
THAILANDIA #RAINWATERHARVESTING

di Valentina Baduini
RAINWATERHARVESTING è il recente hashtag nato su twitter che significa letteralmente
“raccolta dell’acqua piovana”:
Rainwater harvesting refers to the collecting of rainwater, mostly on a roof, from
where it flows through gutters into a collection tank. In other words, it refers to a
storage system-could be either above or below the ground-that collects, stores and
distributes run-off of rain or snow from roofs. Rainwater harvesting can provide clean
water-supply […]
Questa è la definizione del sito del WWF, che prosegue spiegando i benefici della raccolta
dell’acqua piovana:
- Easily accessible
- Set-up costs are low, with construction easy, materials low-cost and maintenance cheap
- Sustainability is higher
- Easily adaptable to different types of communities.*
E lo sapevano bene i Thailandesi quando quest’estate ci offrivano acqua “potabile” dai loro
boccioni. Emerald Gym, Ao Nang (provincia di Krabi, Thailandia), agosto (periodo dei
monsoni), caldo e tasso di umidità intollerabili, allenamenti di Muay Thai mattina e sera…
l’arsura in gola non se ne va mai e in queste condizioni non ci pensi due volte ad accettare un
sorso d’acqua quando ti viene offerto. Così io e i miei compagni di corso ci trovavamo a
rifornirci di acqua da questi boccioni che i nostri allenatori mettevano gentilmente a
disposizione. Sinceramente non mi ero mai posta il dubbio di dove arrivasse quell’acqua,
sicura del fatto che i Thai stessi non bevessero quella del rubinetto, ben consci della sua non
potabilità. Finché un giorno (inizio allenamento h.16:00, sole; h.16:32, pioggia torrenziale) il
mio allenatore Dam, con passo svelto, si affretta a prendere il boccione e posizionarlo in
maniera tale che raccogliesse più acqua possibile dalla grondaia. Sì, l’acqua che avevamo
bevuto per giorni e giorni era acqua piovana. Reazione primaria: disgusto e preoccupazione.
Reazione secondaria: fiondarmi sul World Wide Web per capire da quali e da quante malattie
fossi stata contagiata. Google mi consola, non sono in pericolo di morte, anzi, in breve tempo
e con pochi click scopro che la raccolta di acqua piovana è molto comune: rifornisce il 40%
della popolazione Thailandese, rendendo la Thailandia il più grande esempio di self-supply of
water (auto-approvvigionamento idrico). Sempre google (precisamente Wikipedia*) mi
informa che già nell’epoca del Neolitico (X millennio a.C.) si hanno testimonianze di
#RAINWATERHARVESTING. Probabilmente i disegni rupestri non riportavano l’hashtag di
twitter, e l’invenzione di quest’ultimo non arriva dal popolo rurale della Thailandia, ma
sicuramente entrambi erano e sono molto più ecologici di quanto non lo siamo noi
millennials. La mia prima reazione di disgusto e preoccupazione fu giustificata dal fatto che
in Italia questa pratica è poco diffusa, benché legislativamente permessa. Al momento gran
parte delle abitazioni prevede un sistema unico per la distribuzione ai vari dispositivi di casa,
indirizzando acqua potabile anche ad usi che invece potrebbero usufruire più semplicemente
di un’acqua chiarificata e inodore.
Certamente il futuro non sarà il boccione posizionato sotto la grondaia, e soprattutto l’acqua
piovana deve passare sotto un processo di purificazione prima di essere utilizzabile; ma vista
la sempre più allarmante scarsità delle risorse idriche naturali, il problema della siccità in
molte regioni italiane durante i mesi estivi e i drammatici cambiamenti climatici, l’idea di
installare sistemi di purificazione domestica per un comportamento umano più responsabile,
non sembra così male.
http://wwf.panda.org/knowledge_hub/teacher_resources/project_ideas/rainwater_harvesting/
https://en.wikipedia.org/wiki/Rainwater_harvesting