
Portogallo, viaggio lungo un paese liquido e paziente

di Lucia Cicciarelli
Per capire il carattere e il temperamento del Portogallo, mi sono bastate poche ore dal mio arrivo a Porto, terza città più popolata del Paese. È stato necessario camminare e perdermi lungo le piccole strade piovose per entrare in contatto con l’anima di una terra insolita, timida ma non diffidente. Il Portogallo è una terra che segue il ritmo delle acque, dell’Oceano che vi abita, del Fado e degli altri canti popolari.
È un paese clemente e sa aspettare; nei giorni piovosi corre a coprirsi dietro le mura decadenti delle piccole cittadine, e al contempo sa fermarsi nelle sue epoche passate traendone spunto per rendere le proprie città personali e con un carattere distinguibile.
È il paese ideale per gli amanti dell’acqua sotto tutte le sue variegate forme. Il mio itinerario acquatico ne è la prova.
Tutto inizia da Porto, nota come “città dei ponti”, situata sulla riva settentrionale del Douro, che combatte il grigiore delle piogge mediante case colorate e vicine tra loro, intervallate da vecchie abitazioni diroccate, ricoperte di azulejos muschiati. Per chi non li conoscesse, gli azulejos sono “pietre lucidate” tipiche della cultura lusitana, che ricoprono quasi del tutto gli edifici portoghesi.
Se si vuole, si può attraversare la parte più bassa della città, Vilanova de Gaia, salendo su una funicolare, e ciò permette quasi di volare sull’acqua e osservarla dall’alto. Un altro punto di vista interessante viene dato dai ponti, in particolare il Ponte Dom Luìs I, in parte di matrice francese, dato il contributo di Eiffel nella costruzione.
Questo ponte, che si ramifica in due livelli, collega Vilanova de Gaia a Oporto e si lascia attraversare, sul livello superiore, anche dalla metropolitana.
Giunti fino alla testa della città, si realizza quanto essa sia in realtà un groviglio affascinante di pietre, piastrelle dipinte con cura, stradine ripide e circolari. Su Porto, la pioggia scorre e si adagia, crea un suono che picchia e trova fuga nelle grondaie e nei canali di scolo.
Nelle sere di tempesta si sentono i gabbiani costanti che cercano cibo e riparo e l’umidità accarezza i vetri e i ristoranti di pesce.
Se Porto dà un assaggio di come l’acqua possa conferire bellezza a un posto, a Lisbona un tipico esemplare di bellezza d’acqua lo si può trovare giungendo fino alla Torre di Belèm, monumento in onore del patrono della città, San Vincenzo, che galleggia sul Tago.
La rocca si duplica e trova il suo riflesso nello specchio d’acqua che si forma nella spiaggia che la anticipa, creando gemellaggi naturali e strani giochi fotografici.
A un’ora di treno dalla capitale, nascosta tra le nuvole e il vapore acqueo che l’86% di umidità genera, c’è Sintra, considerata da Byron un “giardino dell’Eden”. Sintra è un connubio di roccia arabeggiante (ha vissuto l’insediamento arabo durante la reconquista), fiori infuocati e piante rampicanti. I turisti seguono il moto placido e continuo dell’edera e, aggrappandosi alle salite scoscese si trovano sul picco di questa città arroccata.
A 175 m di altitudine c’è il Palácio Nacional da Pena, commistione di stili gotico, moresco e rinascimentale che con le sue tinte accese e i merli, accende il cielo di Sintra e colora la nebbia che lo avvolge.
Quando c’è il sole, poi, si può vedere il mare lontano che brilla e acceca l’occhio umano, rimanendo impresso sui vetri del palazzo.
La stanchezza della camminata per giungere fin qui di certo non ha soffocato la voglia e l’intenzione di correre in Tuk (mezzo di trasporto per turisti, la nostra Ape 50) verso le spiagge di Azenhas do Mar, a circa mezz’ora da questo fresco panorama.
Ciò che separa le due tappe è un alternarsi di prati e casette abbandonate, abitanti rispettosi e vento.
La costa di Azenhas do Mar è selvaggia, non la si raggiunge fisicamente, ma con gli occhi ci si perde in quell’acqua, per lasciarsi portare via dalle onde e dalla spuma potente che colpisce le rocce nere.
L’Oceano è d’oro, e le poche case del centro, blu e bianche, stanno in silenzio e si godono il suono e gli zampilli irruenti e liberi.
L’epilogo di questo percorso risiede in Cabo da Roca, scogliera a 140 metri sul livello del mare, considerata il punto più a Occidente dell’Europa.
Qui i colori dell’erba che ricopre la roccia si gettano in acqua e tingono di un verde forte l’Oceano, che si lascia osservare nella sua completezza. La scogliera scende a picco e senza esitazione, le mani e i capelli dei turisti sono intrisi di acqua e di sole.
È possibile camminare lungo la staccionata, che divide la terra dall’acqua blu cobalto, per arrivare fino a una grande lingua di scogliera completamente naturale. Chi vuole, e io ho voluto assolutamente, può scalarla e, ad ogni passo, può sentire la forza della brezza che sconvolge i pensieri, per andare a osservare le rocce che si sporgono dalle acque profonde e si lasciano intravedere.
Questo posto racchiude tutte le sfumature intrinseche a questa nazione: verde, come le sconfinate distese che accolgono città antiche, rosso, come la vitalità dei portoghesi e dei cieli al tramonto, e blu, come l’acqua che scorre ovunque e permette al corpo umano di respirare e vivere. Vivere bene.
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