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L’ acqua: bene per la parità di genere

L’ acqua: bene per la parità di genere

di Ilaria Cantoni

Nelle zone più povere del pianeta sono donne, ragazze e bambine ad occuparsi di andare a raccogliere l’acqua, mentre gli uomini svolgono il lavoro nei campi. In media le donne africane, o asiatiche, percorrono 6km a piedi trasportando taniche della capienza di 20 litri. Ci siamo ormai abituati alle immagini di donne e bambine che trasportano grossi cesti o taniche colmi d’acqua, ma nella realtà dei fatti tutto ciò significa ben altro: problemi fisici dovuti al trasporto di pesi esagerati, difficoltà a frequentare la scuola e rischio di subire abusi sessuali nel tragitto.

Fino a qualche anno fa non esistevano dati riguardo alle donne e al loro rapporto con acqua e sanità. La presenza di dati disaggregati per genere è estremamente necessaria per poter applicare politiche adatte alla situazione in cui ci si trova: senza dati di questo tipo è praticamente impossibile sapere con esattezza come bisogna agire su questi territori. A Dicembre 2017 il World Bank Group ha rilasciato un documento intitolato “ The Rising Tide: a new look at water and gender”. Un elaborato che raccoglie anni di ricerche e raccolte dati e inoltre si offre di dare una prospettiva nuova alla relazione tra donne e acqua, dimostrando l’importanza che l’acqua ha per la parità di genere.

In primo luogo viene spiegato perché solo nell’ultimo periodo ci si sia occupati di questa particolare relazione. La parità di genere è purtroppo un concetto che ha iniziato a prendere il sopravvento solo negli ultimi anni perciò si giustifica questa scelta, un po’ ritardata, come conseguenza di questa ondata di movimenti. Ma bisogna anche far notare come anni fa le situazioni fossero davvero più disastrose: era fondamentale in primo luogo riuscire a salvare vite. Oggi la povertà è diminuita, infrastrutture base sono garantite quasi ovunque, si riescono a fornire programmi educativi e sanitari, pertanto è possibile anche provare a garantire un’equità di genere ed è necessario farlo partendo dal bene primario per eccellenza: l’acqua. L’acqua è strettamente legata alla società, all’economia, alla spiritualità e ai sistemi culturali perciò legata ad essa sono anche le relazioni di genere.

In questo fascicolo l’acqua viene pensata come un bene, un servizio e uno spazio. Questi tre concetti sono in relazione tra loro e non sono delle categorie fisse, e sulla base di questi tre viene analizzata la situazione per genere nelle varie comunità. Il campione preso in considerazione per svolgere questa ricerca è davvero vasto e complesso, le persone hanno un’identità differente basata su etnia, razza, casta, religione, stato socio-economico, posizione geografica, disabilità e orientamento sessuale. Pertanto, emerge una maggioranza di situazioni in cui le donne sono effettivamente svantaggiate rispetto agli uomini, ma ci sono anche realtà in cui questo non accade. La presenza di queste situazioni uniche e particolari necessita l’applicazione di soluzioni e politiche che siano specificamente create per la realtà in cui saranno inserite.

Altro concetto fondamentale che emerge dalla lettura è che l’acqua può avere un valore economico ma anche uno non monetario, e in quest’ultimo caso prende soprattutto un’accezione spirituale e religiosa. In questa sua specifica funzione l’acqua diventa lo scenario in cui agiscono le relazioni di genere che sono spesso lo specchio di ineguaglianze tra i sessi. Esistono istituzioni informali, tabù, rituali e norme che cementano la differenza tra i sessi: in alcuni casi le donne non hanno accesso all’acqua o in altri non è concesso il suo utilizzo durante il ciclo mestruale, che paradossalmente è invece forse il momento in cui sarebbe più necessaria una certa igiene.

In conclusione questo breve fascicolo si pone come obiettivo quello di dare visibilità a un argomento che spesso non è stato tenuto in considerazione ma che è fondamentale per fare in modo che sempre più donne possano vivere nelle libera espressione di propri diritti.

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