
26 miliardi alle autostrade del mare dall’Europa, ma per la Sardegna non c’è nulla

di Francesca Matta.
Dal 20 marzo la Sardegna esulta: il prezzo dei biglietti dei traghetti è sceso del 20% per il calo del costo del carburante. Quindi maggiori vendite, più turismo e maggiori entrate, si spera. Ma l’isola è nella posizione giusta per festeggiare?
A sfogliare l’ultimo master plan nazionale delle autostrade del mare, si direbbe che la Sardegna sia stata cancellata dal piano di sviluppo della rete trans-europea dei trasporti, approvato dalla Commissione Trasporti al Parlamento Europeo, che, per il periodo 2014-2020, stabilisce un finanziamento pari a 26,25 miliardi di euro per i 10 corridoi di comunicazione, che dovrebbero consentire un miglioramento dei collegamenti all’interno dell’Unione Europea.
Nel documento, infatti, vengono individuate solo due linee sostitutive dei lunghi tratti stradali di attraversamento dal Nord al Sud Italia: Genova-Termini Imerese e Ravenna-Catania. La Sardegna e la Sicilia, invece, sono escluse dalla Circoscrizione meridionale per il calcolo del mercato potenziale del traffico marittimo, perché fanno parte del trasporto combinato obbligato.
In tutte le cartine che tracciano i percorsi di collegamento tra la Penisola italiana e il resto dell’Europa, la Sardegna è l’unica regione a restare fuori dal giro.
La Commissione trasporti europea, infatti, ha stabilito che per il tratto “Baltico-Adriatico” verranno utilizzati i porti di Trieste, Venezia, Ravenna e Capodistria; per il percorso “Mediterraneo” i porti di navigazione interna di Cremona, Mantova, Venezia, Ravenna e Trieste; per il tragitto “Scandinavia-Mediterraneo”, infine, saranno i porti di Ancona, Napoli, Bari, La Spezia, Livorno, Palermo, Taranto, Valletta e Marsaxlokk a creare una rete con il continente europeo.
Ma c’è di più: nella tabella in cui si calcola il fabbisogno finanziario per ogni “arco portuale”, risulta ancora più evidente l’isolamento, economico oltre che fisico, della Sardegna: se il costo complessivo stabilito per il fabbisogno dei porti è di 1.056.32 milioni di euro, i porti di Cagliari, Oblia-Golfo Aranci e Porto Torres, non riceveranno nemmeno una banconota in tasca. Verranno considerati nella “seconda fase”, che in Italia significa “mai”. Una scelta azzardata, dato che l’isola si trova in una posizione assai strategica, tra Spagna, Francia e Nord Africa.
La notizia, che avrebbe dovuto generare un certo scompiglio nell’isola, non ha visto una grande risonanza a livello mediatico, tant’è che gli stessi politici locali non si sono preoccupati più di tanto di battere il pugno sul tavolo per far valere le risorse della regione. Come fa notare Francesco Sanna del gruppo indipendentista ProgReS:«Nessuno difende i nostri interessi nazionali. Questo è quanto. Da decenni si porta avanti un disegno criminale di marginalizzazione del nostro territorio dal contesto europeo e mediterraneo e nessuno fiata. Tutti complici e sostenitori di queste politiche, e tutti, allo stesso tempo, pronti a lamentarsi quando il piano diviene talmente evidente da non poterlo più nascondere sotto il tappeto». Il nuovo Presidente della regione, Francesco Pigliaru (PD), infatti, non si è ancora espresso sulla questione, nonostante, in seguito allo scandalo Saremar, progetto bocciato dall’Unione Europea, avesse proposto un nuovo programma di continuità territoriale. Ma questa è un’altra storia. E Sanna continua: «Basta con le prese in giro. Provate a dare un’occhiata a come le piccole repubbliche europee hanno fatto valere la propria forza istituzionale in contesti come quello in cui si definivano i 40 porti strategici europei per il bando sui TEN-T: avrete delle piacevoli sorprese». Una posizione che fa discutere, sì, ma se l’Italia e l’Europa non si preoccuperanno di coinvolgere anche economicamente la Sardegna nel nuovo progetto, rimarrà la sola alternativa per non continuare ad essere “l’isola che non c’è”.
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