
Val d’Ega: un paesaggio che non c’è più

di Stefano Rossi
A fine ottobre tutto il nord Italia è stato fortemente colpito dal maltempo ma solo in questi giorni di festività invernale si è realmente capita l’entità dei danni in Val d’Ega, una delle zone maggiormente colpite dai forti venti e dalle intense piogge del 28 – 30 ottobre.
La Val d’Ega è una valle dell’Alto Adige, pochi chilometri a nord di Bolzano e raggiungibile in pochi minuti d’auto proprio dal capoluogo altoatesino. La valla si estende fino al Passo Costalunga, dove poi comincia la Val di Fassa, ed è ricca di attrazioni per i turisti, quali le svariate piste da sci, ai piedi delle Dolomiti (Patrimonio dell’Unesco), e il famosissimo lago di Carezza, a 1.550 metri sul livello del mare. Le strade statali 620 e 241 che accompagnano la gente del luogo e i visitatori agli impianti di risalita una volta erano ricche di boschi che ora non ci sono più. A bordo strada ci sono solo alberi sradicati e distrutti e ai nostri occhi resta solamente la desolazione.
Ad autunno inoltrato quando le città, a causa del maltempo, erano in ginocchio e in massima allerta per il rischio straripamento dei fiumi, la distruzione della Val d’Ega era quasi passata in secondo piano. Solamente ora che si è aperta l’attività sciistica, le persone hanno potuto assistere dal vivo a uno degli spettacoli più tristi che la natura potesse offrire: l’intera distruzione della valle. Non sono infatti mancati, in questo periodo, sui social foto e video che riportassero la drammatica situazione dalle diverse piste da sci. Da Passo Oclini a Obereggen, da Passo Lavazé al lago di Carezza il risultato non cambia, i boschi di abeti rossi non ci sono più, spazzati via in una sola notte. Al nostro sguardo restano solamente alberi abbattuti che liberano la vista verso orizzonti mozzafiato ma che lasciano comunque un senso di vuoto e tristezza, nonostante la bellezza del panorama. Uno scenario da film dell’orrore.
La tromba d’aria e le particolarissime condizioni meteo hanno danneggiato per sempre il patrimonio boschivo del Trentino creando un nuovo (e drammatico) aspetto del paesaggio.
1,2 milioni di metri cubi di legname sono stati schiantati al suolo dal vento (raffiche fino a 130 km/h) e circa trecentomila dei quali nella sola Carezza. Nell’intero Alto Adige, dove i boschi da secoli vengono accuratamente coltivati e segati per scopi commerciali, si tagliano in media 500-600 mila metri cubi di legname l’anno. Praticamente in poche ore sono andati persi oltre il doppio degli alberi che ogni anno finiscono nelle segherie altoatesine. Danni, quindi, non solo ecologici e paesaggistici ma inevitabilmente anche economici, nonché di impatto ambientale per il futuro, dato che il bosco è in grado di proteggere da valanghe, caduta sassi, smottamenti, e dall’erosione. Inoltre assorbe acqua facendo da serbatoio naturale. Il bosco non proteggerà più, perché non c’è più e non è iperbole mediatica. Secondo gli esperti ci vorranno almeno cent’anni prima che gli alberi ricrescano.
Il paesaggio ora è irreale, perché dove per decenni si vedeva solo la foresta ora è immensa la distesa di cadaveri arborei. È come se fosse esplosa una bomba.
L’urlo della montagna ha lasciato spazio al rumore delle motoseghe che per giorni hanno lavorato per liberare strade e impianti sciistici dagli alberi crollati. La stagione degli sciatori ha potuto cominciare regolarmente ma il vero coraggio sta nel percorrere quella strada di morte e distruzione. Mormora, la campionessa di arrampicata sportiva Luisa Iovane: “sembra che la natura si sia vendicata” e darle torto diventa difficile in un contesto storico in cui si sperpera, in cui consumismo e capitalismo sono a livelli stellari e il rispetto dell’ambiente non è un argomento di interesse comune nella società. Di questo passo, la natura si ribellerà sempre.
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