
Un viaggio nell’up-cycling. La seconda vita ( creativa) degli oggetti

di Martina Pasini.
Che cos’è l’up-cycling? Scomponendo la parola si può intuire il significato, ma ci si rende conto della grandezza del concetto solo quando si vedono le immagini di oggetti che sono stati “up-riciclati”: vecchi barili di olio trasformati in poltrone, galleggianti abbandonati sulla spiaggia che riprendono vita e diventano giochi per bambini, manubri di scooter trasformati in abat-jour.
L’up-cycling è un movimento sempre più diffuso in Europa, un po’ meno in Italia, e ha come idea di base non solo il riciclaggio, ma anche la realizzazione da parte di artigiani, designer, stilisti e creativi in generale, di veri e propri pezzi unici curati nei minimi dettagli. Realizzati attraverso l’utilizzo, durante il processo di creazione, di soli materiali considerati dalla società privi di valore, scarti o rifiuti e quindi abbandonati a loro stessi, questi oggetti assumono così un valore aggiunto.
L’up-cycling è un riutilizzo creativo che dona agli oggetti una migliore qualità e un nuovo valore ambientale: l’obiettivo di fondo del movimento è infatti la realizzazione di nuovi stili di vita all’insegna del rispetto per l’ambiente e della sostenibilità. Ma non è la “sostenibilità” delle grandi multinazionali che, una volta spremuto il pianeta di tutte le risorse naturali e averci guadagnato inimmaginabili profitti, ora che la disponibilità delle materie prime è agli sgoccioli, si ripropongono in una nuova veste pulita e inamidata, pronti sempre e comunque ad accogliere a piene mani i frutti del nuovo business “sostenibile”. L’up-cycling è una sostenibilità su piccola scala, è un lavoro condiviso ma fatto “in proprio”, in piccoli spazi, botteghe, atelier e magari… in un trullo!
“Replay, in viaggio nell’upcycling” è un documentario di Marco Fantacuzzi, presentato a ottobre alla diciottesima edizione del Festival Cinemambiente di Torino.
E’ un viaggio on-the-road all’insegna dell’up-cycling, che attraversa l’Italia dalla Puglia a Milano, alla scoperta di alcuni dei volti che si stanno adoperando con la loro creatività, la loro voglia di giocare e di non prendersi troppo sul serio, per regalarci un’alternativa all’Italia usa-e-getta.
“Il progetto – spiega il regista – è nato dalla curiosità di scoprire e diffondere ciò che avviene nei laboratori di questi artigiani e artisti e di sensibilizzare le persone all’idea del riciclaggio e del riutilizzo degli oggetti che ci circondano.”
Sergio è un falegname di Locorotondo, in provincia di Bari, che vive e lavora in un trullo, che ha trasformato nel suo laboratorio; recupera gli oggetti che abbandona il mare sulla spiaggia e che non vengono smaltiti, di cui nessuno si cura e ritaglia per loro un nuovo posto nel mondo, inventa una nuova funzione. Alessandro è un sarto di Roma che si sposta per tutta l’Italia con la sua macchina da cucire riparando sedie e vecchie poltrone. Fabrizio un designer di Milano che si muove per la città in bici a cui ha agganciato un carrello per trasportare gli oggetti che trova e che gli possono tornare utili.
Il progetto è stato sviluppato in collaborazione con “La Mente Comune” un’associazione con sede a Padova che si occupa, attraverso eventi culturali, mostre, laboratori e workshop di promuovere e sensibilizzare le persone al riciclaggio e alla riduzione dei rifiuti nella prospettiva di un mondo meno intossicato e della diffusione di stili di vita eco-friendly.
Il documentario, che arriverà nelle sale la prossima primavera, non è ancora ultimato: per finanziare la post-produzione e diffondere la pellicola è stata lanciata una campagna di crowdfunding che consente a chiunque di sostenere il progetto in vari modi e con un costo alla portata di tutti: cinque euro il costo dell’acquisto del film in streaming, otto l’invito singolo alla proiezione del film nella sala della città più vicina a te (da scegliere tra Torino, Milano, Padova, Venezia, Firenze, Roma, Bari e Napoli), venticinque euro l’invito doppio alla proiezione più una borsa di tela di cotone bio e così via.
Un progetto davvero in controtendenza, se ci fermiamo un momento a riflettere sul mondo che ci circonda e sulle tendenze che ormai si sono calcificate (e imposte) nella società dei consumi in cui viviamo: nessuno fa più riparare gli oggetti di uso comune che si rompono, un po’ perchè sono spariti tutti quei mestieri che un tempo se ne occupavano, come ad esempio il calzolaio o il cestaio, un po’ perché comprare un oggetto nuovo spesso costa di meno che farlo riparare, e soprattutto è più comodo, visto la quantità infinita di merci che abbiamo a disposizione e che ci soffocano quotidianamente con la loro vastissima offerta.
Up-cycling significa anche giocare, pasticciare, sperimentare con gli strumenti e gli oggetti che abbiamo in casa: prendiamoci del tempo per tornare bambini.
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