
Cronache d’acqua e siccità. Per non dimenticare

di Andrea Bracaloni
Niente acqua, troppa acqua. Così potremmo riassumere il 2017: un anno che stiamo archiviando. Nel segno di una continuità altalenante, paradossale. Ovvero di una realtà climatica e meteorologia che procede a picchi. Da un estremo all’altro in tempi brevissimi. Come è successo lo scorso dicembre e come di nuovo è annunciato per inizio 2018. L’unica cosa certa e auspicabile è che nessuno, soprattutto se con responsabilità di governo e amministrative, dovrebbe/dovrà più dire “ siamo di fronte a un evento eccezionale
Questa estate è stata caratterizzata da incendi e gravi siccità: al centro-sud sono stati tantissimi i roghi dovuti al gran caldo e al forte vento che ha permesso al fuoco di estendersi in più punti. Ettari e ettari di foreste andati in fumo, troppe richieste di soccorso e pochi gli operatori disponibili.
Sono stati presi provvedimenti importanti: ad esempio in Emilia-Romagna, quando il Consiglio dei Ministri ha dichiarato lo stato d’emergenza nell’intera regione a, causa di una crisi di precipitazioni e temperature elevate, con il divieto di prelievo idrico da numerosi bacini.
Un evento, questo, causato da una bassissima caduta delle piogge iniziata nell’ottobre 2016 e che si è perpetuata per un anno intero, causando un livello di acqua nei bacini e nel sottosuolo ai minimi storici
E’ bastato però una settimana per cambiare tutto: tra il 10 e l’11 dicembre le temperature calano vertiginosamente e aumentano drasticamente le precipitazioni, con il fenomeno del gelicidio e le nevicate sulle montagne. L’Italia è in ginocchio davanti a questo nuovo fenomeno meteorologico. Strade bloccate, treni soppressi.
Di colpo però le temperature aumentano, la neve si scioglie e ciò porta all’aumento del rischio di valanghe, ma soprattutto alle esondazioni, visto il grande quantitativo di pioggia caduta in poche ore. Il massimo di criticità si realizza in Emilia-Romagna con il torrente Parma che straripa a Colorno e il fiume Enza che porta all’evacuazione della cittadina di Lentigione.
Il disastro dei disastri avviene però nella Reggia di Colorno, un edificio storico che fu palazzo dei Visconti, che viene pesantemente allagata. Ma è alla Scuola Internazionale della Cucina Italiana, fondata da Gualtiero Marchesi, che i danni sono più pesanti “Un migliaio di libri sono finiti sott’acqua e non c’è più possibilità di recuperarli. Siamo stati colti alla sprovvista” dice il direttore generale Andrea Senigaglia. Fortunatamente molti libri si sono salvati poiché era in corso un trasferimento ai piani superiori.
La situazione peggiore però è stata a Lentigione, paesino nel comune di Brescello che è stato evacuato per lo straripamento del fiume Enza. Qui la rabbia dei cittadini si è manifestata subito perché la situazione era prevedibile a causa di un argine mal fatto e soprattutto mal tenuto; che infatti si è rotto in tre punti, facendo entrare l’acqua nelle case e distruggendo tutto ciò che si trovava davanti.
I danni stimati superano i 105 milioni di euro e per recuperare una situazione di relativa normalità c’è voluto del tempo: solo dopo cinque giorni, gli abitanti di Lentigione sono potuti tornare nelle proprie abitazioni.
Nel frattempo, le procure di Parma e dell’Emilia-Romagna hanno deciso di aprire un fascicolo per reato di disastro colposo ma al momento nessuno è iscritto nel registro degli indagati.
Questo breve ricapitolo di cronaca serve giusto per ricordare che ai disastri ambientali e metereologici non dobbiamo rassegnarci. Ma soprattutto per ribadire che d’ora in più nessuno potrà più “attaccarsi” all’eccezionalità degli eventi per giustificare ritardi, omissioni, superficialità, disattenzione, irresponsabilità.
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