
Il futuro ferma a Parma: bisogna farsi trovare pronti

di Gabriele Abbondi
«Si dice sempre “dovremmo fare”: facciamolo»: con questo invito all’azione di Giorgio Triani (docente di Comunicazione giornalistica e pubblicitaria dell’Università degli Studi di Parma) si è concluso l’incontro “The future. Next stop Parma”, tenutosi presso l’auditorium del Museo APE lo scorso 29 novembre. Nel corso della conferenza, scambio di visioni preliminare alla manifestazione del maggio prossimo, si è cercato di definire e analizzare il termine “futuro”, declinato a seconda delle specifiche competenze dei rispettivi ospiti. Hanno preso parte alla discussione, oltre al già citato professor Triani, Enzo Argante (editorialista de Il Sole 24 ore e fondatore della Jedi Academy), Renzo Valloni (direttore del Centro Acque universitario), Tito Poli (medico e ricercatore nel campo dell’applicazione dei big data alla sanità), Cesare Azzali (direttore dell’UPI, Unione Parmense degli Industriali) e Michele Guerra (assessore alla Cultura e docente dell’ateneo cittadino).
«Diventare Jedi è semplice, basta acquistare uno smartphone»
Il primo intervento di giornata è stato curato da Enzo Argante: per l’ambasciatore di Jedi Academy, progetto che sbarcherà nel capoluogo emiliano nel maggio 2019, le opportunità che il futuro riserva dipenderanno dalla risoluzione dell’incomunicabilità tra generazioni. «Bisogna creare una nuova leadership, utilizzare codici comprensibili a entrambi gli estremi del discorso»: i problemi di fondo sono la gestione della conoscenza e la sua trasmissione, Jedi Academy è nata per questo. Questo esperimento di realtà aumentata punta, attraverso modalità espressive inedite (su tutte quella del video-selfie), a mediare tra nativi digitali e non, rendendo più diretta e interattiva la comunicazione giornalistica 2.0.
Le redazioni Jedi, sparse sul territorio nazionale e accessibili tramite un’app dedicata, giungeranno a Parma il prossimo anno per un Job Summit, dedicato ai ragazzi e con l’obiettivo di illustrare loro il mondo del lavoro in tutte le sue sfaccettature (dalla formazione ai mercati), anche grazie alla partecipazione di aziende operanti in vari settori economici. Enzo Argante, promotore della manifestazione, ha più volte sottolineato di non voler dare avvio a un semplice festival del lavoro: l’intenzione è quella di creare una vera e propria scuola (Jedi Academy Lab), con un campus dedicato di 30 ore in 4 giorni.
Il futuro dagli occhi della scienza: pessimismo e aspettative
Il professor Valloni si è dimostrato, fin dalle prime battute, molto preoccupato per gli scenari di domani. Più volte si è domandato se questa società sia realmente conscia dei processi in atto e delle loro conseguenze, a più riprese si è trovato a constatare amaramente come si stia «andando a sbattere contro un muro che noi stessi abbiamo costruito». Quali saranno, dal suo punto di vista, i lavori del domani? «Solo quelli necessari a riparare i danni a società, infrastrutture ed ecosistema, che stiamo oggi provocando».
Meno apocalittico nei toni, Tito Poli si è soffermato sulla medicina e sui big data in particolare, indicando in essi il futuro della disciplina: razionalizzazione dei costi e percorsi terapeutici personalizzati, questi i principali benefici di questa nuova applicazione. Di contro, invece, la necessità di rinnovare le infrastrutture e creare una nuova governance, in grado di regolare il passaggio di dati biometrici tra i vari centri mantenendo l’anonimato del paziente.
La voce dell’industria
Il direttore Azzali, prendendo la parola, si è dilungato sui mutamenti avvenuti nell’ultimo secolo, a livello sociale e tecnologico: «l’impossibile per le generazioni precedenti sta oggi diventando possibile». È cambiato anche il modo di approcciarsi all’attività produttiva: gli imprenditori hanno smesso di identificarsi con la propria azienda e il denaro ha finito per diventare l’unico centro di gravità in questo settore. Gli scenari futuri, tuttavia, non saranno tragici, anzi: i lavori di domani potrebbero essere molto più soddisfacenti di quelli di oggi, tutto dipenderà dalla «capacità di dare valore alle cose, a seconda della nostra personale sensibilità».
«Come gli equilibristi»
«Un piede nell’intempestività, un piede nella storia»: bisogna saper anticipare i tempi senza perdere di vista il presente. Questa è la sfida lanciata dall’assessor Guerra in vista del 2020, anno in cui la città di Parma sarà Capitale Italiana della Cultura. L’ossessione per il recupero e la bonifica degli spazi deve trasformarsi in un’attiva rigenerazione dei tempi storici e sociali del capoluogo. Anche l’università deve agire in questa direzione, mobilitando il pensiero degli studenti e rendendo snella un’istituzione troppe volte pachidermica nelle dinamiche e negli interventi. Concludendo il suo discorso, il docente di Storia e critica del cinema ha esortato il pubblico a restituire alle idee un ruolo preminente, poichè «i soldi hanno un’importanza relativa, i progetti si possono sviluppare in molti modi».
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