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Impronta ecologica: 2 mondi e 1/2 per vivere come gli italiani

Impronta ecologica: 2 mondi e 1/2 per vivere come gli italiani

 

over shoot day 2016

di Katia Dell’Eva.

Poco più di due mondi e mezzo: e scusate se è poco. Ma  è il territorio che sarebbe necessario all’umanità per poter sopravvivere mantenendo lo stile di vita di un italiano medio.

Un impatto ambientale, quello della nostra nazione, allineato al resto d’Europa. Secondo i dati forniti dal Wwf,  infatti, l’impronta ecologica europea è pari a 2,6 Terre.

A livello mondiale, Footprint Network calcola che l’umanità, nel 2014-2015, ha necessitato di 1,6 pianeti per sopperire al fabbisogno di ognuno. Questo significa, necessariamente (poiché un altro mondo da sfruttare non c’è), uno squilibrio nell’uso delle risorse naturali: da un lato, pochi che molto consumano, dall’altro molti che poco consumano.

Uno spreco tale che, negli ultimi anni – come sottolinea la stessa organizzazione -, ci porta a terminare le risorse annue disponibili ben prima della fine di dicembre (non accade dal 1972). Nel 2010 l’Overshoot Day fu calcolato al 28 agosto, nel 2011 al 25 agosto, nel 2012 al 23 agosto, nel 2013 al 20 agosto, nel 2014 al 17 agosto, nel 2015 al 15 agosto, in una spirale di rapido declino.

 

 

Ma che cos’è “l’impronta ecologica” o “impronta di carbonio”?

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Nata da uno studio scientifico degli inizi degli anni ’90, svolto da Rees e Wackernagel (e riportato nell’opera “Our Ecological Footprint: Reducting Human Impact on the Earth”), l’impronta ecologica è il frutto di un  complesso calcolo, che va a quantificare il territorio produttivo necessario per sostenere l’uomo e le sue attività. Questo significa tanto fornirne le risorse di energia e di materia, quanto assorbirne gli scarti prodotti.

L’unità di misura della carbon footprint è il gha, ovvero l’ettaro globale.

 

Rees e Wackernagel nel ’96, con l’uscita del loro libro, affermavano che nel 1961 l’umanità utilizzava il 61% della capacità globale, ma, già nel 1999 ne adoperava il 120%.

E oggi?

Oggi il calcolo dell’impronta ecologica viene prevalentemente applicato al singolo, per cui, dopo aver indagato le capacità di un territorio o di uno stato, le si divide per la popolazione residente, ottenendo così il costo di risorse ambientali di ogni abitante. Ad esempio, come riscontrabile nella mappa sottostante, riportata da Footprint Network, l’Italia possiede mezzi per 1.1 gha, ma ne utilizza, ben 4.2. Ciò vuol dire un deficit ecologico di 3.1 gha. Lo standard europeo (così come quello statunitense), si aggira all’incirca attorno alla stessa cifra.

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Parma invece, nel suo piccolo, si muove su cifre impressionanti e disastrose: il sitoambiente.parma.it riporta una biocapacità di 2.7 gha e un’impronta ecologica di 9.1. Il deficit parmigiano è quindi di 6.4 gha. “Ciò conferma” – sostiene Rolando Cervi, presidente del Wwf Parma – “che il nostro modello di sviluppo si basa sul concetto di ricchi = insostenibili”.

 

E tu, singolo lettore, sai quantificare quanto è forte il tuo impatto su questo pianeta?

Per ottenere una risposta, puoi scegliere tra due diversi questionari:

 

Le prospettive future.

Le prospettive, stando a Wwf, sembrano essere in miglioramento: nonostante il probabile aumento della popolazione globale, si calcola una riduzione delle emissioni di Co2, dai 3,7 gigatoni l’anno del 2012, ai 2,4 del 2050.

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Ciò nonostante, considerate le conseguenze ambientali ormai note a tutti (cambiamento climatico, inquinamento, perdita della biodiversità), è importante non adagiarsi sugli allori. “Se infatti” – afferma ancora Rolando Cervi – “risultano controversi (come dimostrano gli estenuanti negoziati della recente Cop21 di Parigi) i provvedimenti da adottare per invertire la tendenza a livello nazionale ed internazionale, più semplice è che ognuno di noi razioni i consumi e cerchi di ridurre gli sprechi. Ciò che è più paradossale infatti, è che buona parte della pressione che esercitiamo sull’ambiente, non serve a farci vivere meglio, ma viene divorata dall’abisso dello spreco. Basti pensare ad esempio che, a livello globale, circa il 40% del cibo prodotto viene buttato via lungo tutta la filiera, senza mai arrivare in tavola; oppure che la rete idrica di Parma ha una dispersione del 35%, il che significa che, quando riempiamo al rubinetto una caraffa da due litri, un terzo litro di acqua potabile si perde chissà dove.”

E’ bene dunque che ognuno faccia la sua piccola parte, magari seguendo i consigli di una vecchia campagna pubblicitaria trasmessa sulle radio Finelco, “Mr. Planet”: fare alcuni piccoli gesti nelle abitudini di tutti i giorni, che possono dare un grande aiuto al nostro pianeta. A partire da cose semplici, che so, fare due passi in più a piedi, lasciando a casa l’auto, abbassare la temperatura della lavatrice di qualche grado, consumare frutta e verdura di stagione, evitare di lasciar scadere e quindi buttare il cibo. Tante piccole occasioni alle quali basta pensare per proteggere questa nostra casa.”

 

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