
COSA MINACCIA IL NOSTRO MARE E LE AREE MARINE PROTETTE.

Vi siete chiesti che cosa minaccia davvero i nostri mari?, chi si occupa della loro tutela?, quante sono le aree marine protette in Italia?. Sul sito del Ministero dell’Ambiente un’intera sezione e banca dati è destinata ad informare chiunque voglia comprendere ed avvicinarsi di più a questo bene prezioso che è anche parte integrante della nostra identità culturale. Fonte: http://www.naturaitalia.it/apriSezioneMenu.do?id=13 – http://www.naturaitalia.it/listaAreaNaturale.do?idTipoAreaNaturale=2.
Il Mare Mediterraneo (foto P. Gherardi) è pari allo 0,7 – 0,8% di tutte le acque del globo. E’ un mare semichiuso, collegato agli oceani dagli stretti di Suez e di Gibilterra, con un lentissimo ricambio delle acque (le sole acque superficiali impiegano mediamente oltre un secolo per rinnovarsi). La massa d’acqua ha profondità media di 1.500 metri con punte di 4.000 metri. Lo sviluppo costiero è di ben 46.000 Km, isole comprese. La lunghezza massima del Mediterraneo è di circa 3.800 chilometri (da Gibilterra alla Siria), mentre la larghezza massima è di 900 chilometri (dalla Francia all’Algeria). Oltre il 50 % dei punti del Mediterraneo è posto a meno di 100 chilometri dalla costa. Per questo si chiama Mediterraneo, circondato dalla terra, anzi “posto al centro della terra”.
Ecco, in questo mare particolarissimo, delicatissimo e piccolissimo (appunto lo 0,7 – 0,8% delle acque del globo) transita oltre il 25% (se non il 30%) del traffico mondiale di idrocarburi, petrolio e suoi derivati. Stiamo parlando di quasi 400 milioni di tonnellate annue di idrocarburi: ogni giorno nel Mediterraneo operano oltre 250 petroliere, con rischi elevatissimi. E’ appunto la concentrazione abnorme di traffici marittimi pericolosi la fonte di maggiore pressione. Su 400, ben 125 milioni di tonnellate (circa il 10% degli idrocarburi mondiali) vengono movimentate ogni anno nei porti italiani, contribuendo per oltre 80 milioni di tonnellate annue alla nostra importazione per esigenze energetiche nazionali. Quasi il 70% dell’intera movimentazione di idrocarburi nei nostri porti nazionali (il 70% dei 125 milioni di tonnellate) si concentra in sole quattro aree (Cagliari, circa 13 milioni di tonn./annue; Genova, circa 13 milioni di tonn./annue; Augusta + Priolo, quasi 25 milioni di tonn./annue; Trieste, circa 36 milioni di tonn./annue, quasi tutte indirizzate via condotta in Austria e Germania).
In aggiunta ai rischi di oil-spill per i sinistri marittimi (sinistro motocisterna Prestige), va evidenziato che per le dimensioni e le caratteristiche semichiuse del bacino è fortissimo l’impatto prodotto dai cicli operativi della navigazione (lavaggio delle cisterne, scarico delle acque di zavorra, di sentina, ecc.), o anche detti “inquinamenti operazionali”: ogni anno centinaia di migliaia di tonnellate di idrocarburi (c’è chi dice addirittura un milione) finiscono in mare per queste pratiche vietate dalla normativa internazionale.
La difficoltà ad applicare misure effettive di controllo, soprattutto nelle acque internazionali, rende di fatto inapplicato il divieto: vengono rilasciate in mare grandi quantità di idrocarburi che, oltre a produrre gravi fastidi al turismo quando si spiaggiano (il catrame sulle spiagge), si depositano e si stratificano sui fondali marini con significativi impatti sulle forme di vita esistenti.
L’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) da anni rileva la tropicalizzazione delle specie marine del Mediterraneo, soprattutto causata dai mutamenti climatici globali ma anche, addirittura, dall’indebolimento delle specie originarie in conseguenza dell’inquinamento massivo patito nel tempo dal Mediterraneo. Altrettanto gravi sono le conseguenze del rilascio delle acque di zavorra sulla biodiversità, con l’immissione di organismi e microrganismi presi in altri mari.
Sopra è stata illustrata la difficile condizione in cui versa il Mediterraneo per il massivo inquinamento da idrocarburi. Probabilmente, è difficile escludere che una così grave condizione ambientale non abbia conseguenze sulle condizioni del fitoplancton mediterraneo, influenzandone negativamente la preziosa funzione di mitigazione climatica.
Vivi le Aree Naturali
La Legge n. 979/82 (art.25) definisce le riserve naturali marine, identificandole negli ambienti marini costituiti dalle acque e dai relativi fondali nonchè dai tratti di costa prospicienti, che presentano un rilevante interesse per le caratteristiche naturali, geomorfologiche, fisiche, biochimiche, con particolare riguardo alla flora e alla fauna marine e costiere e per l´importanza scientifica, ecologica, culturale, educativa ed economica che rivestono.
Le riserve naturali marine sono inserite nel più vasto ambito delle aree naturali protette delineato dalla Legge Quadro sulle Aree Protette n. 394/1991 che comprende parchi nazionali, parchi naturali regionali e riserve naturali terrestri, fluviali, lacuali e marine.
La Legge Quadro ne stabilisce i principi fondamentali per l´istituzione e la gestione, al fine di garantire e promuovere, in forma coordinata e nel rispetto degli accordi internazionali, la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale del paese. Enuncia inoltre le finalità che si intendono perseguire sottoponendo alcune porzioni di territorio a uno speciale regime di tutela e di gestione che pure pone dei limiti alla libera fruizione del bene ambientale:
- la conservazione di specie animali o vegetali, di biotopi, di singolarità geologiche e paleontologiche, di valori paesaggistici e di equilibri idrogeologici ed ecologici
- l´applicazione di metodi di gestione o di restauro ambientale mirati alla salvaguardia dei valori antropologici, archeologici, storici e architettonici e delle attività agro-silvo-pastorali
- la promozione di attività di educazione, di formazione e di ricerca scientifica, nonchè di attività ricreative compatibili.
Le aree marine protette sono istituite con decreto del Ministro dell´Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare. Prima dell´istituzione della riserva, il tratto di mare/costa interessato deve essere individuato quale “area marina di reperimento”. Il provvedimento normativo di istituzione:
- contiene la denominazione e la delimitazione dell´area, gli obiettivi e la disciplina di tutela a cui è finalizzata la protezione
- definisce, in linea di massima, i criteri per la gestione della riserva e stabilisce i termini per l´emanazione, a cura del MATTM, del regolamento di esecuzione e di organizzazione dell´area.
Ogni area è suddivisa in tre tipologie di zone con diversi gradi di tutela:
- la zona “A” è un´area delimitata dove non è possibile svolgere alcuna attività, quindi neanche il transito e la balneazione, che non sia di carattere scientifico e di controllo,
- le zone “B” e “C” sono fruibili ma con relativi limiti alla pesca e agli attrezzi utilizzabili ed alla velocità di transito, in genere sotto i 6 nodi vicino alle coste. La pesca sportiva con canne e lenze è generalmente consentita con autorizzazioni contingentate mentre la pesca subacquea sportiva è completamente vietata, ed è consentita solo la pesca subacquea professionale limitatamente alla raccolta di determinate specie ittiche, con opportune limitazioni.
La gestione delle aree marine protette è affidata ad enti pubblici, istituzioni scientifiche o associazioni ambientaliste riconosciute, anche consorziati tra di loro. L´affidamento all´ente gestore è generalmente disposto con lo stesso Decreto istitutivo, sentiti la regione e gli enti locali territorialmente interessati. L´ente gestore è affiancato da una commissione di riserva che ha il compito di formulare proposte e suggerimenti per tutto quanto attiene al funzionamento dell´area protetta. In particolare la commissione dá il proprio parere in merito al regolamento della riserva che, approvato dal Ministro dell´Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare su proposta dell´ente gestore, disciplina i divieti e le eventuali deroghe in funzione del grado di protezione necessario per la tutela degli ecosistemi di pregio.
Ad oggi sono istituite 27 aree marine protette e 2 parchi sommersi, che assommano complessivamente a circa 228mila ettari di mare e circa 700 chilometri di costa. Vi è inoltre il Santuario Internazionale dei Mammiferi Marini.
Con il Protocollo relativo alle Aree Specialmente Protette e la Biodiversità in Mediterraneo del 1995 (Protocollo ASP) le parti contraenti della Convenzione per la protezione dell´ambiente marino e la regione costiera del Mediterraneo (Convenzione di Barcellona), ratificata con legge 21 Gennaio 1979 n. 30, hanno previsto l´istituzione di Aree Speciali Protette di Importanza Mediterranea (ASPIM o SPAMI dall´acronimo inglese Specially Protected Areas of Mediterranean Importance), al fine di promuovere la cooperazione nella gestione e conservazione delle aree naturali, così come nella protezione delle specie minacciate e dei loro habitat.
L´allegato I del Protocollo stabilisce i criteri per l´istituzione delle ASPIM, che possono essere individuate nelle zone marine e costiere soggette alla sovranità o alla giurisdizione delle parti e nelle zone situate in parte o totalmente in alto mare, in siti importanti per l´elevato grado di biodiversità, per la peculiarità dell´habitat, per la presenza di specie rare, minacciate o endemiche, o che rivestono un interesse speciale dal punto di vista scientifico, estetico, culturale o educativo, e in cui sia in ogni caso assicurata capacità di gestione.
La lista delle ASPIM è definita dal Centro di Attività Regionale per le Aree Specialmente Protette dell´UNEP su candidatura delle stesse aree. Comprende 32 siti, tra i quali l´area marina protetta internazionale del Santuario per i mammiferi marini e 10 aree marine protette italiane:
- Portofino
- Miramare
- Plemmirio
- Tavolara – Punta Coda Cavallo
- Torre Guaceto
- Capo Caccia – Isola Piana
- Punta Campanella
- Porto Cesareo
- Capo Carbonara
- Penisola del Sinis – Isola di Mal di Ventre
Fonte: MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE