
Piove e Roma affonda. Ecco perchè

di Carlo Alberto Brunori
C’è chi la chiama la maledizione dell’acqua. A Roma – ormai da anni – ad ogni temporale si rischia di sfiorare la tragedia. Cittadini esasperati, ormai abituati a fare i conti con scene apocalittiche: strade allagate, metropolitane chiuse, alberi caduti. A fine ottobre, su via Palmiro Togliatti, si è raggiunto quasi un metro d’acqua. Diversi automobilisti per mettersi in salvo sono rimasti bloccati a lungo sui tetti delle loro macchine.
Inevitabile, ogni volta, la pioggia di polemiche. Un copione che si ripete da anni, con attacchi feroci alle amministrazioni che di volta in volta hanno guidato il Campidoglio. Nessuno finora è riuscito a risparmiarsi critiche e ironie: dal sindaco Gianni Alemanno, a Ignazio Marino a Virginia Raggi. Tutti sono stati accusati, ogni volta, di incapacità politica, con l’aggravante di aver catapultato Roma in una sorta di allerta infinita.
Ma la situazione è certamente complessa e per certi versi allarmante. Stando al primo rapporto dell’Autorità di Distretto idrografico dell’Italia Centrale, a Roma, duecentocinquantamila persone sarebbero a rischio alluvioni ed esondazioni; un pericolo che riguarda più di mille ettari di territorio urbano. Le motivazioni sono chiare e inequivocabili, dice l’Autorità di Distretto: anni e anni di mancata prevenzione e ordinaria manutenzione di fossi e canali. La capitale ha alcune zone – sostiene il presidente dell’Autorità di Distretto, Erasmo D’Angelis – che non reggono neppure ad un acquazzone. I motivi? I ritardi che si continuano ad accumulare nella pulizia dei tombini e poi un sistema fognario inefficiente. Di fatto sono praticamente scomparse le fondamentali vie d’acqua: fossi e canali che servono a far defluire l’acqua piovana verso il Tevere e l’Aniene e quindi verso il mare. Sono praticamente cancellate: ostruite per versamenti di rifiuti d’ogni tipo, da carcasse di motorini a frigoriferi a materiale per l’edilizia, senza contare la vegetazione spontanea. Roma dunque si ritrova indifesa. Sprovvista di un reticolo idraulico in grado di contenere l’acqua piovana. Ecco perché ogni acquazzone può mettere in tilt la città, costringendola praticamente a chiudere per maltempo. Il Distretto idrografico dell’Italia Centrale ha censito 700 chilometri di vie d’acqua – fossi e canali – scomparsi. Ora è stato fatto un primo passo. Il ministero dell’Ambiente ha stanziato dieci milioni di euro, per intervenire sulle zone più a rischio: da Prima Porta all’Infernetto ad alcuni quartieri del centro. Per completare la manutenzione straordinaria servirebbero cento milioni di euro. Dieci volte quello che è stato appena impegnato.
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