
Nasce in India il Bancomat dell’acqua

di Filippo Madoi.
Due anni fa, il responsabile della fondazione indiana Sarvajal, Anand Shah, dichiarò al sito scidev.net di aver elaborato un metodo per combattere la piaga della sete nel paese, il Bancomat dell’acqua. In India, infatti, quello della scarsità di acqua potabile è un problema all’ordine del giorno. A novembre l’istituzione, in accordo con il governo indiano, ha stipulato l’accordo per un progetto pilota che inizia in questi giorni a diffondersi: 24 di queste macchine sono state portate nei punti sensibili della città di Nuova Delhi, le zone più povere e prive di qualsiasi servizio idrico.
Il funzionamento è analogo a quello dei comuni bancomat: con una spesa di 100 rupie (poco meno di 1,50 euro) si può acquistare una tessera ricaricabile che, una volta inserita all’interno del macchinario, eroga acqua potabile.
Dopo che l’acqua viene depurata nello stabilimento Sarvajal, viene immagazzinata nei vari distributori, accesi 24 ore e funzionanti ad energia solare, che hanno una capacità di 5000 litri. Il livello dell’acqua è continuamente monitorato dall’ente, che, tramite collegamento sms, è in grado di sapere quando essa è sul punto di esaurire.
Dopo un iniziale scetticismo da parte delle autorità indiane, all’azienda è stato concesso l’utilizzo gratuito, per dieci anni, di appezzamenti di terra inutilizzati in zone strategiche destinate allo stoccaggio delle cisterne.
Sarvajal, che finanzierà interamente l’operazione, è la sezione filantropica dell’azienda farmaceutica Piramal Group. Intenzione del promotore dell’iniziativa è quella di portare acqua potabile in ogni zona dello stato: secondo una stima del 2013 di wateraid.org in India ogni anno muoiono circa 320.000 bambini per diarrea causata dalla non potabilità dell’acqua.
Proprio per la tragicità di questi dati nasce Sarvajal, il cui nome in sanscrito significa “acqua per tutti”.
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