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Contando i tonni rossi Gli incassi e il veleno della pesca illegale e (purtroppo) anche legale

 

tonno rosso 1

di Andrea Francesca Franzini.

   “Technologically, not a single animal on Earth has a chance.”  Jeffrey Hutchings, Università di Dalhousie, Canada

(A livello tecnologico, nessun animale sulla Terra, se cacciato, ha scampo)

The man won’t change and the seas will die. Because man is crazy, we are crazy.” Manolo Pacheco Luis, pescatore, Stretto di Gibilterra

(L’uomo non cambierà e i mari moriranno. Perché l’uomo è pazzo, siamo dei pazzi)

“We know other ecosystems have problems. When you mess around with nature, that usually happens.” Yvonne Sadovy, Università di Hong Kong

(Sappiamo che altri ecosistemi hanno dei problemi. è quello che succede se si scherza con la natura)

“I decided and tried to do the right thing.” Roberto Mielgo Bregazzi, ex sommozzatore di tonnate

(Ho deciso e provato a fare la cosa giusta)

Pescatori, politici, cittadini, scienziati e giornalisti sono intervenuti nel film The end of the line di Rupert Murray, per denunciare una scomparsa imminente e devastante: la popolazione marina è diminuita negli ultimi 50 anni del 90%. Alcuni smentiscono e abbassano l’asticella della morte al 70%, ma a questo punto poco importa.

Una strage che assilla in modo particolare la specie del tonno rosso, decimandone le possibilità di sopravvivenza: per impedirne la scomparsa, il pesce pescato dovrebbe essere limitato a 15.000 tonnellate annue, per permettere alla specie di riprodursi e “guarire” bisognerebbe fermare la pesca a 10.000 tonnellate all’anno. I ministri, invece, che hanno espresso a Lussemburgo la volontà dell’Unione Europea, hanno fissato la quota di pesce pescabile a 29.500 tonnellate. Dati folli, che si arrendono alla stima di tonni uccisi all’anno, che conta 61.000 tonnellate dalla pesca legale ed illegale.

Pochi numeri che aprono la porta a conseguenze biologiche, ecologiche e sociali inquietanti. L’immobilismo, l’inaction, infatti, ha in parte già portato l’industria ittica ad esaurire le risorse di tonno rosso e sembra che nei prossimi 50 anni finirà l’opera. Questo però non sembra preoccupare le imprese: un’altra specie di tonno prenderà il suo posto.

Per la stessa irrazionale ragione, un altro allarme ecologico prende piede: l’estinzione dei pesci, che contribuiscono al mantenimento del giusto equilibrio nel PH degli oceani, oltre a svuotare i mari, li renderà acidi e la loro capacità di assorbire anidride carbonica ne uscirà compromessa, dando un notevole e sconveniente aiuto al riscaldamento globale.

tonno rosso 2

Nel corso della sua indagine, il giornalista Charles Clover ha raccolto la testimonianza di Roberto Mielgo Bregazza, che ha raccontato un episodio significativo: scorta un’imbarcazione in cui due container venivano riempiti di tonni rossi, contò 28 tonnellate di tonno per container, 56 tonnellate in tutto e una cifra in conclusione più alta di quanto il governo di Taiwan dichiarasse di pescare all’anno, tutto in una sola barca.

Gli scandali dell’industria ittica si susseguono a non finire: a sud di Lampedusa, a est della Tunisia, fuori dalle acque libiche e sotto il controllo delle imbarcazioni italiane, vengono utilizzati degli aerei per individuare i banchi di tonni, pratica dichiarata illegale da oltre 10 anni ed ignorata dal governo italiano.

Non solo, Mielgo ha inoltre rivelato che a Tokyo, in previsione dell’esaurimento di esemplari, sono state accumulate riserve di 60-70.000 tonnellate di tonno rosso per poter trarre guadagno anche dalla loro estinzione: le riserve, congelate, saranno suscettibili di qualsiasi manipolazione sui prezzi.

In aggiunta a tutto ciò, gli effetti sociali del saccheggio prodotto dalla sovrapesca si ripercuotono già adesso sui pescatori delle realtà locali, che si vedono costretti a trasferirsi in Europa per garantire un futuro ai propri figli. La costa occidentale africana e il Senegal sono un esempio dell’1,2 miliardo di persone che dipendono dalla pesca e che si ritroveranno privati della loro prima risorsa per sopravvivere.

L’indignazione coinvolge tutti e la conclusione che se ne trae è lo sconvolgente interrogativo sul perché i mari, sebbene appartenenti ai cittadini e non all’industria ittica, sembrano essere destinati ad essere governati da predoni che fanno da padroni.

 

 

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