
Fotovoltaico nazionale: tra tagli agli incentivi e trionfalismi eccessivi

di Marta Costantini.
E’ l’Italia il terzo Paese al mondo per impianti fotovoltaici: la notizia è stata resa nota da Repubblica in un articolo del 17 marzo. Il dato viene fornito dall’associazione Anie Rinnovabili che dà all’Italia la medaglia di bronzo dopo Germania e Cina grazie ai suoi 648mila impianti installati. Nonostante i cospicui tagli fatti alle energie rinnovabili dal governo Letta prima e da quello Renzi poi, va sottolineato che le detrazioni IRPEF per le istallazioni più piccole a livello residenziale, hanno prodotto un forte incremento della produzione di fotovoltaico. Vale a dire che è grazie ad iniziative private che l’Italia ha raggiunto questo piccolo primato.
Non a caso proprio uno studio del 2013 realizzato dalla Fondazione Univerde e da Ipr marketing, rivela come i cittadini italiani ritengano il fotovoltaico in primis, e le altre fonti rinnovabili (eolico e idroelettrico) poi, siano le principali fonti energetiche sulle quali il Paese dovrebbe investire.
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Come ci conferma Matteo Carboni, un giovane ingegnere marchigiano impegnato nel ramo industriale,il taglio degli incentivi riguardanti le energie rinnovabili, è uno dei motivi principali che costringe le aziende di giovani ingegneri italiani impegnati nella produzione a livello nazionale di energia green a muoversi verso l’estero, dove le sovvenzioni a favore di queste sono migliori e maggiori. L’esperienza di Carboni in proprio, inizia nel 2013 con l’apertura a Fermo di una società di giovani ingegneri che, con sede legale in Italia, lavorano a livello internazionale, portando il rinnovabile in Romania e in Sudafrica. Tuttavia l’incrociarsi di una situazione economica nazionale precaria, la mancanza di incentivi e prospettive nel Paese, hanno costretto l’azienda a una delocalizzazione totale, spostandosi in Inghilterra, a Bristol, dove la «moda per la green energy si è sviluppata negli ultimi anni», ci dice Matteo. Dalle sue parole possiamo comprendere che per poter vivere dignitosamente, «bisogna sfruttare il luogo dove un determinato affare va di più».
Come emerso dal recente Green investor day sono (e saranno) numerose le aziende di media e grande entità che scelgono di spostare la propria sede legale, la produzione e dunque i profitti all’estero. Si parla principalmente di Paesi come Inghilterra e Romania dove la legislazione in materia di energie rinnovabili, in questi ultimi anni, ha attirato investitore a livello internazionale, in certa misura anche dall’Italia.
Emerge che i grandi impianti fotovoltaici non sono così diffusi in Italia come potrebbe sembrare, proprio per la mancanza di quei famosi incentivi statali di cui si accennava. Ne consegue che le medie e grandi imprese italiane si internazionalizzano, o meglio si dislocano, producendo alla fine una grave danno per l’industria nostrana in materia di rinnovabili. Sempre dai dati Vedogreen inoltre si evince che molti degli investitori sul piano della compagine azionaria delle aziende green, siano stranieri (circa il 75%).
I dati di Vedogreen e la testimonianza di Matteo, ci fanno capire che la realtà è ben diversa da quella che emerge dalla classifica di Anie Rinnovabili (associazione legata a Confindustria). Quando si parla di rinnovabili i fattori da prendere in considerazione sono molteplici e la strada da percorrere per un’industria efficace nel nostro Paese, è ancora lunga.
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