
Palermo operazione acqua piovana: tra responsabilità e nuovi progetti

di Dario Amighetti
“Non conosciamo mai il valore dell’acqua finché il pozzo non si prosciuga”. Questa è una frase dello scrittore Thomas Fuller che, volenti o nolenti, noi siciliani abbiamo imparato a memoria. L’acqua manca perché piove sempre troppo o troppo poco, ma è risaputo che in questa terra manichea non ci sono mezze misure. Conviviamo con gli invasi straripanti di acqua torbida, ma anche con gli invasi a secco; con la mancanza d’acqua per un giorno, ma anche per una settimana. I più fortunati riescono a contingentarla grazie all’ausilio di quella meravigliosa invenzione qual è il recipiente polietilenico, i meno fortunati partono muniti di bidoni in pellegrinaggio verso le fontane più vicine. In quest’ultimo caso il rischio è di trovarsi ad aspettare mezzora per poi tornare a casa a mani vuote, poiché, come per una nostrana versione del supplizio di Tantalo, l’acqua finisce nel momento esatto in cui appoggiamo il bidone al rubinetto. Questo, però, non è il solo problema: qualche settimana fa, infatti, l’intera provincia di Palermo è stata investita da una bomba d’acqua che ha causato danni seri alla rete idrica, ma soprattutto la morte di dodici persone. Nella zona del Fiume Milicia a Casteldaccia (provincia del capoluogo siciliano), come riporta l’Osservatorio delle Acque, si sono accumulati circa 60 mm di pioggia in una sola ora: ciò ha comportato un aumento esponenziale del volume dell’acqua al quale è conseguita l’esondazione che ha devastato strade e abitazioni. La condizione precaria degli argini del fiume era nota a tutti e il pericolo di una esondazione era già stato paventato nel 2015; per questo, durante un’assemblea regionale di quello stesso anno era stata approvata – su proposta dell’Assessorato regionale dell’agricoltura – una legge che prevedeva lo stanziamento di fondi europei per l’attuazione di un piano di manutenzione straordinaria dell’intero impianto idrico fluviale della regione. Il progetto del valore di circa un milione di euro non è mai stato attuato per la presunta insufficienza dei fondi regionali. Quello che però suona strano è che la regione Sicilia nel 2018 ha rischiato la riprogrammazione dei fondi previsti dal PO- FESR (Fondo Europeo di Sviluppo Regionale) perché non è riuscita a stanziarli per opere concrete: più precisamente, come ha spiegato il presidente della regione Nello Musumeci, perché “non abbiamo trovato un parco progetti adeguato”. Entro la fine dell’anno la Sicilia avrebbe dovuto definire le procedure di spesa per un ammontare di 800 milioni di euro, ma incredibilmente come spesso capita in quest’isola del paradosso non si è riusciti a farlo. I fondi europei sono messi a disposizione dei paesi per un settennato, quello in questione è il periodo 2014-2020, per opere di restauro, di ripristino e manutenzione, ma anche di formazione e innovazione. La manutenzione dunque rientra tra le voci di spesa per le quali è possibile destinare questi fondi, allora perché gli uffici del Genio civile di Palermo e quelli della regione, pur consapevoli del pericolo e della precaria condizione degli impianti idrici della regione, non hanno provveduto alla stesura di un progetto? Perché a fronte di un mancato utilizzo di 758 milioni di euro non sono riusciti a destinare un solo milione per quest’opera di restauro che avrebbe evitato la morte di un’intera famiglia? “Questa tragedia poteva benissimo essere evitata” come sostiene a gran voce Fabio Tortorici, il presidente del Centro studi del Consiglio nazionale dei geologi. Parole a cui fanno eco quelle del Presidente nazionale di Legambiente, Stefano Ciafani, che intervistato sul luogo del disastro dice “quanti morti e quante tragedie dovranno ancora accadere prima che si comprenda che la vera e unica opera pubblica che è necessaria al paese è la messa in sicurezza dei territori? Lo ripetiamo senza sosta da 40 anni ma non abbiamo mai avuto risposta”. Come dopo ogni tragedia è partita subito la macchina degli interventi e degli aiuti per riportare tutto alla normalità nel più breve tempo possibile. Ci sono voluti, però, ben quattro giorni prima che i tecnici dell’Amap (Azienda municipalizzata acquedotto di Palermo) riuscissero a disostruire la diga Poma – il principale bacino idrico della città – dai detriti e dal materiale fangoso che impedivano il normale defluire dell’acqua. Una volta completati i lavori di disostruzione si sono trovati ad affrontare il problema dell’intorbidimento dell’acqua, per risolvere il quale sono state necessarie, attraverso interventi di potabilizzazione, ulteriori ventiquattro ore. Il tasso di dispersione dell’acqua che a Palermo si aggira intorno al 55% (l’acqua che parte dai bacini idrici, ma non arriva a destinazione a causa dei buchi nelle reti di distribuzione) in quei giorni ha superato il 70%, ovvero più di 60 milioni di metri cubi d’acqua dispersi, per rendere meglio l’idea: Bologna ha un tasso di dispersione del 28% , quasi la metà esatta. Cinque giorni senza acqua da bere – per chi beve l’acqua corrente – senza acqua per lavarsi, per tirare lo sciacquone, per annaffiare le piante (anche se in verità ci ha pensato la pioggia) significa arrangiarsi e in questo noi palermitani siamo degli artisti, tanto che potremmo scrivere un manuale dal titolo “L’arte di arrangiarsi”: dieci modi per sopravvivere alla mancanza d’acqua. Il capitolo uno spiega come provare ad arrivare primi alla fontana: in questo caso gli esperti consigliano di svegliarsi alle tre del mattino, come nel giorno dell’accredito delle pensioni, e precipitarsi a raggiungere quella più vicina nella quale ci saranno già almeno tredici persone in fila. E non è detto che si arrivi a riempire un bidone per il suddetto supplizio. Il secondo capitolo spiega come accaparrarsi dieci confezioni d’acqua senza essere linciati dalla folla inferocita: su questo punto gli esperti non si esprimono, ma è sconsigliata una complessione gracile e si raccomandano doti da velocista. Per i successivi otto capitoli attendiamo un nuovo disastro, perché è necessario che un problema si verifichi per pensare ad una soluzione.
http://statistica.comune.bologna.it/cittaconfronto/acqua