
Come gestire la risorsa acqua: il servizio idrico a quattro anni dal referendum del 2011
di Veronica Fumarola Si è tenuto ieri, giovedì 3 dicembre 2015, presso l’auditorium Santa Elisabatta, nell’area parco delle Scienze dell’Università degli Studi di Parma, l’incontro-dibattito sul servizio idrico dal titolo “Come gestire la risorsa acqua: il servizio idrico a quattro anni dal referendum”. La conferenza, voluta dal professor Renzo Valloni, si inserisce all’interno delle iniziative organizzate dal Centro Acque dell’ateneo (eu.watercenter) in collaborazione con Scritture d’acqua, premio internazionale, letteratura, arte, scienza, tecnologia, che festeggia quest’anno i suoi vent’anni.
A quattro anni dal referendum sull’acqua, tenutosi l’11 e il 12 giugno 2011, in cui gli italiani hanno votato contro la privatizzazione dell’acqua, docenti universitari, esperti, consiglieri regionali sono intervenuti per spiegare cosa è cambiato in questi anni a livello comunale, regionale e nazionale nella gestione del servizio idrico.
Gabriele Folli, assessore all’ambiente del comune di Parma, ha illustrato un progetto avviato nel 2014, nell’ambito dell’educazione all’uso dell’acqua pubblica, che aveva e ha come obiettivo, ancora oggi, quello di diminuire il consumo di bottiglie di plastica nelle mense a vantaggio dell’acqua distribuita in caraffa. Il progetto ha richiesto un particolare impegno nel rapporto con i genitori, molti dei quali diffidenti nei confronti dell’uso di acqua non imbottigliata. Per combattere la diffidenza, sono stati organizzati diversi incontri per rassicurarli sulla qualità e sulle attività di controllo del prodotto. Inoltre, per incentivare il consumo dell’acqua pubblica, sono stati installati in città, nel settembre 2015, cinque nuovi distributori di acqua minerale naturale e minerale frizzante con un prezzo che varia dai 4 ai 5 centesimi al litro.
Ma, nonostante le diverse iniziative, nel comune parmigiano, si registra una situazione confusionaria evidenziata, durante il dibattito, anche dal professore Antonio Bodini, docente universitario e membro del coordinamento dell’acqua pubblica di Parma. Bodini si oppone alla volontà del consiglio comunale di uscire da EmiliAmbiente e propone la creazione di un gestore unico e pubblico del servizio idrico in provincia. Il progetto, ideato per ridurre la distanza tra gestore e cittadino e per garantire la sobrietà nei compensi e nei benefit dei manager, è stato presentato nell’assemblea dei sindaci, quando si è stabilita anche la data della sua realizzazione, che dovrà avvenire entro il 2025.
Uno dei temi più discussi è stato il maggiore interesse mostrato da alcune società nel cercare di accaparrarsi i dividendi a svantaggio di un’azione che porti a una riduzione dei costi o all’attuazione di una politica che faccia pagare di più chi consuma di più. Su questo punto, in particolare, si è soffermato Emiliano Codeluppi, referente del Comitato Acqua bene comune di Reggio Emilia, il quale denuncia una volontà del governo italiano a intraprendere la direzione della privatizzazione dei servizi pubblici, incentivando esplicitamente le dimissioni di quote azionarie dei comuni a favore dei soggetti privati.
Qual è, invece, la posizione della regione rispetto alla gestione del servizio idrico? Silvia Prodi, consigliera regionale, esponente del PD, spiega che, in Emilia Romagna, si è scelto di perseguire una linea ben precisa: lasciare ai territori libera scelta cercando, però, di capire se è possibile varare una legge regionale che regoli la gestione del servizio idrico. Queste decisioni non possono prescindere da ATERSIR, l’Agenzia Territoriale dell’Emilia Romagna per i Servizi Idrici e i Rifiuti, della quale fanno parte parte tutti i comuni e nella quale trovano rappresentanza anche tutte le province emiliane.
Come fa notare Vito Belladonna, direttore di ATERSIR, si deve tener conto di un importante elemento: i costi regionali sono comunque regolati da un’autorità nazionale, l’AEEGSI, l’autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico, che definisce il metodo tariffario al quale le regioni italiane e le varie “società in house” o gli enti privati devono adeguarsi. Situazione messa in evidenza anche da Rita Mileno, responsabile dei progetti esterni per la fondazione UTILITATIS, la quale specifica, nel suo intervento, l’esistenza di sistemi regolatori multi livello: se è vero che esistono gli enti locali, è anche vero che ogni ente locale deve sottostare a un authority nazionale che dà delle indicazioni ben precise.
La situazione, a quattro anni di distanza dal referendum, resta confusionaria: ci sono regioni in cui la gestione è affidata a un unico ente, altre in cui esistono società in house e enti privati; servono investimenti per migliorare le infrastrutture ed è necessaria un’uniformazione delle tariffe.
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.