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Gita fuori Porto(gallo): la terra dei sapori malinconici

Gita fuori Porto(gallo): la terra dei sapori malinconici

di Lucia Cicciarelli

Mettete una giornata in Portogallo. Fate spesa in un piccolo supermercato rimasto almeno agli anni ’50. Sorridete al vecchietto che lo gestisce, non si accettano carte di credito, solo contanti. Comprate sardine, tante, aglio, prezzemolo, pane fresco avvolto nella carta marrone, tornate a Parma ricorrete all’immancabile culatello.

Cosa fate con tutto ciò? Ve lo dico subito, ma prima ascoltate la mia storia e, se proprio avete già troppa fame, iniziate a preriscaldare il forno.

PasteisVoglio portarvi a Lisbona, a mangiare con voi. Qui, a dominare in cucina sono la sardina e il bacalhau, alla brace per chi non va di fretta, sotto forma di pasteis (una sorta di polpette di patate, aglio, alloro e farina) per i seguaci di Pessoa che vogliono perdersi per la città e non hanno tempo di fermarsi.

Vagando per le strade pietrose della capitale, sono giunta alla Conserveira de Lisboa, un negozio che sin dal 1930 espone e vende le ottime sardine portoghesi in scatole colorate con sopra vecchi volti sbiaditi che sorridono, ammiccano e invitano all’acquisto. Disposte a mo’ di cosmetici, di gioielli da indossare, fanno venir voglia di comprarle tutte e appenderle sui muri di casa, al posto degli arazzi e delle fotografie. Una grande dose di ritorno al passato e Omega 3, la si può trovare anche da Casa Oriental, un negozio da non perdere che dal 1910 offre vino, thè e ancora meravigliose scatole di sardine. Normale amministrazione fin qui, se non fosse che le scatole sono disposte in ordine cronologico e per ogni anno la confezione riporta almeno una scoperta tecnologico-scientifica, nonché la data di nascita di una celebrità. Impossibile resistere, anche solo per scoprire di che segno fosse Einstein piuttosto che Maria Luigia. E sentirsi meno in colpa nell’aver divorato un’intera scatoletta di sardine, avendo comunque acquisito un paio di nozioni interessanti. Sardine in scatola

L’ultima tappa l’ho fatta in una delle mille vinerie della città, dove ho lasciato che le note alla ciliegia dell’elegante Ginjinha, liquore vestito di rosso per l’occasione (nato dalla macerazione di zucchero e alcool), mi conquistassero per l’eternità, o almeno per tutta la durata del mio soggiorno.
È rimasto un po’ di posto nel mio cuore, e per le mie papille, da lasciare al Porto e al Vinho Verde, uno più fruttato dell’altro.
Ciò è bastato per dar vita a un pranzo diverso, una tavola colorata, sapori semplici, un piatto blu dove spiccano con eleganza sardine e bacalhau, avvolto in un pastèis.
A condire il tutto, un repentino ricordo che mi porta a Parma, da cui sono partita una settimana fa. Improvvisamente, come solo Proust con la sua madeleine saprebbe fare, ecco l’illuminazione: come si deve gran parte della bontà del culatello parmense alla tanto detestata umidità dell’inverno, lo stesso si può dire per la saudade portoghese e di quanto dia sapore alla cucina e ai suoi piatti più radicati.

Se non conoscete la saudade, anticipo che è quasi impossibile tradurla.
Intesa molto banalmente come la mancanza di qualcosa, nostalgia eterna del passato e sentimento delle piccole cose, è fibra del Portogallo, emozione nazionale, e sta dipinta sulla pelle dei portoghesi, ha dato profumo e sapore ai piatti, si è nascosta nei condimenti, nei semi di peperoncino, tra l’origano, sotto le foglie di prezzemolo.
Giunta a questa conclusione, mi è stato difficile tornare a Parma e ai miei pranzi molto più frugali. È andata a finire che ho impastato in fretta ma con cura una ricetta dalle note portoghesi, in chiave parmigiana: come sentirsi in Portogallo pur stando in una cucina italiana e rendendo partecipe la gastronomia locale. Avete acceso il forno?

Ah, per la saudade, mi spiace ma dal droghiere non la si vende.

Tortino di sardinhas alla parmigiana
Ingredienti
-500 gr di alici diliscate
-100 gr di Pecorino
-100 gr di Parmigiano Reggiano
-prezzemolo q.b.
-sale
-olio
-aglio

Dopo aver messo un filo d’olio extravergine d’oliva sulla teglia, adagiate le alici e vestitele di un trito di pecorino, parmigiano, prezzemolo e aglio. Fate cuocere per 20 minuti circa, in forno preriscaldato  a 180°. Prima di infornare, irrorate con un filo d’olio. E il culatello? Beh, dulcis in fundo, anzi, culatellus in fundo, scaldate leggermente dei crostini di pane e adagiatelo sopra, per accompagnare la pietanza.

Istruzioni per l’uso: per porre rimedio alla mancanza di saudade, direi che un bel cd di Fado possa bastare. Buon ascolto, e buon appetito.

Giradischi

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