

È stato il faentino la zona più colpita dall’ondata di maltempo che ha interessato la Romagna la scorsa settimana. In pianura, la stazione meteorologica di Reda è arrivata a registrare circa 40 millimetri di pioggia in sole 24 ore. Ma le precipitazioni sono state abbondanti anche nella fascia pedemontana, dove i pluviometri hanno misurato tra 33 e 60 millimetri di pioggia. I disagi sono arrivati un po’ ovunque, con torrenti esondati, strade comunali chiuse e fenomeni di smottamento.

A rivelarsi davvero critica è stata però la situazione di Casola Valsenio, “un autentico disastro” come lo ha definito il sindaco Nicola Iseppi. Nella prima mattinata di mercoledì 25 febbraio, infatti, il campo sportivo “Enea Nannini” è crollato per metà nel sottostante corso del fiume Senio, a causa di una frana dovuta alle intense precipitazioni. La struttura terminata nel 1995 era stata oggetto di successivi ampliamenti finiti nel 2014, per un costo complessivo di 500 mila euro. Una risorsa e un vero e proprio fiore all’occhiello per l’intera comunità andato distrutto in pochi secondi. La frana infatti, lunga circa 200 metri, larga 40 e alta altrettanto, non ha lasciato scampo al campetto di allenamento e ad un terzo del terreno di gioco. Manto verde, panchine, illuminazione, porte, bandierine, ma anche alberi e recinzioni sono stati tutti trascinati nell’alveo del torrente. A rischiare di finire nel Senio sono stati anche alcuni animali presenti in aree limitrofe e bloccati tra il fiume e una zolla di terreno staccatasi dalla frana, salvati poi dai Vigili del Fuoco nelle ore successive al disastro.

A parte gli ingenti danni economici alla struttura sportiva e l’instabilità continua dell’area, a destare preoccupazione sono state in un primo momento anche le centinaia di migliaia di tonnellate di materiale riversatosi nel Senio, che ne avevano ostruito il corso. Ma, a seguito dell’intervento del Servizio tecnico di bacino Reno, il fiume è stato tempestivamente liberato, permettendo così la ripresa del normale deflusso dell’acqua e scongiurando un allagamento dei terreni circostanti.

Come ciò sia potuto accadere, in una zona considerata sicura dove tutti i pomeriggi bambini e ragazzi andavano ad allenarsi, è la priorità che le istituzioni stanno perseguendo in questi giorni. Venerdì scorso tecnici dell’Università di Bologna, guidati dal geologo Marco Dubbini, in collaborazionecon ilServizio tecnico di bacino e i Vigili del Fuoco, hanno sorvolato il campo sportivo raccogliendo immagini dell’area e dell’imponente frana per valutare la natura e l’entità del movimento franoso e monitorare lo sviluppo del dissesto. “A seguito del sorvolo con il drone – spiega Dubbini – abbiamo raccolto i dati e li abbiamo elaborati in un paio di ore. Quello che è stato creato è un modello 3D che servirà a capire che opere devono essere fatte per mettere in sicurezza l’area ed eventuali criticità che ancora persistono”.

In attesa di un’elaborazione più dettagliata del modello e ai successivi interventi per la messa in sicurezza del sito, non ha tardato ad abbracciare Casola la solidarietà dei paesi circostanti. A una settimana di distanza dal disastro del “Nannini” sono state infatti tante e diffuse le attestazioni di vicinanza alla comunità: diverse società sportive hanno espresso disponibilità per aiutare la società Ac Casola nel proseguo dell’attività calcistica, offrendo ospitalità per allenamenti e partite, mentre dal punto di vista organizzativo si sta pensando all’apertura di un conto corrente bancario dove far affluire contributi e offerte economiche. Il tutto all’insegna del motto “Forza Casola”.

All’indomani del disastro che ha colpito Casola Valsenio, Coldiretti ha denunciato la drammatica situazione dei territori italiani, sempre più sfruttati e lasciati privi di pianificazioni territoriali adeguate: “Oggi in Italia 5 milioni di cittadini vivono o lavorano in aree considerate ad alto rischio idrogeologico e 6.633 comuni hanno parte del territorio ad elevato rischio di frana o alluvione, anche per la mancanza di una adeguata pianificazione territoriale. Su un territorio reso più fragile dal consumo di suolo si abbattono i cambiamenti climatici con le precipitazioni sempre più intense e frequenti con vere e proprie bombe d’acqua che il terreno non riesce ad assorbire. A questa situazione non è certamente estraneo il fatto che un modello di sviluppo sbagliato ha tagliato del 15 per cento le campagne e fatto perdere negli ultimi venti anni 2,15 milioni di ettari di terra coltivata”.

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