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Petrolio: nuove trivellazioni (e polemiche) in Basilicata

Petrolio: nuove trivellazioni (e polemiche) in Basilicata

di Alessia Tavarone.

 

La Basilicata è una terra dal cuore grande e i lucani nel corso dei secoli hanno convissuto con i popoli che dall’antichità l’hanno conquistata e attraversata, fino ai tanti immigrati dei giorni nostri che, sbarcati in Sicilia, trovano spesso occupazione nella coltivazione dei campi pugliesi e lucani. Ma la Basilicata è sulla bocca di tutti non per il cuore dei suoi abitanti, ma per quello che si trova a metri di profondità: il petrolio, l’oro nero che sta scatenando proteste, battaglie legali e interessi economici. La Basilicata, infatti, è la regione italiana più ricca di petrolio e si stima che sia anche il giacimento più grande dell’Europa continentale, con circa 400 milioni di barili di petrolio nel suo sottosuolo.

 

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Capo Rizzuto

 

DATI LEGAMBIENTE – Secondo i dati Legambiente di dicembre 2014, in totale sono 93 i Comuni della Basilicata interessati dalla ricerca al petrolio, per un territorio complessivo di 2.685,81 chilometri quadrati. Di questi, ben 33 ricadono in Area Parco e 7 nel territorio dell’istituendo Parco Regionale del Vulture. Le polemiche di cittadini e ambientalisti si sono nuovamente infiammate perché il Tar lucano, bocciando un provvedimento della Regione che aveva invece decretato una moratoria di due anni a nuove trivellazioni, permetterà alla società statunitense Aleanna Resources di compiere trivellazioni per nuovi pozzi nella zona dell’Alto Bradano, in provincia di Potenza. Per la Regione la richiesta andava bocciata perché un ulteriore sviluppo della produzione di idrocarburi sarebbe in contrasto con le direttive nazionali che prescrivono la diversificazione delle fonti.

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Otranto

 

RISCHI E POLEMICHE – Ma le proteste non si fermano alle trivellazioni su terra, si estendono anche a quelle in mare. Recentemente, infatti, per un emendamento al testo di recepimento della direttiva europea sui reati ambientali, si è, di fatto, riaperta la possibilità di procedere con attività estrattive nel Mar Ionio per un’area di circa 14 mila kmq che riguarda le coste Calabresi, Pugliesi e della Basilicata. Le eventuali trivellazioni nel mar Ionio andrebbero a minare uno tra i più bei mari d’Italia con ripercussioni sulle spiagge e sugli ecosistemi naturali di queste regioni. Le coste lucane, pugliesi e calabresi, infatti, oltre a essere mete turistiche ambite per la bellezza del territorio, la ricchezza di specialità artigianali e agro alimentari, di siti di interesse artistico e storico, andrebbero preservate e tutelate anche per le numerosissime riserve naturali e aree protette.

 

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Vasto

 

SALVAGUARDIA DEL TERRITORIO – Come sottolineano i responsabili di Legambiente, inoltre, il Mar Ionio essendo un habitat preferenziale e/o punto di transito per numerose specie di cetacei, è un’area particolarmente delicata e sensibile. Infatti, sono ormai noti gli impatti sull’ecosistema marino derivanti dalle attività di ricerca d’idrocarburi: su tutti la tecnica dell’airgun, riconosciuta a livello internazionale come profondamente impattante, che può provocare danni e alterazioni comportamentali, talvolta letali, in specie marine assai diverse. Anche Greenpeace si è occupato della problematica lanciando su TrivAdvisor, una serie di fotomontaggi che mostrano come potrebbero essere le coste italiane nel 2020 una volte liberalizzate le ricerche d’idrocarburi previste nel decreto Sblocca Italia. La campagna, che in pochi giorni ha raccolto 23 mila adesioni, è un altro segnale di come i cittadini siano sempre più attenti ed interessati alla salvaguardia del territorio.

 

IMMAGINI PRESE DAL SITO http://www.greenpeace.org/italy/it/Cosa-puoi-fare-tu/partecipa/trivadvisor/

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