
Mentre le strade crollano a pezzi

di Matteo Ferzini.
Frane e disagi lungo i collegamenti dell’alto parmense.
La frana di Castelmozzano, frazione arroccata sulla Val Toccana nel territorio di Neviano Arduini verso l’Appennino parmense, ha fatto in tempo a raggiungere il suo primo “compleanno” prima che gli abitanti di questa zona si vedessero restituita la propria strada principale: crollato nel maggio del 2014, arrivando a lambire le fondamenta della chiesa del piccolo paese, il fronte franoso della costa su cui sorge Castelmozzano si era andato per mesi allargandosi in modo sempre più inquietante, finendo, fin da subito, ad interrompere con terra e detriti la strada provinciale della Val Toccana che unisce il nevianese alla strada di Langhirano, e da lì a Parma. Un’estate di attesa e di traffico limitato, poi, con l’autunno e nuove forti piogge, l’arrivo di grandi recinzioni a bloccare definitivamente qualsiasi transito sulla strada. E così, addio ad una delle principali arterie di traffico per gli abitanti di questa zona a metà tra pianura e alto Appennino, costretti a deviare su una comunale ristretta e ripida durante i peggiori mesi dell’anno: non sono mancate forme di protesta e richiami da parte dei cittadini della zona, che chiedevano a chi di competenza risposte, e soluzioni. Infine, nel maggio del 2015 i tanto attesi lavori sono iniziati, grazie ad un fondo regionale di 100.000 euro: strada liberata, valli contenitivi applicati lungo il fronte franoso, nuovi sistemi d’irreggimentazione dell’acqua. Ma specificano dalla Provincia, la guardia rimane alta, e si è pronti a chiudere di nuovo la strada, con tanto di appositi semafori e telecamere di controllo piazzate sulla strada, in caso di nuove, forti piogge: il che vuol dire, con buona probabilità, il prossimo inverno.
Quello di Castelmozzano è un esempio, e forse nemmeno il peggiore, di una situazione con cui gli abitanti dell’alto parmense, Val d’Enza, Parma, Taro, hanno dovuto loro malgrado imparare a convivere. Basta solo spostarsi di poche decine di metri dalla grande frana di Castelmozzano, e inizia l’interminabile su e giù delle sospensioni per qualsiasi macchina: sulle strade del parmense si balla, un po’ ovunque, tra crepe che spezzano le carreggiate, pezzi d’asfalto ingoiati dal nulla a lato della strada, strati su strati di ghiaia e gettate d’asfalto a ricoprire buche e avvallamenti che tanto ritornano sempre. Un altro esempio: la strada che a Ruzzano, nel comune di Palanzano posto sopra al nevianese, è da due anni ridotta alla metà di se stessa proprio in mezzo al piccolo abitato. O la stalla di Bazzano, tornando vicino Neviano, che quest’inverno è stata per metà evacuata perché una grande massa di terra si è spostata quasi di punto in bianco verso valle, andando a scoprire le fondamenta stessa dell’azienda.
E’ il dissesto idrogeologico, che da anni (ma non tanti, il tempo perché anche un ragazzo si ricordi quando non era così) si prende ogni anno, anzi ogni stagione il suo tributo di terra e asfalto. E disagi per chi su quelle strade, ballando e dribblando, a denti stretti ci vive: e ogni tanto protesta e promette di mettere mano alle ruspe (ma in questo caso solo per scopi preposti a questi strumenti), come gli abitanti della Val Toccana, oppure manda una raccolta firme direttamente al Presidente del consiglio, come hanno fatto gli abitanti di tutto il nevianese qualche mese fa. E tra una curva e l’altra, e qualche gomma distrutta per chi è poco pratico della zona e non ha ancora imparato a memoria quando schivare o rallentare, emergono le perplessità e le contraddizioni di un territorio che si sente spesso abbandonato: contraddizioni come dichiarare la fine di un Ente, senza che si sia pensato davvero prima a chi, e con quali risorse avrebbe preso in mano le manutenzioni di sua competenza, mentre le risorse sparivano ed il mantra del “Non ci sono i soldi” prendeva sempre più il sopravvento; o come voler ridare vita ad attività produttive e turistiche depresse, ma senza poter contare su una viabilità non tanto attrattiva ma almeno percorribile; o ancora, e qui il discorso assume dimensioni ben più elevate delle singole valli parmensi, contraddizioni come il ripetersi da anni (e soltanto qualcuno) che solo con la prevenzione e la progettazione si convive con un territorio morfologicamente difficile e con un clima sempre più imprevedibile, mentre il metodo in vigore rimane, nonostante tutto, quello della gestione dell’emergenza. E che gestione.
Eppure si resiste, da montanari. E ci si abitua, in fondo, ad attendere tempi migliori e a vivere tra un panorama e l’altro, da osservare però tra uno scossone ed una frana interrotta. Ricordandosi ancora, a denti stretti, che potrebbe andare peggio. Potrebbe piovere ancora.
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.