
Che diavolo è l’acqua? La visione di David Foster Wallace

Di Virginia Genco
Ci sono questi due giovani pesci che nuotano e incontrano un pesce più vecchio che nuota in senso contrario e fa loro un cenno, dicendo: «Salve ragazzi, com’è l’acqua?» e i due giovani pesci continuano a nuotare per un po’ e alla fine uno di loro guarda l’altro e fa: «Che diavolo è l’acqua?»
A dieci anni dalla morte, il pensiero di uno dei più apprezzati scrittori americani del ventunesimo secolo rivive con questa storiella. Raccontata nel 2005 in occasione di un commecement speech – il discorso affidato da prestigiose università americane a personalità di spicco – dedicato ai neolaureati in discipline artistiche ed umanistiche del Kenyon College, rivela una profondità di significato proporzionale alla leggerezza della storia stessa.
Wallace non è stato di certo una figura convenzionale. Reso famoso per il suo romanzo – capolavoro Infinite Jest, rientra in quella rete di scrittori definiti “massimalisti”. Coloro che hanno prodotto romanzi lunghi, vasti (ricordiamo Don DeLillo o Thomas Pynchon), tesi a raccontare il mondo in cui viviamo, un mondo complesso a cui non può che corrispondere una scrittura complessa.
L’acqua secondo David Foster Wallace. Una storiella apologetica che spiega il senso della cultura
Afferente alla categoria degli scrittori postmoderni, lontano dall’idea dell’intellettuale chiuso nella torre d’avorio, sia nella narrativa che nella saggistica, Foster Wallace è proiettato al racconto della società. Cerca di fornirci il filo d’Arianna con cui uscire dalla labirintica contemporaneità e trovare la nostra vera essenza. Ci narra il mondo in cui siamo immersi. Nuotiamo, proprio come pesci nella loro boccia d’acqua, per lo più inconsapevoli, nel capitalismo avanzato. In una amara vita post industriale dove le pubbliche relazioni sono più importanti dell’autenticità. Basiamo la nostra esistenza sul dover essere sempre all’altezza delle aspettative altrui. O meglio, di quelle che immaginiamo siano le aspettative altrui. Perché abbiamo assimilato le dinamiche del mercato, le abbiamo introiettate come naturale presenza nel nostro essere, nonostante siano evidentemente inumane. L’analisi che David Foster Wallace fa della cultura occidentale è quella di essere dominata da una vuota comunicazione di massa, che spossessa di sé le persone.
Arriviamo dunque al significato della breve storia. L’intento è quello di riscattare l’umanità dalla banalità di tutti i giorni. Come? Attraverso la cultura! Ma in che modo? Offrendoci un’alternativa. Ripartiamo dall’inizio. Ormai agiamo secondo precisi schemi di cui, per la maggior parte delle volte, non ce ne rendiamo neanche conto. Le nostre azioni sono determinate in base a una fitta rete di relazioni sociali. L’individuo medio è in balia di ciò che lo circonda. Perde il controllo di sé stesso. Ed è qui che la cultura viene in nostro soccorso. Conoscere, studiare, leggere, sono elementi che ci permettono di accumulare esperienza. Più esperienza abbiamo, più saremo in grado di fornire altre interpretazioni, di guardare da un altro punto di vista che non sia quello della reazione di default impressa dalla società. Possiamo mediare la risposta ritenuta “spontanea” attraverso la cultura. Riscattandoci dalla banalità del pensiero comune.
Il senso della storiella è che le realtà più ovvie spesso sono anche le più difficili da vedere, proprio perché ci siamo dentro dalla nascita. Il fine ultimo di una buona educazione è quello di andare oltre la prima impressione, di insegnarci a prestare attenzione e a capire come pensare e soprattutto a cosa. Uscire da una modalità standard di ragionamento e raggiungere la consapevolezza di ciò che è importante.
“È sul valore reale di una vera istruzione, che non ha quasi nulla a che spartire con la conoscenza e molto a che fare con la semplice consapevolezza. Consapevolezza di cosa è reale ed essenziale, ben nascosto, ma in piena vista davanti a noi, in ogni momento. Per cui non dobbiamo smettere di ricordarci più e più volte: Questa è acqua, questa è acqua. È straordinariamente difficile da fare, rimanere coscienti e consapevoli nel mondo adulto, in ogni momento. Questo vuol dire che anche un altro dei grandi luoghi comuni finisce per rivelarsi vero: la vostra educazione è realmente un lavoro che dura tutta la vita.”
Nel 2013, il sito di grafica, The Glossary, ha racchiuso le parti più significative di questo discorso di Foster Wallace e ne ha tratto un breve video da migliaia di visualizzazioni. Il testo integrale è inoltre stato pubblicato in Italia da Einaudi nel 2009 con il titolo Questa è l’acqua.
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